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Il «Maestro» Andrea Pirlo, campione dal calcio semplice

«La mia vittoria più bella? La prima Champions con il Milan. Diventare campione del mondo nel 2006 è stato poi un momento incredibile»

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Foto © Marco Oss.
 
All’auditorium Santa Chiara uno degli appuntamenti clou del Festival dello Sport, quello con il «Maestro» Andrea Pirlo.
Un calcio semplice il suo, almeno all’apparenza, ma con principi e valori importanti. Una carriera straordinaria in cui, ha sottolineato il talento bresciano, «ho sempre giocato per vincere, non solo per partecipare».
Ora per lui è iniziata la carriera da allenatore, con l’esperienza alla Juventus che gli ha già regalato due trofei.
«Un idolo? Roberto Baggio: classe ed eleganza, un extraterrestre, – ha aggiunto Pirlo. – Il trofeo più bello? La prima finale di Champions League con il Milan.
«E l’entusiasmo attorno a quella partita, poco prima di arrivare allo stadio, mi ha quasi commosso.»
Durante l’evento, anche un video-messaggio di Gianluigi Buffon.
 
Un giocatore che ha fatto la storia, un leader silenzioso ma che ha sempre lasciato parlare il suo gioco, quello del Maestro.
Andrea Pirlo è riconosciuto così nel mondo del calcio, «The italian Maestro», si recita spesso all’estero.
Brescia, Inter, l’intermezzo con la Reggina ma poi la conquista di tutto il possibile tra le fila del Milan, prima del passaggio alla Juventus, club in cui Pirlo ha nuovamente scritto pagine calcistiche importanti, arrivando in finale di Champions League senza tuttavia, come diversamente successo con i rossoneri, riuscire a conquistarla.
 
Tutto parte da alcuni principi sui quali il talento bresciano si è sempre basato, dal debutto in Serie A ad appena sedici anni.
«Nel calcio nessuno ti regala nulla. Bisogna conquistare ogni centimetro sul campo, con i comportamenti prima di tutto, in particolare lealtà e rispetto. È ciò che sto cercando di trasmettere ogni giorno anche ai miei figli, per esempio.
«Se mi sono goduto l’infanzia? Non ho rimpianti: i miei amici si preparavano per andare alle feste o in vacanza, io invece a quindici anni ero già in ritiro con la prima squadra.
«Ma ho sempre voluto giocare a calcio, è sempre stato il mio sogno ed ecco perché, se devo lanciare un messaggio, voglio dire ai ragazzi di non accontentarsi, di cercare sempre di migliorare.»
 
«Non sono state tante le squadre cambiate da Pirlo nel corso della sua carriera, ma ci sono stati allenatori che per lui sono diventati un simbolo: Mazzone lo ha messo nella posizione che gli ha cambiato la vita, Ancelotti lo ha portato a vincere ogni trofeo possibile, Trapattoni lo ha convocato in nazionale e con Lippi è arrivata la vittoria del Mondiale.
«Poi il passaggio alla Juventus e il rapporto con Conte, l’uomo che mi ha fatto riaprire un ciclo, – ha spiegato Pirlo. – Con Allegri è andato tutto bene, ma nell’ultimo anno il pensiero di restare in panchina e di essere messo da parte mi ha portato verso la scelta di andare via.»
 
Impossibile poi non parlare delle vittorie più entusiasmanti.
«La più bella? La prima Champions con il Milan – ha aggiunto il talento bresciano. – Mi è dispiaciuto lasciare i rossoneri, ma avevo bisogno di nuovi stimoli e la Juventus è stata l’occasione giusta.
«Ma so di aver lasciato un bel ricordo perché, quando ero in scadenza con i bianconeri, Berlusconi mi chiamò per riportarmi al Milan, ma dissi di no.
«Speravo di dare qualcosa di importante alla Juventus e alla fine ho avuto ragione io.
«Diventare campione del mondo nel 2006 è stato poi un momento incredibile, ma eravamo tutti certi del fatto che avremo disputato un ottimo torneo.
«Quando ho calciato l’ultimo rigore è stata una liberazione. L’assist a Grosso? Beh, lo avevo già visto prima degli altri...»
 
Infine, un accenno alla carriera da allenatore ed in particolare all’inizio sulla panchina della Juventus.
«Un’esperienza fantastica, sono felice che abbiano visto in me l’uomo giusto in quel momento.
«È stata una grande possibilità, anche se credo che, avessi avuto l’opportunità di continuare, avremmo potuto ottenere altri grandi risultati e migliorare ancora.»

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