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Omofobia e cyberbullismo – Di Giuseppe Maiolo

Il 17 maggio del 1990 l’OMS cancellava l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali dicendo che «è una variante naturale del comportamento umano»

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La giornata mondiale contro l’omofobia che si celebra il 17 maggio di ogni anno, dovrebbe servire a ricordare che la paura di chi ha un diverso orientamento sessuale è ancora ampiamente diffusa nella nostra società. Anzi, a dispetto di ogni illusorio progresso della mente, pregiudizi ed errate convinzioni ormai scientificamente superate, dilagano ancora nella coscienza collettiva e contagiano un po’ tutti come un virus.

Era proprio il 17 maggio del 1990 quando l’OMS cancellava l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali dicendo a chiare lettere che «è una variante naturale del comportamento umano».
Eppure ancora nel novembre del 2017 agli studenti italiani di Medicina nel Test Progress, somministrato per valutare l’apprendimento e relativo alla diagnostica delle malattie, viene richiesto di stimare la percentuale dell’omosessualità nell’uomo!
 
Più ancora però, oggi ci troviamo in un tempo di diffusa ipocrisia.
Quella che ad esempio emerge da frasi del tipo «Non ho nulla contro i gay, ho molti amici che lo sono» con cui scambiamo la tolleranza con l’indifferenza.
È proprio questa confusione che, a mio parere, lascia invece libera di circolare l’intolleranza e fa emergere la fobia dell’omosessualità.
Così oggi una delle forme di violenza più pericolose e devastanti si chiama bullismo omofobico e, in modo virale, si sviluppa on line e nei social, dove facilmente si possono diffondere informazioni calunniose e giudizi che colpiscono, a volte mortalmente, le vittime prese di mira.
Fondamentale allora è sapere che il cyberbulling omofobico rappresenta quanto di più violento possa circolare in rete, dove gli adolescenti come destinatari previlegiati di questa terribile forma di offesa, finiscono per essere gravemente feriti e sentirsi schiacciati, senza scampo.
 
Alle radici del fenomeno omofobia ci sono, come sempre, molti elementi.
C’è però, prima di tutto, un magma indifferenziato di sentimenti che non si sono potuti evolvere perché è mancato un percorso educativo.
Spesso in chi si accanisce contro l’omosessualità è stato insufficiente quel necessario accompagnamento alla conoscenza di se stessi e delle proprie parti oscure, ma anche è stato fortemente carente l’addestramento al riconoscimento dei propri sentimenti e al rispetto degli altri per quello che sono, pensano e fanno.
 
Una recente pubblicazione dal titolo «Bullismo omofobico» curata in Italia dallo psicoanalista Vittorio Lingiardi, con dati alla mano, mostra quanto nell’omofobia dei bulli sia presente un’insufficiente azione educativa degli adulti di riferimento.
Si sostiene, ad esempio, che a scuola molti insegnanti non intervengono immediatamente per arrestare le offese del bullo ma, in più di un caso la vittima, prevalentemente di sesso maschile, viene sollecitata per difendersi (!), a comportarsi «da maschio» o, a sua volta, incoraggiata a fare lui stesso il bullo.
Allora sono prima di tutto da chiamare in causa gli adulti e la loro capacità o meno di proteggere i minori.
Altrimenti alla violenza dei pari si aggiunge la violenza invisibile di chi non osserva o non interviene, di chi rimane in silenzio, in un’apparente ma pericolosa neutralità educativa.
 
Giuseppe Maiolo
Docente di Psicologia dello sviluppo – Università di Trento
www.officina-benessere.it

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