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Gianfranco Amato a Trento con il Popolo della Famiglia – Di Sandra Matuella

Il Popolo della Famiglia è un movimento nato dalle manifestazioni del Family Day che pone la vita della persona e della famiglia al centro delle sue proposte politiche

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Fondato dal giornalista Mario Adinolfi e da Gianfranco Amato, noto avvocato e presidente nazionale dei Giuristi per la vita, il Popolo della Famiglia (PdF) si pone «in difesa dei diritti non negoziabili vita, famiglia e libertà di educazione», riconducibili al pensiero del Papa emerito Benedetto XVI: questo partito intende promuovere «la famiglia naturale, i bambini con mamma e papà, la complementarietà maschio femmina, il diritto universale a nascere e la cura e dignità di ogni persona».
Nel programma si legge invece che il partito dice no a «unioni civili omosessuali, a stepchild adoption e utero in affitto, ideologia gender e indifferenziazione sessuale, eutanasia e suicidio assistito, aborto, droga libera di Stato, legalizzazione della prostituzione e case chiuse».
Nonostante le molteplici proposte di «sponsorizzazione», favorite naturalmente dal successo dei Family Day, il Popolo della Famiglia ha rifiutato qualsiasi «alleanza tecnica» con i partiti presenti in Parlamento, che avrebbe consentito la partecipazione diretta alle elezioni senza dover raccogliere le firme, tipo +Europa di Emma Bonino e la Civica Popolare di Lorenzo Dellai e Beatrice Lorenzin.
 
Venerdì scorso, nell’Auditorium della circoscrizione San Giuseppe - Santa Chiara è iniziata anche a Trento la raccolta firme per poter depositare il simbolo e partecipare così alle elezioni politiche del 4 marzo 2018: nell’ambito della serata moderata da Emiliano Fumaneri, giornalista de La Croce Quotidiano, il segretario nazionale del PdF Gianfranco Amato ha presentato il partito e il suo candidato per il collegio di Trento, il veronese Berardo Taddei.
La raccolta delle firme proseguirà fino al 29 gennaio, per ulteriori informazioni questi i riferimenti:

pdftrento@gmail.com - https://www.facebook.com/pdftrentinoAA/ - https://www.facebook.com/pdftrento/ - telefono: 348 7685809

In una lunga intervista a L’Adigetto.it, Gianfranco Amato spiega il progetto politico del Popolo della famiglia in rapporto alla situazione nazionale e poi a quella della nostra regione, in particolare del Trentino.
 

 
Ormai tutti i politici da Berlusconi a Di Maio, Meloni e Renzi promettono politiche di sostegno alla famiglia: che necessita c'è quindi, di un partito che si chiama proprio Popolo della Famiglia?
«Ricordiamo ancora l’accoglienza perplessa e scettica che ricevette il progetto politico del Popolo della Famiglia quando, due anni fa, si affacciò nel panorama politico italiano. Si guardava con una certa sufficienza l’idea che un partito potesse mettere al centro della propria azione una cosa come la famiglia.
«Sì, proprio quell’istituto che pur essendo riconosciuto dall’art.29 della Costituzione è sempre stato trattato come un oggetto estraneo alla politica.
«Continuavamo a sentirci ripetere sempre la stessa domanda e la medesima obiezione: «Ma cosa centra la famiglia? I temi che interessano la gente e di cui la politica deve occuparsi sono l’economia, il lavoro, la sicurezza, l’ambiente.»
 
«Hai voglia di spiegare che la «famiglia è la cellula della società», citando Cicerone e Aristotele, o che «la famiglia rappresenta il prisma attraverso cui considerare tutti i problemi sociali», citando San Giovanni Paolo II. Perle ai porci. Venivamo semplicemente guardati come extraterrestri della politica. Degli ingenuotti un po’ naïve, destinati a comprendere, prima o poi, che la famiglia non è tema da potersi porre al centro del dibattito politico.
«Vediamo che oggi, dopo due anni, finalmente tutti – ma proprio tutti – i partiti parlano di questo tema. «Siamo quindi contenti di aver contribuito a far comprendere alla politica l’importanza della famiglia.»
 
«Veniamo, ora, alla risposta.
«La necessità del Popolo della Famiglia nasce da due ragioni: una di carattere etico ed una di carattere pratico.
«Cominciamo con la prima. Il Popolo della Famiglia è l’unico partico oggi in Italia che sui principi non negoziabilie – vita, famiglia ed educazione – ha una linea chiara, univoca e irrinunciabile. Non è così per gli altri partiti di centrodestra – Forza Italia, Lega e Fratellli d’Italia – i quali su questi temi lasciano libertà di coscienza, possibilità di astensione o fuga pilatesca. Qui sta la vera grande differenza tra il Popolo della Famiglia e gli altri partiti del centrodestra.»
 
«Un esempio tra tutti.
«Prendiamo l’ultima nefandezza della legislatura che, fortunatamente, è appena morta: il cosiddetto testamento biologico, alias eutanasia all’italiana. Una vera polpetta avvelenata, il colpo di coda della più sciagurata legislatura della storia repubblicana.
«Prendiamo quello che è successo il 20 aprile 2017 quando alla Camera dei Deputati è stato approvato il testo di legge. Movimento 5 Stelle: 55 deputati presenti, zero contrari, 55 voti granitici per l’eutanasia. Mdp: 24 deputati presenti, zero contrari, 24 voti granitici per l’eutanasia. Sinistra Italiana: 9 deputati presenti, zero contrari, 9 voti granitici per l’eutanasia.
«Vediamo adesso come si sono comportati i partiti di centrodestra. Il capolavoro è riuscito a compierlo Forza Italia: 33 deputati si sono dati alla macchia, mentre i 17 presenti sono riusciti a votare in tutte le maniere.
«Tre favorevoli, dodici contrari, due astenuti. Prendiamo, invece, Fratelli d’Italia che secondo alcuni dovrebbe essere la forza politica più vicina ai nostri valori e sulla quale noi dovremmo convergere i nostri voti.»
 
«Degli undici deputati di quel partito ben sei non si sono presentati, mentre dei restanti cinque uno ha persino votato a favore dell’eutanasia. Ecco, se al posto di Fratelli d’Italia ci fosse stato Il Popolo della Famiglia la situazione sarebbe stata la seguente: 11 deputati, 11 deputati presenti, zero favorevoli e 11 voti granitici contro l’eutanasia. Questa è la differenza!
«E se qualche deputato del Popolo della Famiglia si fosse sentito male, sarebbe stato accompagnato in ambulanza a Montecitorio e avrebbe votato dalla barella!
«Possiamo prendere ad esempio anche quello che è successo con la Legge 6 maggio 2015 n. 55, quella che comunemente va sotto il nome di legge sul divorzio breve, definitivamente approvata dalla Camera dei Deputati il 22 aprile 2015 con 398 voti a favore e solo 28 contrari.
«Ricordiamo come si sono comportate le principali forze politiche in quell’occasione.
«Cominciamo da sinistra: Partito democratico: 231 favorevoli, 0 contrari, 0 astenuti; SEL: 16 favorevoli, 0 contrari, 0 astenuti; Alternativa Popolare (Alfano): 7 favorevoli, 3 contrari, 2 astenuti. Guardiamo ora a destra, area in cui – secondo alcuni – dovrebbero teoricamente collocarsi i partiti difensori dei principi non negoziabili: Forza Italia (35 presenti su 70): 25 favorevoli, 8 contrari, 2 astenuti; Lega Nord (13 su 17 presenti): 5 favorevoli, 7 contrari, 1 astenuto; Fratelli d’Italia (4 su 8 presenti): 1 favorevole, 3 contrari, 0 astenuti.»
 
«Il partito berlusconiano continua sostanzialmente a configurarsi come una forza politica liberal sui valori, mentre per gli altri due, Lega e Fratelli, continua la linea del liberi tutti.
«È incredibile come non ci si renda conto degli effetti deflagranti sul piano sociale che possono determinare simili provvedimenti normativi. Il cosiddetto divorzio breve ha rappresentato davvero l’ultima picconata alla famiglia.
«L’Istat ha certificato che proprio l’introduzione di questa novità legislativa ha fatto registrare già nel 2015 un aumento del 57% dei divorzi (82.469) rispetto all’anno precedente. Con una triste novità: il boom degli over sessantacinque che hanno rappresentato ben il 20% delle domande di divorzio breve. Sono riusciti a distruggere persino la serenità delle coppie dei nonni.»
 
«Veniamo, ora, alla seconda risposta – quella sul piano pratico – relativa al perché esiste il Popolo della Famiglia. In realtà, l’esperienza ha ampiamente dimostrato che senza una presenza strutturata e visibile all’interno di una coalizione di governo, molti dei temi a noi cari resterebbero delle mere petizioni di principio o semplici promesse elettorali dantesche.
«Le celebri lunghe promesse con l’attender corto, di cui parlava il Sommo Poeta nella sua Divina Commedia (Inf. XXVII). Un solo esempio fra tanti. Nel 2008 il programma di Forza Italia contemplava espressamente il cosiddetto quoziente familiare. Com’è noto, purtroppo, questa promessa venne sonoramente disattesa da Berlusconi. E non valse a dissuaderlo neppure una petizione popolare di ben 1.071.348 firme.
«Se questo milione di cittadini italiani fosse stato rappresentato da una forza politica del 3% all’interno della maggioranza, oggi quel tanto auspicato strumento di giustizia fiscale in favore della famiglia sarebbe già un istituto del nostro ordinamento giuridico.
«Non dobbiamo mai dimenticare, poi, che l’attuale compagine elettorale del centrodestra ha già ampiamente governato il nostro Paese con esecutivi granitici e maggioranze bulgare in parlamento. Eppure, facciamo fatica a ricordare provvedimenti legislativi seri in materia di vita, famiglia o educazione.
«Ricordiamo, ad esempio, che la giovane Giorgia Meloni – il cui impegno politico iniziò venticinque anni fa (1992) – frequenta il parlamento dal 2006 ed è stata pure ministro nel governo Berlusconi dal 2008 al 2011. Facciamo però qualche fatica a veder una pur piccola traccia lasciata da Giorgia su vita, famiglia o educazione. Neppure la larva di una proposta nonostante la sua presenza all’interno del Consiglio dei ministri.»
 
«Ora, dopo ventiquattro anni di alternanza alla guida del nostro Paese tra centrodestra e centrosinistra, che garanzie abbiamo che i partiti che hanno già governato l’Italia possano realizzare la prossima volta ciò che non hanno fatto negli ultimi cinque lustri? Nessuna.
«A meno che non ci sia una forza politica strutturata e visibile in grado di condizionare un futuro governo di centrodestra. Questa è la funzione che Il Popolo della Famiglia si prefigge.»
 
La politica del Popolo della Famiglia si basa sulla dottrina sociale della Chiesa: nello stesso tempo, però si definisce un partito «aconfessionale»: non sarebbe stato invece, più opportuno dichiarare la propria appartenenza al mondo cattolico, tenendo conto anche del fatto che i cattolici non hanno una rappresentanza forte in Parlamento?
«Come giustamente ha evidenziato Papa Francesco nel 2015 un «partito politico di soli cattolici» non ha assolutamente alcun senso. Sarebbe una ridotta di duri e puri inesorabilmente destinata a non poter essere inclusiva per sua stessa natura. Semplicemente un nonsense, direbbero gli inglesi.
«Il Popolo della Famiglia, quindi, non si considera un partito di soli cattolici, partito che, come giustamente ha ribadito Santo Padre, non avrebbe senso e non servirebbe a nulla. Il Popolo della Famiglia è un partito che si ispira ai principi della Dottrina Sociale della Chiesa ma che è aperto a chiunque ritenga che per quei principi valga la pena impegnarsi in politica.
«Ne è prova il fatto che in numerose liste elettorali del Popolo della Famiglia ci sono sempre stati anche candidati di altre confessioni o religioni, come evangelici e musulmani, o addirittura atei, i quali che hanno visto il quel partito l’opportunità di vedere rappresentati valori, principi e ideali in cui credono, indipendentemente dal fatto che questi facciano parte della Dottrina Sociale della Chiesa.
«Un uso retto della ragione e una coscienza davvero libera può consentire anche a un non cattolico di riconoscersi in quei principi. Ci sono molti cattolici, invece, che non hanno ancora capito – o fanno finta di non capire – che si può difendere il diritto naturale anche senza essere cristiani. Del resto, fu proprio un pagano, il grande Cicerone, ha spiegare che «vera lex, recta ratio, naturae congruens», ossia che la vera legge è l’uso retto della ragione in perfetto accordo con la natura.
«Non c’è bisogno di essere cattolici – né tantomeno di fare un partito di soli cattolici – per difendere, ad esempio, il fatto che la famiglia sia composta da un uomo e da una donna, o che un bambino abbia bisogno di un papà e di una mamma, o che un essere umano nasca da un gamete maschile e da un gamete femminile.
«I cattolici possono comunque ben sentirsi rappresentati dal Popolo della Famiglia, senza che questo partito si connoti espressamente come confessionale o, peggio, si consideri collaterale alla Conferenza Episcopale Italiana.»
 
Il Popolo della Famiglia sta raccogliendo le firme in tutta Italia e questo è un grandissimo sforzo organizzativo e umano. Perché non avete scelto la scorciatoia di farvi sponsorizzare da un parlamentare per evitare tutta questa fatica?
«La scorciatoia ci è stata in realtà offerta. Soprattutto dopo il sondaggio di IPR Marketing che dava il Popolo della Famiglia al’1.5% (un’ottima base di partenza per la campagna elettorale). Noi abbiamo rifiutato per due ragioni.
«La prima era che la ciambella di salvataggio offerta implicava comunque un apparentamento o un compromesso sui nostri principi. È questo, come abbiamo visto, per noi è inconcepibile.
«La seconda ragione sta nel fatto che noi vogliamo dimostrare l’esistenza di un popolo radicato nel territorio del nostro Paese. Un popolo che esiste davvero e che è capace di assumersi la fatica di raccogliere 450 firme di ciascuno dei quasi cento collegi dalla Val d’Aosta alla Sicilia, Dall’Alto Adige alla Sardegna. Ci assumiamo il rischio per dimostrare che esistiamo!»
 
Durante l'incontro di Trento lei ha detto che il Popolo della famiglia in Trentino Alto Adige è ancora in una fase un po' critica, che rischia di far saltare il lavoro svolto a livello nazionale. Come spiega questa peculiarità della nostra regione che oltretutto vanta una solida tradizione cattolica?

«La solida tradizione cattolica del Trentino Aldo Adige si è un po’ annacquata in questi ultimi decenni. Anche in queste gloriose terre la deriva ideologica radical-chic è purtroppo dilagata. La fede cristiana sembra cedere ogni giorno di più terreno alla mentalità materialista e politically correct.
«Senza una salda reazione culturale anche qui la dittatura del Pensiero Unico dominerà incontrastata e riuscirà a completare quella rivoluzione radicale che non ha mai nascosto l’obiettivo di annullare la visione antropologica cristiana nel nostro Paese.
«Ricordo sempre le parole di San Giovanni Paolo II pronunciate il 16 gennaio 1982: “Una fede che non diventa cultura non è pienamente accolta, interamente pensata, fedelmente vissuta”.
«È arrivata l’ora che anche i cristiani comprendano che occorre una politica capace di diventare cultura e non semplice occupazione, gestione e spartizione di potere.»
 
Sandra Matuella – s.matuella@ladigetto.it

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