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Esce oggi «Hybris» il disco del rapper roveretano «CARPA»

Si chiama Nicolò Carpita, ha appena 22 anni e da qualche anno i suoi pezzi sono tra i più ascoltati sui canali social – Intervista di Paolo Farinati

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Oggi, 21 aprile 2021, esce il nuovissimo disco del giovane promettente rapper roveretano Nicolò Carpita, in arte CARPA. Il titolo è «Hybris», il cui significato ce lo spiega lui in questa esclusiva intervista.
Nicolò ha appena 22 anni e da qualche anno i suoi pezzi sono tra i più ascoltati sui canali social nazionali e non solo.
Per i suoi coetanei e i giovani in genere è ormai un cult (!).

Dopo essersi diplomato presso il Liceo Linguistico Antonio Rosmini di Rovereto, ora è laureando al terzo anno accademico presso il Dipartimento di Scienze e Tecniche di Psicologia Cognitiva dell’Università di Trento.
A breve vorrebbe andare a Padova, per proseguire gli studi presso la Facoltà di Psicologia di quella città.

È cintura nera di judo primo dan, ama la montagna, la bella compagnia, ha un carattere molto aperto, brillante, affabile, che ben si combina con il suo vero grande amore che è la musica e lo scrivere per essa.
Allo stesso tempo è molto determinato nei suoi obiettivi.
Ora ascoltiamolo con grande piacere e comprensibile curiosità.
 

 
Buon giorno, caro Nicolò, e grazie per averci concesso questa intervista in esclusiva. Dopo i doverosi meritati complimenti, incominciamo. Innanzitutto, il titolo del nuovo disco e cosa ti aspetti da questa nuova uscita?
«Il disco si chiama Hybris, italianizzato dal greco. La traduzione vera e propria è arroganza/tracotanza, parole che racchiudono in sé il mio modo di scrivere, di approcciarmi alla musica e di affrontare le cose, soprattutto in questo periodo di pandemia. Questo termine è stato poi rivisto in chiave psicologica, come la sindrome, che affliggeva alcuni eroi greci che per personale convinzione di potersi elevare all’altezza e maestosità degli Dei finivano per sfidarli.
«Martoriati dalla battaglia si rendevano conto di come questa loro arroganza fosse solo un'illusione, come si può notare anche dalla copertina. Il mio obiettivo è raccontare come mi sono sentito nell'ultimo periodo e come penso che indirizzerò, in generale, la mia scrittura da qui in avanti.
«Non sto osannando né ostentando niente. Questa mia arroganza la propongo non come la strada giusta, quanto come una possibilità di raccontare la mia storia lasciando all’ascoltatore la possibilità di immedesimarsi e trovare la sua chiave di lettura.
«Non sono né la verità né il torto. A volte è meglio fare domande e stimolare la riflessione, che dare risposte spesso prive di significato.»
 
Il tuo percorso artistico e musicale è ormai assai lungo e molto significativo. Ce ne vuoi parlare?
«Il mio percorso musicale vero e proprio inizia nel 2018 con la pubblicazione del mio primo singolo Street Heart, nonostante io abbia iniziato a scrivere nel 2017 per motivi di sfogo. Da lì a poco sono entrato a far parte del collettivo giovanile Urban Therapy.
«Ho avuto modo grazie all’associazione di organizzare eventi musicali e aprire alcuni concerti a volti noti della scena rap trentina ma anche ad artisti a livello italiano, tra i quali Ensi e i Real Rockers, E-green e Nex Cassel, per citarne alcuni. Con le diverse conoscenze maturate col tempo e i numerosi amici, tra i quali cito Carma, mc della scena veneziana, Luca Perri, arrangiatore e batterista locale e unBlasfemo, artista lucano, ho avuto modo di uscire con diverse collaborazioni.
«Ho stretto sempre più i rapporti anche con i produttori che già frequentavo tra i quali Croance, Stain, Lasso e 8 Syntagma che sono tutti presenti nel mio nuovo progetto.
 

 
Sappiamo che ti sei meritato parecchi premi e riconoscimenti. Quali e cosa significano per Te?
«Parecchi forse è un po’ esagerato, però sicuramente, come già dicevo prima, ho avuto modo in poco tempo di fare delle esperienze degne di nota. Cito, per esempio, il primo posto ad un torneo per una pagina di artisti emergenti (Traplist Italia), piuttosto che la qualificazione per l’Hurricane contest di Mezzosangue a Bologna.
«Mi sento inoltre di poter dire che i numeri e le visualizzazioni sui vari siti di streaming stanno col tempo aumentando e spero di poter fare sempre meglio a cominciare da Hybris. Penso che quello che fino ad adesso ho guadagnato, se così possiamo dire, non tanto a livello economico, non dimenticando che ho una famiglia alle spalle che sicuramente non mi ha mai fatto mancare niente, sia un qualcosa di veramente importante.
«La musica per me è in primis un obiettivo che è un obiettivo personale per il quale ho sempre investito di tasca mia bene o male e sempre di più col tempo. Ci vogliono le giuste conoscenze ma anche la giusta dose di fatica e io nel mio piccolo penso di averla fatta.»
 
Il tuo pubblico, come lo definiresti?
«Potendomi basare attualmente solo su un pubblico virtuale, ci sono momenti in cui vedo molta gente interagire e supportare e altri momenti dove sembra siano tutti spariti. A prescindere ci sono persone che mi supportano sempre e da sempre, e anche per loro voglio portare avanti il mio percorso artistico oltre che per una soddisfazione e piacere personale.
«È bello sapere che ci sia qualcuno affezionato alla mia musica, a un certo tipo di mood e di scrittura prettamente impegnata. Mi sento in generale, comunque, di poter dire che ho capito negli anni come un rapporto vero e proprio con un fan si instauri quasi esclusivamente facendo i palchi, suonando ai concerti.
«Spero mi venga data la possibilità il prima possibile di condividere dei momenti live, perché mi rendo conto che questa situazione sicuramente inibisca le persone sotto diversi punti di vista, soprattutto se si parla di promozione di un artista emergente con il quale può interagire solo tramite uno schermo.»
 

 
Testo e musica: cosa prevale nei tuoi pezzi?
«Nei miei pezzi penso prevalga maggiormente il testo. Mi sono sempre definito un artista conscious, come si dice in gergo, di conseguenza con la volontà di portare al pubblico testi con dei contenuti sentiti. Con Hybris ho cercato di evolvermi anche a livello sonoro con un genere sempre più tendente all’elettronica.
«Sono comunque dell'idea che a prescindere dallo stampo conscious, che ho sempre avuto e penso avrò sempre, fare rap significhi parlare di cose che effettivamente la persona in questione ha vissuto e che abbiano per quest’ultima una certa rilevanza. C’è chiaramente modo e modo di farlo.
«Il mio sicuramente non è semplice e puro intrattenimento, ma bensì la voglia di trasmettere un messaggio senza nessuna critica o nessun astio nei confronti di chi non lo fa. Ad ogni modo una traccia ben costruita ha bisogno sia di un testo di un certo tipo, che di una strumentale che possa accompagnarlo nel modo migliore, così da esaltarlo.
«Musica senza testo e viceversa da soli non sono niente, anche se in questo periodo storico per il genere la musicalità la fa indubbiamente molto più da padrone. Quest’ultima comunque dev’essere accattivante e ciò non vuol dire necessariamente adattarsi alla moda del momento, però deve essere senz'altro qualcosa che stuzzichi l’ascoltatore in qualche modo.»
 
Le tue parole sono spesso molto profonde. Cosa costituiscono per un rapper?
«Questa è una bella domanda e se devo essere schietto, sincero e arrogante, tanto per riprendere il concept dell'album, per un rapper attualmente penso che valgano poco.
«Vedo pochi artisti emergenti, che fanno conscious o che comunque cercano di esprimere certe cose in un testo, a prescindere da quante collane dicano di comprarsi e che in generale anche le pagine a tema più rinomate, che dovrebbero spingere artisti emergenti, molto spesso sono abbastanza di parte e di conseguenza si tende molto a seguire la wave più che a cercare di dare rilevanza a tutte le persone che effettivamente spaccano e hanno qualcosa da dire.
«Questo va anche al di fuori del genere hip-hop. Noi rapper di base giochiamo con le parole e di conseguenza un certo tipo di testo a mio avviso non dovrebbe mancare mai. Si sta perdendo, secondo me, il voler utilizzare le parole in una certa maniera e per un determinato scopo al di fuori dell’ostentazione.
«Col tempo ho imparato che l'essere troppo critici/criptici non aiuta. Bisogna sempre cercare, secondo me, un compromesso, senza snaturarsi del tutto, tra la richiesta del pubblico e il bisogno personale, soprattutto se uno vuol far diventare la musica un lavoro.»
 

Il CD.
 
Come definiresti la tua generazione, come musica ma pure come impegno sociale?
«Per quanto riguarda la musica, come detto, soprattutto nel rap, si stanno perdendo alcuni valori però è anche giusto che il genere abbia un'evoluzione che non per forza deve essere vista sempre con un’ottica negativa. Parliamo sempre di opinioni personali.
«L’ondata trap, piuttosto che quella dell’elettronica, non sono cose che schifo. Sono più le ideologie a monte che secondo me non sono il massimo, ma ci sono molti artisti giovanissimi anche più piccoli di me (22 anni) che spaccano veramente tanto.
«Per quanto riguarda l'impegno sociale, penso che ci siano molti giovani che hanno voglia di fare e hanno voglia di promuovere molti progetti, non solo a livello musicale ma anche a livello politico, culturale etc.
«La cosa che vedo è che molto spesso soprattutto qui in regione c’è un’eccessiva diffidenza nei confronti delle nuove generazioni e stanno venendo tarpate le ali a molti progetti, soprattutto di intrattenimento.
«Sicuramente c'è una larga fetta di giovani che non ha voglia di impegnarsi come in tutte le cose. Sta di fatto che, volente o nolente, soprattutto dopo l’era covid, la nostra generazione dovrà rimboccarsi parecchio le maniche per rimediare alla catastrofe sanitaria e alla crisi che ancor prima ha messo in ginocchio l’Italia. Si inizia anche da certe cose, secondo me, per una effettiva ripartenza.»
 
Dove vorresti arrivare con la tua musica e le tue parole, che spesso sono autentiche moderne poesie?
«Io sinceramente da qui a qualche anno mi vedo sui grandi palchi a fare la vita da artista affermato, a livello italiano quantomeno. È chiaro però che bisogna sempre avere un piano B (lo studio per quanto mi riguarda) e rimanere realisti.
«Ciò non vuol dire smettere di essere sognatori. Ti ringrazio chiaramente per definire i miei testi moderne poesie. In un certo senso di base lo sono, in quanto versi in rima.
«Penso però che quello che rende un artista tale e così la sua opera, sia anche il pubblico, di conseguenza definire le mie opere moderne poesie forse non è compito mio.
«In generale sono molto contento della mia scrittura, mi piace la musica che faccio e ne vado fiero quindi sono il primo supporter di me stesso se così vogliamo metterla.»
 

 
Nel panorama musicale del passato quali sono i tuoi riferimenti?
«Per quanto riguarda l'ambiente strettamente rap, devo dire che ho avuto modo di scavare abbastanza a fondo ma non ho una cultura fuori di testa riguardo alla vecchia scuola, soprattutto se si parla di rap oltreoceano ed europeo. Artisti che per me sono un riferimento sono sicuramente Salmo, Axos, Lazza ed Ernia ma ce ne sarebbero tanti altri.
«Di base non sono nemmeno uno che va a ricercare i grandi paragoni con De Andrè, De Gregori, Battiato o altri. Ho molto una visione sul presente musicale e non cerco neanche troppo di prevederne il futuro sinceramente. Poi, se qualcuno tra persone che mi seguono trovasse mai delle analogie con grandi cantautori passati alla storia, non potrei che esserne felice.
«L’essere ormai del mestiere mi darà comunque man mano la possibilità di farmi una grossa cultura in generale, anche di generi che non ho mai ascoltato neanche da bambino. Non è un caso che ascolti dischi rap usciti 4 anni fa e che solo adesso riesca ad apprezzarli.»
 
Chiudiamo con un tuo messaggio ai giovani che ti seguono con grande passione.
«Il mio messaggio per chi mi segue è quello di impegnarsi effettivamente per quello che si vuole ottenere. Fare dei sacrifici è necessario, nel rispetto delle proprie idee e delle disponibilità economiche. È importante soprattutto sbagliare perché è proprio da numerosi errori che poi ci si migliora, senza per forza seguire una moda.
«Nel limite del possibile bisogna puntare sempre all’originalità anche se mi rendo conto che soprattutto nel mio genere sia stato fatto ti tutto e di più. Il mio motto rimane: Non ho tempo di perdere tempo.
«Di conseguenza è importante sfruttare al meglio le proprie giornate e opportunità. Forse anch'io potrei cominciare dall’alzarmi un po’ più presto la mattina. Ti ringrazio Paolo per il tempo che mi hai gentilmente dedicato.»
 
Grazie a te, carissimo CARPA…. e un sincero affettuoso in bocca al lupo…!
 
Paolo Farinati – p.farinati@ladigetto.it

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