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Gli scenari che verranno – Di Maurizio Bornancin

I sette anni di crisi hanno cambiato radicalmente anche le abitudini dei trentini – Ecco cosa è accaduto e cosa verosimilmente accadrà

Di recente sono stati presentati alcuni documenti sui consumi e il sistema distributivo italiano, riferiti agli anni 2013 e 2014, che hanno destato particolare curiosità.
(Rapporto Coop 2014, IRI, ISPAT, CCIAA, Politecnico di Torino).
Una sorta di fotografia comportamentale del cittadino e delle aziende della libera distribuzione.
È noto che la crisi economica degli ultimi anni si è caratterizzata per un calo di disponibilità di risorse da parte delle persone e quindi di una flessione della domanda dei vari prodotti sul mercato, compresi quelli alimentari, anche se i dati prevedono che il potere d’acquisto dovrebbe registrare alla fine dell’anno in corso una prima modesta variazione con segno positivo.
I consumi alimentari hanno registrato tra il 2008 e il 2010 in percentuale un calo dell’1,8 e tra il 2011 e il 2015 del 2,5%, per il vestiario e le calzature il calo 2011/2015 è stato del 5,1%.
Questa recessione e l’evento di Internet stanno cambiando le famiglie italiane.
 
Prevalgono nuovi stili di vita, si stanno affacciando nuovi modi d’acquisto: più attenzione ai costi, più selezione, utilizzo delle nuove opportunità dell’acquisto in rete con i prodotti consegnati a casa.
Oggi gli italiani trascorrono più tempo in casa, sono però alla ricerca di un nuovo equilibrio, sperimentano nuovi interessi che vanno dalle nuove tecnologie allo sport e alla cucina.
Preferiscono occuparsi di più della propria abitazione e della preparazione dei pasti, più televisione e più navigazione in Internet, e sono consapevoli che la propria salute dipende molto da una corretta alimentazione. Cercano più prodotti genuini e a chilometri zero.
Cambiano le abitudini,vi è una maggior attenzione agli sprechi, sia per ragioni economiche che di sensibilità ambientale.
Attenzione che si traduce nell’acquisto della spesa oculata (47%) delle persone selezionate dagli studi effettuati, di una riduzione della quantità di spesa ( 31%) e nel maggior utilizzo degli avanzi dei pasti (24%) .
 
Un significativo aumento di fatturato è stato conseguito nel 2014 dall’acquisto di prodotti biologici, che risulta raddoppiato in sei anni.
Anche i prodotti locali per la loro preparazione hanno subìto un incremento delle vendite.
L’Italia in questo à al primo posto per numero di alimenti: 160 prodotti a Denominazione di Origine Protetta, 102 ad Indicazione Geografica Protetta e 2 alimenti di Specialità Tradizionale Garantita.
Possiamo dire che oggi siamo davanti ad un consumatore professionista, che visita di più i negozi e i supermercati, che compra diverse tipologie di offerte, che bada ai costi, ma anche alla politica promozionale e alla scontistica in generale.
In questo contesto, anche i negozianti e le organizzazioni del sistema distributivo dovranno sempre più capire il mercato, magari modificando il proprio approccio comunicazionale, innovando la politica promozionale, ottimizzando la politica dei prezzi, mantenendo la qualità e la caratteristica distributiva dei canali di vendita.
 
Questo dovrebbe valere anche per il Trentino, anche se il sistema della grande distribuzione organizzata delle medie e grandi superfici di vendita, ma pure dei negozi di piccole dimensioni presenti in gran parte a Trento e Rovereto e nelle altre zone del territorio che fanno capo alle società POLI-ORVEA, DESPAR, SAIT-COOP con le Famiglie Cooperative e DAO CONAD, che presentano da anni un’offerta di buona qualità, risultano essere settori maturi in eccesso di capacità, dove i supermercati di piccole dimensioni (superettes) sembrano essere più in sofferenza, ma che complessivamente tendono ad incrementare ancora i propri spazi, considerato che in un anno la superficie complessiva di vendita è aumentata di circa 7.000 metri quadrati.
Quanto ai Centri Commerciali, in Trentino (545.000 abitanti) vi sono 19 Centri, con una superficie lorda di 141.260 mq e 377 negozi, dislocati oltre che a Trento e Rovereto, a Borgo, Pergine Valsugana, Taio, Tione, Malè, Civezzano, Mezzolombardo.
A Trento (115.000 ab.) vi sono i Centri commerciali del Top Center con 15.807 mq e il Bren Center, primo e storico Centro con 8.960 mq. per un totale di 24.767 mq.
 
Nella vicina Bolzano i Centri Commerciali raggiungono i 159.000 mq di superficie, quasi sette volte in più di Trento.
A livello nazionale la situazione della grande distribuzione e dei punti vendita di piccole superfici, si impernia su 550 mila imprese commerciali, 63,1 milioni di mq di superficie divise tra l’8% di grandi aree specializzate, 4% di discount, 16% di supermercati, 7% di superstore, 61% di negozi tradizionali alimentari e non.
Ora, questo settore in Trentino si trova davanti ad una particolare evoluzione dettata anche dai nuovi criteri di urbanistica commerciale, in particolare per le grandi superfici di vendita: da un lato le Comunità di Valle che hanno approvato propri piani di zona, rinunciando a potenziare e migliorare gli spazi commerciali esistenti, dall’altro il capoluogo di Trento che di conseguenza diviene l’unico catalizzatore per nuovi poli e catene commerciali.
 
Lo studio del Politecnico di Torino in questo caso ha individuato ben 21 aree tra i 1.500 e i 10 mila metri quadrati possibili da destinarsi a spazi commerciali, quale punto centrale dell’imminente variazione urbanistica commerciale del comune di Trento.
Ecco perché fanno capolino le possibili richieste dei Supermercati Tosano già operanti nel Veronese, nel Vicentino e nel Mantovano con 9 Ipermercati alimentari e circa 1.500 lavoratori.
L’altro gruppo che intende mettere piede in Trentino è LILLO con capitale bolzanino e sede in provincia di Caserta, essendo una catena operativa in diverse zone della penisola italiana.
Certamente su queste ipotesi si è celato un certo e comprensibile scetticismo da parte dagli storici operatori della libera distribuzione trentina, non solo per la possibile concorrenza, ma anche per una diversa cultura d’impresa commerciale che tali società potrebbero portare in un territorio ormai saturo e maturo in termini di servizi commerciali alla comunità locale ed a quella periodica turistica.
 
Forse, questi eventuali nuovi innesti nel patrimonio commerciale trentino, possono provocare una maggior vivacità, una migliore qualità del servizio ,una reale e più efficace politica del prezzo, una adeguata riconoscenza dell’attività lavorativa dei dipendenti, uno stare al passo con i tempi di un territorio spesso sabato su un sistema generale di «effetto camomilla», dove le novità danno fastidio, dove si predilige lo status raggiunto, dove si tende a difendere l’esistente, limitando nell’insieme la crescita economica e finanziaria locale.
Qualche esempio però sta venendo avanti nel Nord Est dal progetto di fusione dalla Coop Estense e Coop Adriatica che darà prossimamente vita ad una unica cooperativa, con 440 negozi e circa 20.000 dipendenti.
Meritano menzione in tal senso anche gli accorpamenti delle Famiglie Cooperative, già in fase di realizzazione nelle varie zone del Trentino e che contano ben 364 negozi, divenuti negli anni punti fermi di riferimento territoriale e sociale delle valli.
 
Possiamo dire allora che il settore del commercio in generale e della libera distribuzione in particole è in fermento e sarà oggetto di una trasformazione anche del mercato e dell’approccio del consumatore verso questo sistema di servizi.
La domanda che sorge spontanea è: il Trentino e Trento sapranno in questa nuova opportunità essere pronti, dialogare con chiarezza con le categorie economiche e le organizzazioni sindacali, con il sistema della cooperazione, con le realtà del credito bancario locale? Così, per mantenere e migliorare la qualità e la caratteristica distintiva del canale distributivo trentino.
Come spesso accade solo il tempo potrà dare una risposta a questo importante quesito per la comunità tutta.
 
MA.BI

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