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Se a un giovane manca l’idea di futuro – Di Giuseppe Maiolo

Il terribile insegnamento di Michele: non permettere a un giovane l’uscita dal lungo inverno della dipendenza familiare è come uccidere la fiducia e la speranza

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Quando leggi una lettera tragica come quella terribile di Michele che a trent’anni dopo averla scritta si toglie la vita per non essere riuscito a trovare un lavoro, ti domandi cosa sta accadendo ai nostri giovani.
Non puoi ignorare che la crisi economica e la mancanza del lavoro sia un’esperienza angosciante per un ragazzo che sta cercando di affrontare la vita, ma forse non è abbastanza spiegarlo chiamando in causa il problema del precariato infinito.
Di certo il malessere è profondo, strettamente collegato alla mancanza di prospettiva e il disagio intimo scava gallerie spaventose che inducono alcuni a fare scelte definitive.
Il problema è sicuramente quello di trovare un lavoro, ma anche quello di individuarne uno adeguato alle aspettative.
Forse una volta sosteneva la fiducia di farcela prima o poi. Oggi è questa è venuta meno.
Tuttavia non basta ancora a spiegare un gesto totale come quello di Michele.
Quello che forse può aiutarci, è leggere attentamente il suo scritto. Le sue parole sono macigni perché sono un J’accuse! violento che denunciano rabbia, esasperazione, ma anche delusione e sconforto.
Più ancora, disperazione totale.
 
Ed è appunto la disperazione che prevale, ovvero l’assenza di speranza. Perché in questo messaggio definitivo emerge la protesta e uno sguardo dolente nei confronti del mondo che gli avrebbe dovuto dare ben altro.
C’è l’insofferenza per le tante strade tentate senza alcun successo e la sensazione di avere crediti enormi dalla vita che ruba la felicità ma, in particolare, c’è il vuoto di futuro.
Che non è tanto la mancanza di un futuro in cui ti realizzi a livello sociale ed economico quanto piuttosto l’idea di futuro.
Che sembra essere quello che oggi manca a molti giovani. Intendo la mancanza di un progetto di crescita e di cambiamento e l’idea di poter realizzare le parti più autentiche della propria individualità.
Manca quella fantasia creativa che ti spinge a realizzarti sul piano affettivo e relazionale e che ti fa sentire fiducioso di riuscire ad amare e a farti amare.
Manca la visione di un processo di conoscenza di te stesso come obiettivo principale e dal quale possono poi scaturire le scelte relazionali, professionali e di affermazione sociale che, peraltro, consentono a un giovane una reale visibilità e l’uscita dal lungo inverno della dipendenza familiare.
 
In mancanza di questa idea che è visione più interiore e psichica che sociale, tutto si confronta solamente con il doversi realizzare sul piano professionale ed economico.
Allora il dolore diviene acuto, insopportabile.
Muore l’attesa e il desiderio di crescere e diventare ciò che si è.
Muore in definitiva la fiducia e la speranza.
 
Giuseppe Maiolo
www.officina-benessere.it

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