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Come può essere credibile la politica? – Di Paolo Farinati

Il popolo deve tornare ad essere protagonista, deve partecipare e decidere, deve esprimere liberamente il voto a chi ritiene più adatto a rappresentarlo

Come può essere credibile la politica? Perché mi pongo umilmente questa domanda? Semplicemente perché credo fermamente che sia proprio qui il nocciolo di tante questioni di questo nostro tempo contemporaneo, pervaso da molti punti oscuri, avvolto da tanta sfiducia, dominato da evidenti ingiustizie economiche e sociali, animato da comprensibile rabbia, sofferente per questa invadente pandemia.
Chi è preposto in ogni comunità a dare delle risposte, a concretizzare degli aiuti, a risollevare gli animi di ogni comunità, piccola o grande che sia? La politica, certo. Il governare e l’amministrare, questa attività nobile e necessaria, che già gli antichi filosofi greci chiamarono politica. Sostantivo che deriva da polis, ovvero da città - stato, da insieme di persone, giovani e anziane, da comunità che convive in un certo ambito territoriale e richiede valori, regole, leggi, partecipazione, comportamenti idonei per far sì che tale convivenza sia e rimanga pacifica.
 
Se chi si presta all’arte della politica non mostra autorevolezza, sensibilità, visione, coraggio, determinazione, decisione, la gente comune, il popolo, incomincia ad avere dubbi, paure, sospetti. Il clima nella polis si anima di sfiducia, di proteste, talvolta pure di violenza. Nulla di nuovo, in verità. Questo è successo centinaia e migliaia di volte nella lunga storia dell’umanità, e ovunque, pur con effetti e conseguenze diverse.
Attraverso il pensiero, la filosofia, la crescente conoscenza delle proprie storie, l’essere umano è giunto, via via nei secoli, a costruire dei modelli di convivenza e di benessere equo e diffuso. Solo nel Novecento abbiamo conosciuto il modello della democrazia, che etimologicamente significa forma di governo in cui il potere viene esercitato dal popolo, tramite propri rappresentanti liberamente eletti. Dopo aver conosciuto più modelli di gestione del potere, per millenni assai autoritari e affidati a pochi «eletti», attraverso l’azione politica, talvolta anche drammaticamente sanguinosa, nel cosiddetto mondo occidentale, si sono affermati, per l’appunto, più sistemi democratici.
 
L’Europa e la nostra Italia vi sono arrivate solo poco più di 75 anni fa, dopo aver conosciuto feroci e vili dittature. La democrazia ha garantito dal 1945 a noi europei un lungo periodo di pace, anche se più conflitti territoriali e di cause diverse sono rimasti. In queste ore capiamo che la «guerra fredda», purtroppo, è viva e ci domina ancora.
Ardono tuttora mire espansionistiche del tutto anacronistiche, da cui obiettivi portatori solo di morti e di ulteriori situazioni di miseria e di offesa della dignità di ogni essere umano. La Terra, che ci ospita generosa da milioni di anni, se l’uomo e la politica fossero visionari e nobili, sarebbe ancora in grado di dare vita e felicità agli ormai quasi otto miliardi di persone che la popolano.
Ma non voglio qui cadere in parole che potrebbero sembrare solo retorica. Torno alla politica, la sola attività umana che ci può ridare serenità, nel mondo, in Europa, in Italia come nel nostro piccolo Trentino.
 
Il Parlamento italiano ha appena eletto il Presidente della nostra Repubblica. Di questo siamo certamente contenti, anche perché Sergio Mattarella ci ha dato innumerevoli prove di alta capacità politica e di indiscutibile fedeltà alla nostra Costituzione.
Ma in questi giorni abbiamo assistito e sentito di una politica italiana assai deludente, litigiosa, superficiale, indecisa, per nulla autorevole e per questo poco credibile.
L’italiano medio è consapevole che chi oggi è ai vertici della nostra Repubblica, Sergio Mattarella e Mario Daghi, hanno pochi eguali nei loro ruoli in Europa e nel mondo. Ma a tutte e tutti noi non bastano due salvatori della Patria. Non è questa la politica necessaria ad un popolo così orgogliosamente ricco di storia e di nobili esempi in tutti i campi della vita.
 
In Italia da troppo tempo ormai si attendono riforme improrogabili, capaci di darci una macchina dello Stato centrale e periferico più efficiente, di ridare dignità alla libera scelta di ogni singolo cittadino nel momento del voto, di offrire le giuste meritate opportunità ai nostri giovani, di fare della nostra immensa cultura e dell’impareggiabile arte italiana un motore di crescita e di benessere, di salvaguardare e valorizzare l’ambiente della nostra penisola che è unico al mondo, di dare uguali risposte sanitarie e sociali dal Brennero alla Sicilia, di far sì che la scuola e gli insegnanti siano rispettati in ogni dove e ad ogni livello, per favorire lo sviluppo di un’industria sostenibile e costantemente innovativa alimentata dal proverbiale genio italiano. Potrei elencare altri attesi traguardi.
In sintesi estrema, la politica deve dare risposte concrete e non suicidarsi in inconcludenti chiacchiericci, in continui litigi, in offese inascoltabili, in pregiudizi e veti incrociati non più accettabili da tutte e da tutti noi. Questo vale a Roma come a Trento e a Rovereto.
Ovvero chiama in causa i membri del Parlamento italiano, come quelli che siedono in Consiglio provinciale o nei nostri Consigli comunali trentini.
 
Sono ben consapevole che sto pericolosamente generalizzando, ma di questi giorni la sfiducia verso la politica non conosce confini territoriali. Il rischio che l’astensione dall’universale diritto al voto aumenti è quasi sicuro. In prospettiva, questo fatto può diventare molto pericoloso. Vi è bisogno di dare il giusto ruolo e i più capaci interpreti alla politica. A qualsiasi livello. Prima ho elencato alcune riforme che ritengo indispensabili, da adottare subito o quantomeno in tempi accettabili. Possono essere risposte decisive.
La gente, il popolo, deve tornare ad essere protagonista, deve poter partecipare e decidere, deve poter esprimere liberamente il voto a chi ritiene più adatto a rappresentarlo nella politica. Sia nei Comuni che nei due rami parlamentari su cui si regge la nostra Repubblica democratica. Gli strumenti ci sono. Basta adottarli con coraggio e con chiarezza. I cittadini non accettano e non accetteranno più che siano poche persone a scegliere e a decidere per loro.
 
Il mio è un umile appello, che nasce dal vedere e toccare ogni giorno e in molti incontri tanta sfiducia alimentarsi tra la gente. Parimenti, però, sono consapevole che la nostra democrazia, la nostra libertà, il nostro alto sentimento di solidarietà sono nati tra mille difficoltà, sono costati molte vite e tanti sacrifici di chi ci ha preceduti. Il prof. Norberto Bobbio ci ha detto e lasciato scritto ripetutamente che la democrazia e la libertà non sono conquistate una volta per tutte e per sempre, ma vanno coltivate, fatte conoscere, difese, condivise, alimentate ogni giorno e ovunque. Non dimentichiamolo mai.
Il mio carattere e la mia esperienza di vita ormai di un ultra sessantenne, mi fanno rimanere moderatamente ottimista. Nelle crisi vi sono rischi e paure, ma sempre anche grandi opportunità. E qui, in conclusione, da felice papà di un ragazzo diciassettenne, mi rivolgo proprio alle nuove generazioni, che vedo gioiose, fiduciose, impegnate, disponibili e propositive.
 
Care ragazze e cari ragazzi, non abbiate alcun timore, esprimete sempre il vostro pensiero, mostrate sempre il vostro entusiasmo, non disdegnate mai di protestare con rispetto, date libertà ai vostri desideri, disegnate ovunque i vostri sogni. Sono, del resto, sempre più convinto che ogni nuova generazione è migliore di quella che l’ha preceduta.
Per opportunità di conoscenza, forza innovativa, visioni sostenibili, ritengo che anche la politica, la nostra politica, ha bisogno di una dolce profumata leggera ventata di gioventù. I giovani che meritano ci sono. Chissà che non siano proprio loro a portare rinnovata forte credibilità alla politica. Io ci credo.

Paolo Farinati - p.farinati@ladigetto.it

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