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Adolescenti e social – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

I social sono buoni o cattivi? Servono agli adolescenti o sono dannosi?

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Domande insistenti che oggi riecheggiano ovunque e che, soprattutto i genitori, si pongono preoccupati dei pericoli che i figli possano correre frequentandoli assiduamente. Sono interrogativi che nascono dalla difficoltà degli adulti di capire come possano i ragazzi starsene per lunghe ore incatenati agli smartphone e chattare con gli amici, magari chiusi in una stanza o a poca distanza gli uni dagli altri.

Hanno sovente paura della dipendenza dai social e da internet, così insistono nel sostenere che l’unico modo per proteggerli, oltreché per farsi ubbidire, è quello di sottrarre loro i dispositivi e impedire che li usino.
È fuor di dubbio che sia necessario regolamentarne l’uso.
Tuttavia da sempre penso che non sia educativo esercitare la forza per far capire come bisogna rapportarsi con i nuovi strumenti della comunicazione, soprattutto ora che appartengono alla vita comune di tutti.
Di certo i «pollicini» o nativi digitali, che con i cellulari di nuova generazione hanno grande familiarità, sono quelli che fanno maggior uso delle tecnologie di comunicazione e, per dirla tutta, ne sono talmente immersi che per loro rappresentano quasi l’unica modalità di interazione. 
 
Togliere loro il PC e più ancora lo smartphone, anche se per un tempo limitato, è un’azione molto simile a quella che facciamo quando, per cambiarla, togliamo l’acqua dalla boccia dei pesci rossi!
Questo non vuol dire negare il fatto che vi siano adolescenti che hanno una relazione malata con la tecnologia. Ci sono eccome!
Significa però che dobbiamo comprendere cosa vuol dire per i ragazzi e le ragazze del terzo millennio comunicare e interagire.
In un tempo in cui gli spazi pubblici per gli adolescenti si sono notevolmente ridotti ed è mutato in modo significativo l’utilizzo dei luoghi di incontro, i social rappresentano il posto previlegiato dove i giovani possono incontrarsi e conoscersi, familiarizzare e confrontarsi.
Per gli adolescenti incontrarsi di persona è diventato difficile, i tempi per farlo sono ridotti, gli impegni scolastici e extrascolastici sempre maggiori e non di rado i genitori faticano a concedere loro spazi liberi da gestire autonomamente.
 
Molte volte ho sentito dire da ragazzi e ragazze della fatica che fanno a frequentare i loro amici durante il fine settimana e che l’unico modo che hanno per restare in contatto tra di loro è quello di chattare e comunicare sui social.
Perché in questa fase della vita è vitale soddisfare il bisogno di amicizia ed è importante allargare la cerchia ampliando i contatti e sviluppando nuove relazioni.
Si imparano i rapporti vivendoli e si cresce confrontando il proprio modo di essere con quello degli altri.
Ancora una volta è il grande valore del gruppo e la partecipazione ad esso che conta.
 
La transizione, oggi difficile e lunga, dall’infanzia all’età adulta, è caratterizzata proprio dalla costruzione dell’identità che avviene attraverso lo sviluppo di rapporti amicali tra pari.
Servono per capire come ci si inserisce nel mondo più ampio delle relazioni e avere un’idea di come funzionano gli affetti.
Ovviamente è fondamentale che le relazioni si sviluppino nel mondo reale, ma in questo nostro tempo sono utili anche quelle virtuali che si coltivano sui social media.
Non demonizzarli può aiutare gli adolescenti a sviluppare con equilibrio la vita relazionale.
Solo se la frequentazione dei social sarà complementare e non sostituiva di altri rapporti, servirà a questa fase dello sviluppo.
In fondo gli stessi adolescenti sono i primi a sostenere che di gran lunga preferirebbero vedersi e conoscersi di persona. 
 
Se dall’amicizia virtuale si passa, pur con le dovute attenzioni e precauzioni, a quella reale possiamo dire di aver contribuito alla loro crescita.
 
Giuseppe Maiolo
Doc. Psicologia dello sviluppo – Università di Trento
www.officina-benessere.it

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