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Battocletti, quegli ultimi 100 metri «full gas» a Parigi

La campionessa trentina e l’oro olimpico di Los Angeles 84 Gabriella Dorio al Festival dello Sport


 
A Parigi qualcosa è cambiato. Non solo il medagliere personale di Nadia Battocletti, ma qualcosa di più: la sua lucidità, la sua maturità, la sua consapevolezza delle proprie potenzialità e di meritare di essere lì, fra le più grandi del mondo.
Qualcosa di altrettanto importante, invece, è rimasto uguale: Nadia.
E sono quella semplicità, quella spontaneità, quel rimanere sempre se stessi anche sotto i riflettori che hanno spinto tante persone a riempire oggi la Filarmonica per l’incontro fra Nadia Battocletti e Gabriella Dorio, oro nei 1.500 metri ai Giochi Olimpici di Los Angeles 84.
Nel dialogo sul palco con il giornalista della Gazzetta Andrea Buongiovanni, tecnica, cronaca sportiva ma, soprattutto, emozioni.
 
Come le lacrime di Gabriella Dorio, versate prima a Los Angeles 84, più recentemente a Parigi ed oggi al Festival nel ripercorrere con Nadia Battocletti il percorso che l’ha portata a diventare una campionessa: dalle corse fra gli esordienti a Cles quando - ha spiegato Dorio - Nadia correva già forte in modo naturale; poi l’under 18 e l’under 20 nazionale, la crescita nel fisico e nella testa, «perché deve esserci sintonia fra testa, gambe e cuore».
«Una maturazione con la fortuna – ha aggiunto Dorio – di avere un padre/allenatore bravissimo, anche se molti dicevano che non avrebbe funzionato. Nadia e suo padre sono cresciuti assieme e ne abbiamo visto i frutti.»
 
Si sono visti eccome: doppio oro - 5.000 e 10.000 metri - agli Europei di Roma, prima donna azzurra a vincere due ori nella stessa edizione, e doppio primato nazionale in entrambe le gare.
E poi, naturalmente, dopo il quarto posto nei 5.000 assaporando il bronzo poi sfumato, l'argento nei 10.000 metri ai Giochi Olimpici di Parigi 2024, migliorando il record italiano.
È stata proprio lì la svolta, e Nadia ha raccontato quei momenti al Festival.
«All’ultimo chilometro mi sentivo ancora bene, lucida, pronta ad attaccare come un falco, e a 600 metri dalla fine ho pensato che forse potevo prendere una medaglia.
«Ho dato il massimo e negli ultimi 100 metri sono andata full gas.»
 
A seguirla, dalla tribuna, c’era anche Gabriella Dorio.
«Mentre correva – ha raccontato – l’ho guardata in faccia e ho capito che Nadia era determinata. Lì ho cominciato a piangere. Se solo ci fossero stati 20 metri in più…»
Ma Gabriella Dorio di lacrime («piango facilmente», ha spiegato) ne ha versate tante anche a Los Angeles. Prima per gli errori commessi negli 800 e poi per l’oro nei 1.500.
A ricordare la medaglia, il nome di Gabriella inciso su una lastra metallica all’ingresso del Coliseum. Troppo emozionante trovarselo davanti.
«Tornerei in quello stadio – ha detto Dorio – solo per vedere Nadia.»
 
Già, perché mille impegni a parte, lo sguardo corre alle prossime olimpiadi.
Da qui a Los Angeles 2028 vi sono innumerevoli allenamenti e competizioni ma, in mezzo, c’è anche la vita privata: l’amicizia dei compaesani a Cavareno, i profumi del paese, il calore degli studenti dell’Università di Trento.
E poi, certamente non ultima, la famiglia: papà Giuliano e mamma Jawhara, sempre vicini.
 
Accanto alle emozioni, sul palco c’era anche tanta simpatia, con il rappresentante del Fans Club e il balletto sudamericano di Nadia con la compagna di stanza a Trento.
Ma ci sono stati anche momenti «solenni»: l’apertura con la musica d’organo del maestro Stefano Rattini in accompagnamento alle immagini delle imprese delle due campionesse, e poi le medaglie olimpiche di Los Angeles e Parigi vicine, una accanto all’altra, come Nadia e Gabriella.

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