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Tempo libero – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

Per contrastare l’ozio abbiamo attribuito alla noia una valenza negativa quando invece essa è lo spazio del sogno, dell’attesa, dell’immaginazione e della creatività

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Il tempo e lo spazio sono la cornice entro cui si sviluppa la nostra esperienza umana, anzi l’intera nostra esistenza.
Mancando l’una o l’altra di queste categorie, siamo senza orientamento, in sospensione o sperduti nelle nebbie dell’essere senza la coscienza dell’esistere.
Per questo motivo sentiamo la necessità di riempirlo, spesso a dismisura, quel tempo cronologico e misurabile, quasi ci servisse per dare peso e consistenza al tempo interno, quello della psiche.
 
Ma è sensazione comune che il tempo strapieno della giornata sia tempo che toglie e non consente. Anzi rende insufficiente il tempo per noi stessi.
E quando ce ne rendiamo conto, allora tocchiamo con mano l’illusione dominante della nostra epoca che ci fa sentire vivi solo se sovraccarichi e pieni di cose da fare.
Ma lo stress e l’insoddisfazione che ne scaturisce mostrano vacuo e illusorio quell’IO ipertrofico e onnipotente che sembra sostenerci.
 
Non c’è dubbio che il tempo misurabile sia diverso dal quello psicologico.
Il primo ha il grande potere di riempire o svuotare di significato i sentimenti, può dare valore o svalorizzare l’esperienza, colorare o stingere i ricordi del passato. Se è il tempo prevalente, sopravanza la nostalgia del passato o domina la paura del futuro che attraversano gran parte della nostra esistenza.
Il secondo invece, il tempo interno, è la capacità di ascolto ed è tempo del presente, magari quello vuoto dell’ozio, che per gli antichi romani era il vero e proprio tempo libero dagli affari, dal negotium, cioè dalle occupazioni delle attività. È di questo otium che ora si avverte il bisogno perché è un tempo perduto e dimenticato, travolto dal mito della civiltà operosa.

Per questo motivo ora siamo alla ricerca del tempo libero. Una ricerca nuova, che la proustiana memoria rende decisivo e urgente anche se alle volte sembra spaventi.
Altrimenti non si capisce perché questa nostra civiltà umana ebra ora di una tecnologia pervasiva ma fortunatamente utile alla realizzazione di tutti quei sogni che solo pochi anni fa neanche faceva, stia avendo sempre di più tempo libero ma al contempo sia meno capace di utilizzarlo e di viverlo.
 
Chiediamoci perché questa ricerca noi l’abbiamo trasformata in industria del divertimento con cui, in maniera compulsiva, cerchiamo piacere e distrazioni pronto uso in ogni luogo del mondo.
Domandiamoci se non sia la paura del vuoto e del contatto con noi stessi, il vero nemico che ci spinge a riempire ogni istante dell’agognato tempo libero con i nuovi trastulli anti-ozio o anti-noia come lo sono smartphone e tablet.
Chiediamoci se, in fondo, per contrastare l’ozio non abbiamo attribuito alla noia una valenza negativa quando invece essa è lo spazio del sogno e dell’attesa, dell’immaginazione e della creatività.
 
La risposta potrebbe essere che abbiamo messo il «tempo del fare» al posto del «tempo dell’essere» e con questo ci siamo illusi di combattere il dolore e la sofferenza, l’inadeguatezza e la solitudine cercando di evitare il contatto con noi stessi e con le nostre parti nascoste.
Invece il «tempo libero» ha valore quando diventa kairos, cioè quello che i greci dicevano fosse il «tempo opportuno» in cui accade qualcosa di inaspettato e insieme speciale.
Un tempo di qualità capace di farti riappropriare della dimensione vera dell’esistenza che non si concentra esclusivamente sul passato o sul futuro ma è capace di farti vivere la bellezza del presente e l’importanza del qui e ora che salva.
 
Giuseppe Maiolo
Università di Trento

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