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Era il 2 febbraio del 1945 – Di Paolo Farinati

Quel giorno fu riconosciuto il diritto di voto alle donne italiane

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Il suffragio universale segna una data importante per le donne italiane e per il consolidarsi della democrazia nel nostro Paese.
In un’Italia ancora divisa, il Nord era occupato dai nazifascisti, su proposta di Palmiro Togliatti e Alcide Degasperi il 24 gennaio 1945 fu esaminata la questione dal Consiglio dei Ministri presieduto da Ivanoe Bonomi. Il 30 dello stesso mese il testo fu approvato.
La ratifica con il decreto legislativo n. 23 - «Estensione del diritto di voto alle donne - giunse il primo giorno di febbraio, mentre il 2 febbraio vi fu l’emanazione ufficiale dello stesso.
Decisivo, in tal senso, fu l’impegno dei maggiori partiti di allora, quali la Democrazia Cristiana, Partito Comunista Italiano e il Partito Socialista Italiano di Unità Popolare, veri e propri punti di riferimento popolare dopo la caduta della dittatura fascista.
 
Tra il marzo e l’aprile 1946 si svolsero parecchie elezioni amministrative locali e molte furono le donne elette.
Il 2 giugno 1946 importante fu il voto delle donne nella scelta referendaria tra Repubblica e Monarchia.
Alle elezioni politiche, che ebbero luogo lo stesso giorno, per la nomina dei Deputati all’Assemblea Costituente, le donne elette furono ben ventuno: nove della DC, nove del PCI, due del PSIUP e una dell’Uomo Qualunque.
Aveva inizio una nuova era, la Repubblica Italiana si presentava al mondo distrutta, scoraggiata, con poche risorse, ma ben salda nei valori democratici.
Questa costituì la garanzia da offrire alle Nazioni alleate dell’Occidente per ottenere ingenti aiuti e dar vita ad un vero e proprio Rinascimento politico, culturale, economico e sociale.
 
In questo processo virtuoso il ruolo delle Donne fu fondamentale, e rimase tale nei decenni seguenti, fino ai nostri giorni.
Anche se il protagonismo della Donna nella politica italiana fu quasi sempre minoritario.
Oggi nel mondo, in Europa e negli USA in particolare, la Donna ha assunto ruoli di grande responsabilità.
Basti pensare a Ursula von der Lyen, Kamela Harris, Angela Merkel, Cristine Lagarde, tanto per fare alcuni esempi tra i più significativi.
In Italia, pur senza togliere il merito a parecchi Ministri donna avuti, ad alcune Presidenti dei due rami del Parlamento, a più esponenti donna nei vari partiti, il maschilismo l’ha fatta e continua a farla da padrone.
 
Lo ritengo un minus della nostra politica e della nostra cultura del governare.
Pure a livello degli enti locali sono minime le presenze femminili tra i Presidenti di Regione e i Sindaci dei Comuni.
Forse le stesse donne non votano una donna. Andar a cercare i perché, credo ci porterebbe lontano tra psicologia, antropologia e sociologia.
Per me rimane una certezza il sostenere che l’apporto delle donne, anche nella gestione della res publica, costituisce un valore aggiunto.
Rimanendo nella dimensione locale, in tempi non sospetti, scrissi e sostenni una candidatura femminile, possibilmente vincente, a Sindaco della mia Rovereto nelle scorse elezioni comunali del 2020.
Ma le cose, come ben sappiamo, sono andate diversamente.
 
Ciò non toglie, anzi, che il 2 febbraio 1945 vada sempre ricordato, soprattutto insegnato alle giovani generazioni, come il giorno in cui fu sancito anche in Italia, in maniera indelebile e perenne, un diritto universale, un punto di civiltà e di democrazia senza ritorno.
Sembra inverosimile, ma questo successe solo 76 anni fa e, come ci ricordano le parole di Norberto Bobbio, ogni diritto conquistato non lo è per sempre, bensì va coltivato e difeso ogni giorno a venire.
Il diritto di voto è il momento supremo di libertà e di uguaglianza in una democrazia, quest’ultima costruita, come ben sappiamo dalla storia, in ogni luogo della Terra assieme da uomini e da donne.

Paolo Farinati – p.farinati@ladigetto.it

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