Festival dell’Economia: «E' ora della verità per l'Europa»

Goulard, Prodi, Tremonti, Marcegaglia e Magri a confronto sul destino del Continente

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Il panel di Geopolitica «L’Ora della verità», organizzato in collaborazione con l’Ispi-Istituto per gli studi di politica internazionale, si è occupato oggi di Europa, ospiti Sylvie Goulard, docente alla Bocconi, già ministro della Difesa francese e vice-governatore della Banca di Francia, Paolo Magri, presidente del Comitato Scientifico dell’Ispi e docente di Relazioni Internazionali alla Bocconi, Emma Marcegaglia, imprenditrice e già presidente di Confindustria, Romano prodi, già primo ministro italiano e presidente della Commissione europea, docente all’università di Bologna, e Giulio Tremonti, presidente della Commissione Esteri della Camera, già ministro dell’Economia italiano.
 
Molti i temi toccati. Le regole, ad esempio, per alcuni eccessive, per altre utili, a patto che non inibiscano crescita e competitività.
Altro tema caldo, quello della difesa comune. Ma in una dimensione sovranazionale o come sommatoria di quanto hanno a disposizione i singoli Stati?
Oggi l'Europa nel suo complesso spende molto più della Russia, ma la capacità di difesa è bassa e manca di un coordinamento unitario, sia per quanto riguarda gli armamenti tradizionali sia per l'atomica, che ha solo la Francia.

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Non solo: la difesa comune presuppone una politica estera comune (e la rinuncia all'unanimità).
E, ancora, si è parlato di rapporti con gli Usa, di dazi, di eurobond, di globalizzazione che cambia, perdendo il carattere ideologico che ha avuto in passato (ma, si è detto, nella consapevolezza di dover continuare a difendere i mercati aperti).
Più domande che risposte, in ognuno di questi scenari. Ma con la consapevolezza che il «sogno europeo» deve continuare ad essere coltivato.
 
Scelte e rischi fatali, per l'Europa, ha detto il moderatore in apertura, svelando che il titolo della ventesima edizione del Festival era anche quello di un libro di Tremonti di molti anni fa.
Per Prodi bisogna mettere sul tavolo le grandi questioni, altrimenti i cittadini non possono appassionarsi alla causa dell'Europa.
«Abbiamo perso vent'anni, – ha detto. – Quando abbiamo creato l'euro la Cina era interessatissima.
«L'idea era quella di un mondo multipolare in cui l'Europa avesse un ruolo-guida. Poi questa fase è passata.
«Oggi dobbiamo tornare a proposte che catturino il cuore: sull'economia, o sui rapporti con quello che veniva chiamato Terzo Mondo, il che significa capire il pluralismo del mondo. Sarebbe bastato anche avere qualche proposta sull'Ucraina.
«L'importante è tornare a decidere. Il che significa fra le altre cose abbandonare l'unanimità delle decisioni.»

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Tremonti a sua volta ha rincarato: «In venti anni abbiamo fatto l'opposto di quello che dovevamo fare. Abbiamo regolamenti assolutamente demenziali.
«L'Europa, come diceva Marx, entra nella Modernità quando esce dai variopinti vincoli medioevali.
«Ma oggi non facciamo passi avanti, ne facciamo all'indietro. Io sarò ottimista se l'Europa del futuro verrà costruita da chi non lo ha fatto negli ultimi 20 anni.
«Ci sono regole importanti e utili, ovviamente. Ma un altro conto è il delirio delle regole, che è quello a cui assistiamo oggi.»
 
Goulard non si è dichiarata d'accordo con Tremonti.
«Per le donne le regole sono le cose più belle mai inventate, un mondo senza regola è un mondo dove si impongono solo i più forti.
«Possiamo discutere su certe norme che vengono fatte a Bruxelles, o anche in Francia. Ma il nucleo dell'integrazione europea è stato la volontà di francesi e tedeschi di non farsi più guerre.
«Per questo sono nate ad esempio le prime regole sui mercati del carbone e dell'acciaio. Quando vedo quanto avviene oggi in America penso che le regole sono ancora utili.»
 
Per Marcegaglia «dobbiamo essere orgogliosi di tante regole create, ma l'Europa ha creato anche regole e burocrazia inutili. Lo hanno fatto gli stessi stati nazionali.
«Oggi l'Europa sembra giustificare la sua presenza in quanto ente regolatore, perché difettano ragioni politiche forti.
«Non c'è dubbio che eccesso di burocrazia e lentezza complessiva nuocciono alla crescita e alla competitività dell'Europa.
«E attenzione, senza crescita e competitività le democrazie soffrono.»

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Più concordi le opinioni sulla necessità di una difesa europea comune, che vada oltre quanto spendono i singoli stati.
Registrando però le novità generate dalla guerra in Ucraina, a partire da una crescita notevolissima della spesa per la Germania, che in futuro avrà il più forte esercito europeo, anche se l'arma nucleare (e relativo diritto di veto al Consiglio di sicurezza dell'Onu) ce l'ha la Francia.
Non solo: oltre alla burocrazia, un altro problema che l'Europa è chiamato a fronteggiare è quello del nazionalismo.
Che impatta ovviamente anche sul tema della costruzione di una difesa comune, capitolo oggi da ripensare nel momento in cui la «delega» data dall'Europa all'America è venuta meno.
 
Evocare l'America ha portato a toccare il tema dei dazi, in un mondo globale che deve restare globale ma in maniera diversa rispetto al passato, anche per non generare quelle povertà di cui parla la biografia del vicepresidente americano Vance, ha ricordato Tremonti: con nuove regole, quindi (mentre per lungo tempo ha prevalso, grazie al traino americano, l'idea della deregulation) ma senza abbandonare i mercati aperti.
In generale, l'idea condivisa è quella di ricercare ostinatamente accordi e negoziazioni con i partner dell'Europa, e far crescere il mercato unico, piuttosto che inseguire gli Usa di Trump sul terreno dei dazi.
 
La decarbonizzazione va portata avanti, ha detto Marcegaglia, ma non con l'approccio del Green Deal, che ha imposto tempi, regole, tecnologie, come le auto elettriche, senza tenere conto delle esigenze di cittadini e imprese.
E Gaza? «Un fenomeno di inumanità», lo ha definito Prodi, condiviso subito da Goulard, suscitando uno degli applausi più forti nella platea.