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La nostra amata Rovereto/ 14 – Di Paolo Farinati

Libreria Arcadia di Rovereto, intervista al titolare Giorgio Gizzi

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Dopo aver percorso il nobile Corso Rosmini salendo dalla stazione dei treni, al semaforo giriamo a destra e ci immettiamo nella suggestiva rinnovata galleria lungo la via dedicata ai fratelli Felice e Gregorio Fontana, nativi della vicina Pomarolo, fisico il primo e matematico il secondo, illustri studiosi e scienziati di un Settecento illuminista molto florido anche qui a Rovereto e in Vallagarina.
Dopo poche decine di metri eccoci arrivati alla Libreria Arcadia, un autentico gioiello della cultura di Rovereto, un modello di casa dei libri del tutto nuova e positivamente rivoluzionaria per l’ampia attività messa in campo in questi anni.
Ci accoglie con il consueto sorriso Giorgio Gizzi, uno dei quattro titolari, gli altri tre soci sono Monica Dori, Marta Panizza e Silvia Turato.
 

 
Buon giorno, gentile Giorgio. Impossibile iniziare senza farvi i più sinceri complimenti per quanto offrite alla cultura della nostra Rovereto. Le chiedo di narrarci brevemente la storia di questo vostro grande amore per i libri. Quando e dove nasce? Con quali obiettivi principali? Chi sono stati i primi protagonisti?
«Grazie per i complimenti in primis. Difficile ricordare quando nasca la nostra passione per i libri: tutti e quattro noi librai arcadici, nati in quattro luoghi d’Italia diversi e di differenti generazioni, abbiamo avuto sin da piccoli una forte attrazione per le storie contenute in quegli straordinari compagni di vita ed avventura che sono i libri.
«È un dato comune: ci siamo lasciati calamitare dagli universi e dalle esperienze narrate, ne siamo stati intrigati. Non pensavamo sarebbero stati loro a segnare la nostra vita lavorativa, ma così è stato. Leggere resta la nostra passione prima ancora che un aspetto importante del nostro lavoro.»
 
La vostra attività nasce a Roma, poi dal 2016 avete scelto una medio/piccola città del Trentino, Rovereto. Quali le differenze? Quale sentimento vi ha mossi?
«Eravamo in cerca proprio delle differenze, a dirla tutta. La Libreria Arcadia era una delle librerie indipendenti di maggior tradizione a Roma, ma noi cercavamo il modo di dimostrare a noi stessi che la nostra formula, fatta di entusiasmo, di un assortimento non banale, ma soprattutto di consigli che arrivano da librai che sono in primo luogo dei lettori essi stessi potesse attecchire anche in un luogo molto distante dalla Capitale, dove non eravamo conosciuti e dove non conoscevamo.
«Serviva un pizzico di follia, ma quella non c’è mai mancata. Abbiamo accarezzato l’idea, per un anno, di tenere aperta anche la libreria romana, ma poi la risposta dei lettori trentini ci ha stupito e commosso ed abbiamo accompagnato la nostra decisione al trasferimento definitivo a Rovereto, trasformandola in una scelta di vita.
«Le differenze sono molte: Roma è una città dispersiva, nella quale è sovente difficile organizzare iniziative e la vita dei suoi abitanti è spesso legata al quartiere in cui abitano. Qui a Rovereto, l’Arcadia è stata vissuta come una libreria che si rivolgeva non solo alla città, ma alla Provincia e poi anche all’Alto Adige e al Veneto o all’Emilia (inizialmente sorprendeva anche noi di avere clienti che venivano a trovarci da Bolzano, Merano, Reggio Emilia, Verona e Vicenza, poi la cosa ha smesso di stupirci, ma ha continuato a piacerci).
 

 
Come definireste i vostri clienti/lettori?
«Ci piacerebbe non definirli in realtà. Come sempre succede la libreria ha inizialmente attirato in primo luogo coloro che più sono a loro agio nel frequentarne una, ma poi sono arrivati anche coloro che avevano meno dimestichezza con il mondo del libro.
«Si dice che le librerie intimoriscano: noi proprio non vogliamo accada nella nostra. Arriva sempre il momento di appassionarsi ad un libro: si può leggere per capire, per interpretare, per conoscere, ma anche perché ci si vuole divertire o distrarre o emozionare.
«Il libraio e la sua libreria devono rispettare i gusti del lettore, proporre alternative al già noto, ma sempre restando un passo indietro, con rispetto.
«Abbiamo assunto forme diverse: siamo stati capaci di essere uno sgangherato club di resistenza civile, simili ai resistenti di Farenheit 451 di Ray Bradbury che salvavano i libri dai roghi, ma anche un gruppo di persone gioiose disposte a guardare agli altri con fiducia e a fare comunità attraverso le storie.»
 
Rovereto ha una storia culturale vivace, diversificata, certamente invidiabile per una città di appena 40 mila abitanti. Quale è il bilancio dei vostri primi quasi 5 anni di attività qui da noi?
«Proprio quella sua vivacità ci aveva fatto decidere ad aprire l’Arcadia a Rovereto: non era la sola candidata a ospitare la nostra libreria, ma il suo mix di elementi storico-artistici e potenzialità non indagate ci ha spinto a preferirla.
«Compiremo a febbraio cinque anni di questa nostra intrapresa e siamo molto soddisfatti, umanamente e professionalmente. Abbiamo imparato molto sulla diversità di questo nostro Paese.»
 

 
E per il futuro, su cosa state lavorando? Quali i nuovi progetti per la Libreria Arcadia?
«Proprio in questo mese stiamo migliorando l’esposizione in libreria con la realizzazione di nuovi mobili, sempre curati dagli stessi artigiani che avevano lavorato in passato per noi; aumenteremo così di un buon terzo il numero dei titoli presenti in assortimento per meglio rispondere alle esigenze di una clientela sempre più numerosa.
«Continueremo poi con i nostri incontri, oggi solo virtuali, ma che speriamo possano riprendere la formula classica in presenza (la libreria è orgogliosa di esser al centro di una serie di relazioni umane, di una rete di socializzazione che ha permesso la creazione di nuove reti amicali laddove prima non sembravano possibili e tutto questo non può non richiedere fisicità).
«Soprattutto però vareremo un vero sito per la vendita on line: sarà un e-commerce alla nostra maniera, con molti aspetti originali. Non avrebbe senso snaturarci: vogliamo metter entusiasmo e professionalità, ma soprattutto il nostro modo di consigliare laddove altrove in rete si trova solo un freddo click.
«C’è poi l’organizzazione di festival culturali o incontri a tema, che ci vede da sempre protagonisti: dovrebbero arrivare novità anche da lì.»
 
Rovereto presenta da molto tempo un'offerta scolastica più che egregia. Quali sono i vostri rapporti con il mondo della scuola locale?
«Spesso siamo portati a dimenticare che una formazione sociale importante come la scuola è fatta soprattutto di persone: di donne e uomini, da quelli del corpo docente agli studenti, non dimenticando il prezioso personale parascolastico, che svolgono ognuno il proprio compito.
«I nostri sono rapporti andati costruendosi non con l’istituzione ‘scuola’, ma con tanti suoi singoli componenti: abbiamo partecipanti al nostro gruppo di lettura che frequentano la scuola da studenti e convivono nei nostri appuntamenti con insegnanti e presidi. È un po’ la dimostrazione che le tante componenti della scuola possono avere interessi comuni, possono scegliere di fare pezzi di strada insieme, molto oltre l’obbligatorietà.
 

 
Gli italiani mediamente leggono poco. Quale potrebbe essere per voi una terapia efficace per migliorare questo dato?
«Se è vero che le statistiche dicono che in Italia ci sono pochi lettori, è anche vero che non si dice mai abbastanza che nel nostro Paese, specie nelle regioni del Nord est ed in Lombardia e Piemonte risiede una delle percentuali più alte d’Europa di lettori fortissimi.
«Per attrarre alla lettura chi non ha dimestichezza serve far superare un pregiudizio, quello che vuole leggere sia soprattutto un dovere oppure una fatica.
«Leggere al contrario può essere entusiasmante: nei libri c’è tutto. Ciò che sappiamo e ciò che non sappiamo di non sapere (che poi è il primo motivo per frequentare una buona libreria).»
 
Voi avete anche il grande merito di aver portato a Rovereto molti scrittori. Come valutate questa originale validissima esperienza?
«Ne siamo molto orgogliosi, così come della risposta del territorio. Ogni anno abbiamo organizzato una media di 170 incontri: situazioni nelle quali i lettori venivano a conoscere non solo un autore, ma la persona dietro il libro: i suoi gusti, le sue paure ed opinioni. E lo abbiamo fatto cercando di svecchiare la formula talvolta usurata e paludata della presentazione.
«L’aver ospitato annualmente anche una cinquantina di scrittori stranieri, conosciuti in tutto il mondo ci ha anche permesso di far conoscere Rovereto ed il Trentino fuori dai nostri confini.
«Molti autori - dagli Stati Uniti come da Israele o dall’Olanda - sono tornati poi in Trentino per una vacanza con le loro famiglie, in estate come in inverno. E poi, diciamolo, ci ha permesso di avere il mondo qui: avere a cena un premio Nobel per la letteratura, accompagnare un’autrice a scoprire la collezione del Mart non è cosa da poco...»
 

 
La convivenza con il Covid19 non è stata e non è semplice anche all'interno di una Libreria. Come Vi siete organizzati?
«Rispettando le norme che ci venivano suggerite ed applicando molto buon senso. Abbiamo avuto tanto lavoro dietro le quinte - la pulizia costante delle superfici, l’areazione frequente dei locali, l’igienizzazione della strumentazione, la rinuncia ai condizionatori in estate, - ma abbiamo accettato tutto di buon grado. Mai come in questa crisi pandemica siamo stati consapevoli dell’importanza dei comportamenti dei singoli e di come essi abbiano un peso pubblico: se ne esce tutti insieme o non se ne esce.
«Abbiamo poi trasferito gli incontri sulla nostra pagina Facebook: un modo per restare in contatto con i nostri lettori. Ai tradizionali lettori se ne sono aggiunti tanti altri. E poi aumentando vertiginosamente le spedizioni nel territorio e in tutta Italia.
«Durante il primo lockdown abbiamo consegnato libri a domicilio, mascherinati, a bordo delle nostre quattro biciclette: attraversavamo una città dalle strade deserte. Se portavi l’orecchio sulla parete di un palazzo, allora riuscivi a sentire che nelle case un cuore batteva. I lettori hanno apprezzato i nostri sforzi: c’è chi ci donava l’insalata del suo orto, chi un vasetto di marmellata; un bambino perfino uno dei suoi giocattoli preferiti... È stato commovente, malgrado la tristezza irreale della situazione.»
 
Infine le chiedo un breve messaggio per i nostri concittadini, giovani e meno giovani, affinché continuino, anche attraverso la lettura dei libri, a costruire con intelligenza, coraggio e tenacia il proprio futuro.
«Non ci sentiamo di dare messaggi. Un augurio piuttosto che rivolgiamo anche a noi stessi: di non smettere di esser curiosi, di continuare a rispettare, di concederci un po’ di ozio e di lentezza, perché la velocità è un falso mito. Quella generata dal Covid-19 è una crisi che, passateci il termine, non possiamo permetterci dì sprecare: nulla sarà come prima.»

Paolo Farinati – p.farinati@ladigetto.it

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