Nadia Viola: una donna in cantina – Di Daniele M. Bornancin
Volontà e anima nella viticoltura trentina: una «boutique» del vino

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Non è così facile trovare una donna a gestire un’azienda
agricola specializzata nella produzione di vini di nicchia. Certamente
siamo nel campo dell’Artigianato del vino o meglio, in questo caso, in
una «boutique» del vino. Tutto è dato dalla volontà di Nadia Viola di
Mezzocorona, di creare una sua cantina, accompagnandola per mano come
fosse una figlia da crescere e seguire, in tal modo ha preso il
sopravvento il cuore.
La Piana Rotaliana conosciuta per la produzione
del Teroldego, sia in cooperazione, sia in piccole realtà gestite da
famiglie che hanno fatto della coltivazione vitivinicola un punto fermo
della propria attività.
Piccole aziende che qualificano i
territori del Trentino tramandate dai nonni, ai genitori e figli. Tante
famiglie nelle valli del nostro territorio, infatti, lavorano i terreni
piantando vigne particolari e si prodigano a sperimentare il processo di
vinificazione con buoni risultati, magari con un prodotto finale
sufficiente per i propri congiunti, amici e parenti.
Un comparto
quello dei piccoli viticoltori rappresentato da un insieme di cantine
dove il lavoro della vigna è, di fatto, volontà, dedizione, passione e
capacità di seguire giorno dopo giorno, per l’intero anno, la nascita e
la crescita delle uve, pur affrontando eventuali problematiche, con
l’obiettivo di migliorarne la tecnica.
Impegno che, passo dopo passo, è diventato nel tempo una solida realtà.
Questi
viticoltori hanno dimostrato di avere tanta pazienza, voglia di capire,
di conoscere e imparare, per trasformare tutto questo in vini pregiati,
con nomi sconosciuti, con un metodo di lavoro inserito in un insieme di
fattori intessuti e strettamente congiunti divenuti il fondamento delle
loro cantine.
Il pensiero dominante di questi piccoli produttori è
riuscire a far capire alle persone, che il vino è la massima espressione
del territorio e dell’ambiente in cui nasce, nel rispetto del
paesaggio, in un percorso semplice dove il tempo dedicato alle persone,
alla presentazione del proprio prodotto, riesce a trasferire
un’esperienza umana, tecnica e un ricordo da non dimenticare.
Ho
conosciuto Nadia Viola, di Mezzocorona, al Vinifera a Trento, mostra
mercato dedicata ai vini dell’arco alpino, dove ogni anno sono esposte e
presentate le caratteristiche dei vini di piccole cantine della nostra
Regione e di altre località italiane.
Una finestra aperta sulle
produzioni dei territori, dove le sperimentazioni si perfezionano in
vini sempre migliori, di sicuro interesse per gli intenditori, gli
appassionati, visitatori e turisti.
Una giovane imprenditrice, oggi
inserita non solo nell’ambiente vinicolo, ma anche nel patrimonio
dell’imprenditoria femminile trentina, che di anno in anno cresce nei
settori dell’economia locale, con nuove figure femminili.
Non poteva mancare pertanto l’incontro con Nadia nel suo ambiente naturale, nella sua cantina.
Un
dialogo, coinvolgente, denso di preparazione, espresso con tanto cuore e
con la passione di quello che è il lavoro quotidiano.
Un modo speciale di essere donna, con una spiccata volontà e dedizione nella gestione di una cantina.
Com’è nata l’idea di creare una cantina nel territorio del Teroldego e in conformità a quali esperienze e desideri?
«Tutto
è nato nel 2006, al Monte dì Mezzocorona, a 900 metri di altezza, dove
possedevamo attorno alla casa un terreno coltivato ad alberi da frutto e
quale tradizione familiare alla produzione di mele.
Questa
coltivazione, così come nelle vicine Valli di Non e di Sole, anche in
parte nella Rotaliana, veniva a coprire ettari di terreno anche in
posizioni difficili, con terreni argillosi e ricchi di sostanze
nutritive, dove nascevano mele di alta qualità, conosciute in tante
parti del mondo.
Trascorso un certo periodo di perplessità da
parte di mio papà, abbiamo deciso di analizzare questi terreni con
l’aiuto di tecnici e agronomi dell’Istituto agrario di S. Michele. La
terra al monte, è tutta esposta al sole, ed è particolarmente idonea a
sperimentazioni anche di vigneti. Devo dire che sono sempre vissuta in
mezzo alla campagna, perché i miei genitori hanno avuto piccoli
appezzamenti di terreno coltivato. Al monte avevamo anche fieno e
qualche cavallo e dei bovini, per una tradizione agricola insita nella
nostra famiglia.
In tale contesto sono nate la mia passione e
l’attenzione per la campagna che anche oggi continuo ad avere. Posso
dire che crescendo ho trasformato questa passione per quella della vite e
il vino, dando una mano ad altri amici agricoltori e vignaioli, dai
quali ho appreso le tecniche di cura delle piante e di lavorazione dei
vini.
Quando il papà, che era il macellaio del paese, è mancato,
ho ereditato il terreno, “al mont” in un ambiente speciale, in mezzo
alla natura, che si raggiunge solo con la funivia che parte dal centro
del paese.
È un’oasi di pace, posto incantevole, dove ci sono poche
case e dove si scoprono dall’alto le bellezze del paesaggio, con vista
sull’intera Piana Rotaliana.
Così, ho iniziato la mia nuova attività che, pur impegnativa, mi sta dando ora tante soddisfazioni.
Nel
2007 abbiamo piantato vigne di Pinot Nero, Pinot Bianco e Chardonnay
con l’obiettivo di ottenere uve mature adatte ad una base spumante di
lungo affinamento sui lieviti.
Nei vari processi produttivi,
per cinque anni abbiamo dovuto fare i conti con le situazioni tipiche
dell’alta montagna, ossia con presenza di gazze, merli, caprioli e tassi
che si fornivano dei germogli delle piante e dei grappoli d’uva,
rallentando, di fatto, il nostro lavoro, ma una volta sanata questa
situazione, con l’installazione di reti a difesa delle piantagioni, non
mi sono più arresa.
Solo nel 2016 si è realizzata la prima produzione
secondo noi adatta allo scopo che ci eravamo prefissati e grazie
all’aiuto di amici enologi abbiamo realizzato la nostra prima base
spumante.
A 900 metri di altitudine l’uva matura nella seconda decade di
ottobre ed ha naturalmente le caratteristiche per dare una base
spumante di lungo affinamento, infatti noi lasciamo riposare le
bottiglie sui lieviti per circa sessanta mesi. Dopo la sboccatura
lasciamo nuovamente riposare le bottiglia per circa due anni affinché si
riequilibrino dopo il procedimento meccanico della sboccatura.
Io
salgo in funivia per raggiungere il vigneto quasi ogni giorno perché,
oltre alla passione, mi piace osservare la bellezza della crescita
dell’uva, ho così imparato che, per noi, quando si parla di vino
s’intende il progetto enologico che parte dalla campagna.»
La coltivazione dei vigneti com’è stata impostata e quali sono i tipi di vini prodotti e inseriti in vostra commercializzazione?
«Il
nostro intento è di creare prodotti di alta qualità e di nicchia,
provenienti da zone territoriali che sorvegliamo e curiamo con costanza e
molta pazienza. Tutto si trasforma in grappoli e in acini, poi in vino.
Ogni vino nasce in campagna, attraverso una cura e attenzione del
terreno e delle sue peculiarità. Ogni vigneto e il vino che nasce,
ricevono le ricchezze e le caratteristiche del terreno dove le radici
delle viti le assorbono.
Adesso abbiamo coltivazioni in tre zone
distinte e poste in località significative: a 900 metri di altezza il
vigneto sul Monte di Mezzocorona; a 650 metri il vigneto di
Spormaggiore, e a 250 metri i vigneti di Mezzocorna.
In
quest’ultimo territorio abbiamo due vigneti nella zona del Teroldego e
li consideriamo dei piccoli giardini vitati poiché si trovano appunto
nelle vicinanze delle abitazioni. Nel terzo appezzamento a Spormaggiore
di 6000 mq abbiamo vigne piantate in zone ripide, terrazzate, con
lavorazioni manuali a zero macchine, con un terreno morbido e poco
compattato, per la coltivazione di vitigni resistenti PIWI, sigla
tedesca, che sono resistenti naturalmente alla peronospora e l’oidio che
sono i due funghi che colpiscono sia la vite che il grappolo e quindi
non hanno necessità di subire trattamenti per combattere queste
avversità.
Nel 2024 abbiamo fatto una prova e quest’anno
realizzeremo la prima vendemmia utile per l’esordio commerciale di un
vino derivante dai vitigni Bronner, Johanniter, Souvignier Gris, per la
produzione di un vino bianco con le caratteristiche di vino rosso, con
un’adeguata corposità, struttura e complessità. Qui la previsione è di
riuscire a produrre 4000 bottiglie.
Per noi la vigna è come una persona e come tale deve essere trattata, deve vivere in costante equilibrio.
Il
nostro desiderio è di portare nel bicchiere eleganza, integrità,
fragranza, espressioni di uve con frutti unici, dove il sentire la
naturalezza del vino ed esplorare gli aromi, diventa un piacere e una
scoperta di un territorio unico.
Per quanto attiene il Teroldego, le
nostre viti sono ultraottantenni e producono grappoli diversi, alcuni
concentrati e compatti, alcuni grossi, ed altri spargoli, con acini
distanziati e con un aspetto più aperto rispetto al grappolo compatto.
Ci è nata così l’idea di interpretare queste differenze e di produrre tre tipi di Teroldego, uno per ogni tipo di uve:
- ROSSO MANCATO, con gli acini più grossi, vinificato in bianco, la prima vendemmia nel 2020, vendita 2023.
- NEROVIOLA con gli acini più piccoli e uniti, prima vendemmia 2018, vendita 2024
- PASSITO SECCO con i grappoli spargoli, distanziati e appassiti, in fase di completamento della produzione.
Per
i bianchi la nostra produzione si concentra nel “Navarro Spumante
Trento DOC riserva” metodo classico, derivante dalle uve di Pinot Nero,
Pinot Bianco e Chardonnay, nate dalle vigne del Monte di Mezzocorona a
900 metri, penso uno dei più alti vigneti in quota del territorio
trentino.
- NAVARRO in lingua celtica significa “Piano o terreno in
mezzo ai boschi”, descrizione che rappresenta compiutamente il luogo
dove è posizionato il vigneto che sembra incastonato tra i boschi. Nava
contiene poi le iniziali del mio nome Nadia e del cognome Viola, un
aspetto simpatico d’identificazione dell’azienda. Essendo vini
particolari, con produzione limitata, è naturale spiegarli e quindi il
nostro criterio di vendita si basa sulla conoscenza del territorio e dei
vigneti.
- Il nostro intento è di far capire la tipologia di
coltivazione, lavorazione e nascita del vino. Organizziamo costantemente
visite guidate, con degustazione e con partenza dal punto vendita di
Mezzocorona, in Via della Grotta, 48, a seguire l’emozionante salita in
funivia al monte e visita alle vigne con spiegazioni di coltivazione,
sosta per la veduta sulla Piana Rotaliana, rientro al punto vendita con
degustazione dei vini e di prodotti locali. In questo periodo sono in
commercializzazione il “Navarro 2016”, il NeroViola 2018 e il Rosso
Mancato 2021. Toccare con mano la realtà di una cantina è un’importante
informazione è cultura, storia, è vivere la natura.»
Cosa mi può dire della vestizione delle bottiglie di vino e dei premi ottenuti?
«Per
i vini rossi ossia per Rosso Mancato e NeroViola, utilizziamo tappi
Nomacorc che è un brevetto Green, con materie prime sostenibili,
derivate dalla canna da zucchero.
Per quanto riguarda lo spumante
“Trento DOC” la particolarità non è data dal tappo ma dal piattello
della gabbietta, dove abbiamo inserito pitture che propongono estratti
dei dipinti del noto pittore Kandinskij e nella nuova ed ultima versione
è infisso un disegno di mia figlia, quando era alla scuola materna.
Queste raffigurazioni, arricchiscono la bottiglia che diventa una
visione interessante, dove la bellezza dei colori e delle forme dei
disegni, fanno entrare le persone in un cammino dentro l’arte in
generale.
Per quanto riguarda i premi, pur essendo una realtà
aziendale giovane, ci sono stati assegnati alcuni premi e precisamente:
nel 2023, il Premio Donna “Dalla vigna alla cantina, la donna è
protagonista”, promosso dalle ACLI Trentine e dall’Arcidiocesi di
Trento. In quest’occasione tra le quattro donne premiate c’ero anch’io
con la cantina e i suoi prodotti.
Sempre nel 2023 abbiamo vinto
la medaglia d’oro al concorso Cervim di viticoltura eroica dove siamo
stati premiati per il Navarro Trento DOC.
Nel 2024, il “Premio
Diapason per le bollicine più armoniche d’Italia”, dove il fautore
dell’iniziativa nell’ambito del Vinitaly è stato Tommaso Caporale,
autore della Guida Bollizine, che ha presentato il metodo di ascolto
delle bollicine applicato allo spumante italiano. I premi Diapason sono
stati attribuiti agli spumanti più intonati. I vini sono stati
campionati, versati nel calice e valutati per l’acustica e il rumore
delle bollicine, che sprigionano frequenze sonore, secondo un brevetto
del metodo Caporale.
La procedura prevede che, dopo che il vino è
versato, si ottengono dei risultati che permettono di risalire alla
tipologia dello spumante, alle caratteristiche organolettiche e
sensoriali, e attraverso uno specifico algoritmo si scoprono il suono e
il tono del suono. Un nuovo approccio alternativo all’analisi sensoriale
normalmente usata dagli enologi. Tra le bollicine premiate, con il
Diapason Platium, il “Trento DOC Navarro Extra Brut Riserva 2016” della
nostra azienda.
Nel 2024 altra medaglia d’oro al concorso Cervim sempre per Navarro Trento DOC.»
Come vede il futuro della sua cantina in un settore come quello vinicolo in costante trasformazione?
«Il
settore è in evoluzione, noi nei nostri incontri, cerchiamo di
incuriosire i clienti e in particolare i giovani, per far sì che possano
avvicinarsi al vino in modo naturale.
Negli incontri aziendali in
cantina, cerco di ridurre le spiegazioni prettamente tecniche, dando più
spazio alla storia della cantina, attraverso racconti, storie della
famiglia e altre particolarità dell’essere imprenditrice in un
territorio importante per il settore, cercando di coinvolgere il
turista/cliente in un dialogo piuttosto che in una semplice esposizione
da parte mia.
Noi dobbiamo essere custodi del nostro territorio,
cercando sempre di valorizzarlo nella visione che prima viene il
territorio e poi il vino.
Il mercato oggi è rappresentato da un
numero significativo di cantine, con diverse produzioni di vini di buon
livello, quindi il potenziale cliente si trova davanti ad una
possibilità enorme di scelte. Nostro compito, di piccoli produttori, è
di informare e catturare l’attenzione delle persone cercando di
trasferire loro una particolare emozione.
Il vino è un prodotto che
da voce al territorio, è quindi necessario far conoscere il territorio
per contestualizzare il suo ambasciatore, ossia il vino!
Nel
mio caso specifico l’importanza del vigneto situato al monte, è e
rimane sempre determinante, per coinvolgere le persone che, entrando nel
vigneto luogo unico, incontaminato e suggestivo, possano arricchire e
tenere nelle proprie menti e nel cuore, un ricordo ricco di emozioni,
genuinità e una reale e autentica forma di accoglienza, che si sprigiona
in ogni parte della cantina. Deve rimanere in tutti un ricordo da non
dimenticare, che deve continuamente colpire.
Il mio scopo
nell’intraprendere quest’avventura è sempre stato quello di incutere un
forte interesse sulla filosofia aziendale che si basa: sulla cura della
produzione, sul naturale metodo di coltivazione dei vigneti e sul totale
rispetto della natura nelle sue forme. La nostra realtà deve rimanere
una sorta di nicchia, con una qualità di vini sempre in miglioramento.»
Una
novità in assoluto, questa cantina, dove la capacità e la
determinazione di una donna in azienda, fanno del lavoro quotidiano e
dell’ambiente, una vera forza, stimolo del cuore, che qualifica l’intera
comunità della Piana Rotaliana.
Grazie Nadia per avermi dato la possibilità di conoscere una nuova azienda, giovane e vitale di questa terra trentina.
Buon lavoro e buona vendemmia 2025.
A cura di Maurizio Bornancin
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