Filippo Inzaghi al Festival dello Sport di Trento
Una carriera dominata dalla passione e dall'impegno costante, tutte cose che ancora oggi in veste di allenatore prova a trasmettere ai suoi giocatori
Foto Michele Lotti.
La doppietta nella finale di Atene, la rete messa a segno al mondiale in Germania, oltre 300 gol segnati in una carriera dove ha vinto tutto quello che poteva vincere, ma quelli più importanti per Filippo Inzaghi sono stati i gol dei preliminari di Champions League nel 2006 contro la Stella Rossa.
L’ex attaccante di Milan e nazionale ha scelto il Festival dello Sport per presentare il suo ultimo libro intitolato «Il momento giusto», chiaro riferimento alla sua capacità di scegliere l’istante esatto per eludere il fuorigioco avversario e presentarsi solo davanti al portiere.
Il marchio di fabbrica della punta piacentina era proprio la capacità di farsi sempre trovare pronto al momento giusto, e nell’auditorium Santa Chiara ha spiegato cosa lo ha portato così in alto.
«Penso che sia stata premiata la mia forza di volontà, la determinazione di aver dato il massimo sempre, in ogni momento, di aver fatto tutto quello che era in mio possesso per raggiungere il mio sogno.
«Non avevo il fisico di Ibrahimovic e la tecnica di Ronaldinho ma i miei record nascono perché ho sempre dato tutto me stesso: dal mangiare bene al riposare il giusto, poi sono stato fortunato perché fino a 30 anni non ho avuto infortuni che hanno limitato la mia carriera.
«Ci sono stati momenti difficili perché nei primi anni 2000 sono andato ad Anversa da solo, nel frattempo era arrivato Crespo e sono stato fuori un anno.
«La cosa si è ripetuta qualche anno più tardi contro il Palermo quando mi sono rotto il crociato. Potevo mollare, ma pensavo di poter farcela a tornare ancora una volta e così è stato.»
Impossibile, poi, non fare una carrellata delle sue tantissime marcature nel corso della carriera.
«Quando ho siglato il primo gol in Europa al record di Gerd Müller non ci pensavo proprio, sembrava lontanissimo, poi ci sono riuscito in una sera proprio contro il Real Madrid: un’emozione grandissima che non dimenticherò mai.
Contro il Liverpool nella finale non pensavo nemmeno di giocare. Sono sceso in campo con uno stiramento a un flessore, non avevo grandi speranze ma speravo che il destino mi facesse fare qualcosa di magico.
«Il primo era un gol che quell’anno sentivo mio: sulle punizioni mi mettevo in posizione per essere il primo sull'eventuale ribattuta, ma più volte Pirlo mi aveva colpito e così è successo anche quella sera.
«Poi è arrivato l’assist da Kakà per il secondo gol. Non ho dormito per 10 notti, pensando fosse impossibile avessi fatto 2 reti in finale. I gol più importanti, però sono stati quelli nei preliminari.
«Contro la Stella Rossa arrivato 6 giorni dopo le ferie post mondiale in Germania, e sono sceso in campo subito. Ho fatto il mio dovere poi per tre giorni non sono riuscito a piegare le gambe per lo sforzo.»
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