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Gran finale a Trento del Summer Festival – Di Sandra Matuella

Nostre interviste esclusive a Fiorella Mannoia, Al McKay, Manuel Agnelli e Rodrigo D’Erasmo

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Con una Fiorella Mannoia tutta voce e fisicità, si è concluso ieri sera il Trento Summer Festival, l’evento musicale più attraente e internazionale dell’estate trentina, promosso da Roland Barbacovi dell’Agenzia Showtime di Merano, Alessandro Raffaelli di Radio Italia Anni Sessanta (foto a pié di pagina con Al McKay) e dal marchio Trentino, con il sostegno della regione Trentino Alto Adige, la Provincia Autonoma di Trento, il Comune di Trento, Itas Assicurazioni, l’Apt Trento Monte Bondone Valle dei laghi e il Consorzio operatori economici.
Così, in piazza Fiera, al cospetto delle antiche mura della città, dopo Joan Baez, Randy Crawford e Antonello Venditti nelle scorse edizioni, quest’anno si sono esibiti altro nomi importanti della musica nazionale e internazionale: martedì 2 luglio ha aperto il festival il gruppo americano Earth Wind & Fire (Experience), capitanato dal leggendario Al McKay, autore di canzoni memorabili come September.
Dopo il trascinante funky-soul, originale anni Settanta e Ottanta degli Earth Wind & Fire, nella seconda serata si è passati alle sonorità ipnotiche e magnetiche degli Afterhours, il gruppo culto della musica indipendente italiana, fondato e diretto da Manuel Agnelli: ci voleva il Trento Summer Festival per ospitare, per la prima volta a Trento, questo straordinario gruppo che il prossimo anno festeggerà i trent’anni di musica.
Ieri sera, il gran finale del festival è stato affidato a Fiorella Mannoia, la voce davvero più amata dagli italiani, che ha ripercorso i suoi quarant’anni di successi, da «Caffè nero bollente» a «Il cielo di Irlanda», fino ai brani di cui è anche l’autrice, che hanno coinvolto ed emozionato ben millecinquecento spettatori.
 
In esclusiva per L’Adigetto.it gli artisti del Trento Summer Festival hanno parlato di due questioni cruciali per la musica: la prima vuole svelare il segreto delle loro rispettive carriere così longeve e ricche di successi; la seconda, invece, riguarda lo stato attuale della musica, dominata come è dai «famigerati» reality e talent show.
 

 
Il segreto della creatività di Al McKay (foto sopra) è il sogno.
«Spesso le mie melodie più belle le ho prima sognate, mentre dormivo, e poi le ho subito trascritte al risveglio, – osserva Al McKay, ovviamente con un’espressione sognante e gentile, – Il segreto invece per una carriera artistica e, soprattutto, per una vita felice, è Dio: io sono cattolico e molto credente: solo il credere in Dio mi aiuta a trovare la pace dentro di me.
«Dio è ovunque, anche nella musica, e suonare e comporre musica è il mio modo personale per esprimere l’esperienza spirituale. La musica è connessa al divino, capace come è di creare una profonda connessione tra le persone e di muovere emozioni forti di gioia o di tristezza.»
 
Per gli Afterhours il segreto sta tutto nella ricerca sincera della propria strada.
«Quando fai le cose per te, perché nascono da una tua urgenza intima e non per assecondare un pubblico e per cercare il successo a tutti i costi, allora ciò che fai è vivo e arriva anche agli altri. Questi nostri trent’anni di ricerca musicale – osserva il fondatore del gruppo Manuel Agnelli – sono sempre stati ispirati, tra alti e bassi, dalla necessità di esprimere in musica una visione personale.
«Fare le cose che ci fanno stare bene, senza preoccuparci troppo del gradimento del pubblico, per noi è una legge naturale e non un’imposizione. Fare gli alternativi a tutti i costi, non per indole, ma per atteggiamento, è peggio che ammiccare al pubblico.»
 
 Rodrigo D’Erasmo

«Non so se ci sia un segreto, – spiega Fiorella Mannoia. – Di sicuro, però, credo che la coerenza sia la chiave per una carriera artistica, ma anche umana, di successo: fare in modo che ci sia un nesso tra ciò che dici e ciò che fai per me è fondamentale, anche se questo non è facile e spesso comporta dei sacrifici e delle rinunce, specie a livello economico.
«La gente si fida di te e essere coerenti nei fatti, attraverso i propri comportamenti e non solo a parole, è l’unica maniera per non tradire se stessi e di conseguenza nemmeno gli altri.»
 
Per quanto riguarda i talent show che rappresentano la strada obbligata per i giovani artisti che oggi intendono vivere di musica, le posizioni di questi artisti sono abbastanza divergenti.
«L’industria discografica oggi investe tutto nei talent perché attirano tanti giovani, e in questo modo i discografici guardano al futuro con lungimiranza – osserva Al McKay. – I tempi sono cambiati, non si viene più ascoltati nei night club o attraverso un demo dai talent scout.
«Tramite delle audizioni affollatissime si scopre una grande quantità di talenti, basta pensare a The Voice: personalmente vedo positivamente i talent perché permettono a tantissime persone, che magari nella vita fanno mestieri completamente diversi e che coltivano privatamente le loro doti canore o musicali, di poter esprimere pubblicamente il loro talento attraverso la televisione e internet, e raggiungere così un pubblico vastissimo.»
 


Per Rodrigo D’Erasmo, brasiliano, classe 1976, strepitoso violinista degli Afterhours, diplomato al Conservatorio Santa Cecilia di Roma e approdato al gruppo milanese dopo una lunga gavetta nella musica classica, jazz e etnica osserva «I talent non sono il demonio, lo è invece il fatto che non ci siano alternative: oggi, in Italia, i talent sono la condanna di questo paese e sono davvero soffocanti perché non ci sono altri canali».
«Non a caso nascono sempre più solisti e sempre meno band, dal momento che nel gruppo ci si deve mettere in gioco completamente, si deve mediare con altre persone, cercare un equilibrio artistico e anche umano ed è, insomma, una strada più lunga e faticosa.
«Con la televisione, invece, è forte la tentazione di copiare, di emulare ciò che funziona perché ti rende subito molto popolare, e anziché essere mossi da uno slancio autentico, da una molla interiore che spinge a cercare una propria voce, ad essere unico e con una identità ben precisa, molti giovani artisti cercano le scorciatoie per un facile successo.»


 
«Quella dei talent oggi è l’unica maniera per iniziare una carriera nel mondo della musica – spiega Fiorella Mannoia – non dovrebbe essere così, ma è una tendenza mondiale e mettersi di traverso non serve a nulla, perché non puoi far pagare il prezzo ai ragazzi che sono costretti a percorrere questa strada.
«Quando ho iniziato la mia carriera, ero stipendiata dalla casa discografica Rca: non sapeva se mi sarei realizzata o meno, ma ha creduto in me e mi ha offerto la possibilità di vivere di musica. Questo oggi è impensabile, le case discografiche sono in crisi, stanno subendo dei pesanti licenziamenti, del resto viviamo in un momento di forte confusione culturale, etica e economica.
«Per ora e per chissà quanto, viviamo così: impazzano i talent perché funzionano sul mercato, e i giovani che partecipano mi fanno tenerezza perché sono ambienti molto competitivi e selettivi, ed è molto dura anche per chi riesce a vincere, perché per confermare un talento ci vuole tanto tempo.
«Per questo sento il bisogno di aiutarli e collaborare come con Moreno, Alessandra e Debora di Amici: in questo modo li porto verso il mio pubblico che è più critico, fedele ed esigente; a onor del vero, però, anche loro aiutano me, perché mi aprono le porte del loro giovane pubblico.»
 
Sandra Matuella
 

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