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Morire di lavoro non è più accettabile – Di Paolo Farinati

Al 31 agosto i morti sul lavoro sono stati in Italia 722, tre al giorno, una tragica assurda enormità

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«I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica».
Così recita l’art. 9 della Legge 300 del 20 maggio 1970, più nota come Statuto dei Lavoratori, in merito alla tutela della salute e dell’integrità fisica delle persone sui luoghi di lavoro.
Una Legge che costituisce un pilastro del diritto italiano, fortemente voluta dai sindacati confederali, ben scritta dal socialista prof. Gino Giugni e approvata dal Parlamento dopo la sua presentazione fatta dall’allora Ministro del Lavoro on. Carlo Donat Cattin, della sinistra DC, subentrato al suo predecessore il socialista on. Giacomo Brodolini, scomparso poco meno di un anno prima e Ministro che aveva fortemente voluto quello Statuto, quale colonna portante di un’autentica e condivisa cultura e civiltà del lavoro.
 
Una Legge quadro a cui hanno fatto riferimento nei decenni seguenti altri provvedimenti di legge e vari regolamenti applicativi. I vari contratti di categoria sul tema della salute e della sicurezza ne hanno fatto tesoro, tenendo chiaramente presente le diverse tipologie di settori lavorativi.
Ritengo più che opportuno citare la Legge 300 / 1970 in un momento storico in cui le morti sui luoghi di lavoro stanno tragicamente aumentando. Le cause sono comprensibilmente di diversa natura, spesso sono legate a delle fatalità e a disattenzioni, ma la grande maggioranza dei casi si evidenzia sempre più l’inosservanza delle più elementari disposizioni di legge, contrattuali e regolamentari.
Si muore nei cantieri edili, nelle fabbriche, nei porti senza distinzione. L’assegnazione degli appalti, pubblici e privati, segue la fredda logica economica, quasi sempre vince chi propone l’opera col massimo ribasso di costo. E questo si scontra con la salute e l’integrità fisica dei lavoratori. Il voler ridurre il tempo di consegna dell’opera poi, accelera la velocità di esecuzione dei lavori e qui sta spesso la causa principale di tante tragedie.
 

 
Al 31 agosto i morti sul lavoro sono stati in Italia 772, tre al giorno, una tragica assurda enormità, sono tanti, sono troppi. Ma altre se ne sono aggiunte in queste ultime settimane. Nel solo Trentino ad oggi siamo a dieci vittime, una al mese. Non è accettabile.
Urge convocare attorno ad un tavolo imprenditori, artigiani, sindacati, lavoratori autonomi e dipendenti per ricucire al meglio il prezioso tessuto del lavoro italiano, in molti settori unico al mondo per la sua qualità e inesauribile fantasia.

Questo primato va salvaguardato con la vita, non con la morte. Il lavoro è una componente fondamentale della nostra vita, ci rende liberi, sereni, gratificati, solidali all’interno delle nostre comunità. Ma non deve provocare funerali.
Tra i «principi fondamentali», contenuti nei primi dodici articoli della Costituzione italiana, spicca quello laburista, che permea la Carta costituzionale fin dal suo incipit.
 

 
«L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro», recita l’art. 1, elevando in tal modo lavoro e democrazia a valori fondanti il nuovo modello statuale cristallizzato in Costituzione. «La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni», chiosa ancora l’art. 35. Ma è l’art. 4 della Carta fondamentale a enunciare il principio «lavoristico» più nel dettaglio. La norma testualmente recita: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società.»
È un chiaro appello al senso di responsabilità di tutte e di tutti noi italiani, nessuno escluso.
Il lavoro è un diritto - dovere che va condiviso, salvaguardando la vita, il bene supremo che ognuno di noi ha, la sola occasione di felicità che ci viene offerta quando nasciamo. Non dimentichiamolo mai.

Paolo Farinati

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