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La Ruta de la Lana/ 2 – Di Elena Casagrande

Nella Comunità Valenciana l’Associazione Giacobea di Requena si spende con passione per l’accoglienza dei pellegrini e per lo sviluppo di questo cammino

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Tra i vigneti della Ruta del Vino Utiel-Requena.
(Link alla puntata precedente)

  Uscendo da Buñol rischio di infortunarmi, scivolando su un sentiero dissestato 
Questa mattina, a colazione, ci saluta il pappagallo dell’Hotel Condes, che continua a ripetere «hola» e «buenas». Il titolare, dopo averci preparato la colazione, ci offre della frutta e dell’acqua per la tappa.
«Abbiamo fatto la spesa ieri! Tranquillo» – gli diciamo. Vista la sua ospitalità, gli consigliamo di farsi conoscere dalle associazioni di questo cammino e di pubblicizzare la sua struttura.
Lasciamo Buñol dal parco di San Luis. Una freccia su una rampa indica di salire nel bosco. Il terreno è argilloso e dissestato. Ad un certo punto scivolo e perdo l’equilibrio e Teo, per non lasciarmi precipitare, mi afferra con forza. Avverto uno strappo alla spalla. Le frecce spariscono e noi ci perdiamo in un «barranco» (canyon). Finalmente, in alto, scorgo un muro bianco: è una casa. Seguiamo la stradina che la collega alla viabilità principale e trovo una freccia gialla. Non so come, ma siamo di nuovo sul cammino.
 

Il sentiero dissestato dopo Buñol.
 
  A Siete Aguas mi viene assegnato il numero SIP (tesserino sanitario spagnolo) 
Dopo Buñol il cammino continua in salita, dapprima più pronunciata, poi più dolce, su una pista forestale in costa, dove stanno cavalcando due ragazzi. Siamo nella Sierra di Malacara, in pieno bosco mediterraneo. Dopo lo strappo finale (nella zona del Pico de las Culebras), finalmente inizia la discesa per Siete Aguas. Per entrarci ci serviamo di alcuni tunnel sotto l’autostrada, la nazionale e la ferrovia. Ci fermiamo da David, al camping El Retiro, che ci assegna la «cabaña» (casetta) n. 1. Pare che oggi, in paese, sia di turno la guardia medica. «Bene. Andiamo a far vedere la mia spalla» – dico a Teo. La dottoressa prima mi visita e poi mi fa fare una puntura di Diclofenac dall’infermiera. Riesce perfino ad inserirmi nel sistema sanitario spagnolo.
«Bene, le cure sono pagate» – esclama soddisfatta, guardando il suo notebook. «Ora mi merito un’orzata!» – dico a Teo. «Va bene, siediti qui – mi risponde». Davanti a noi abbiamo la Fuente de los siete Caños (fontana delle 7 cannelle), quella che dà il nome al paese.
 

La fontana di Siete Aguas.
 
  Nella sierra si respira un’aria profumata e la città ormai è lontana 
Quando David mi vede tornare al campeggio col braccio legato al collo, mi fa portare le lenzuola dalla sua collaboratrice, senza chiedere nulla. Grazie a lui potrò dormire senza dover infilarmi nel sacco a pelo. Al calar della sera, come gli altri campeggiatori, ci sediamo in veranda ad osservare gli scoiattoli che si rincorrono su un eucalipto. In paese c’è la processione del Santísimo Cristo del los Afligidos (Cristo degli Afflitti) e le campane suonano a festa. Soffia una brezza dolce, l’aria profuma di resina e lavanda e si sta volentieri all’aperto. Sembra di essere fuori dal mondo. La spalla mi dà noia, ma prenderò una pastiglia. La cosa che mi turba è il consiglio della dottoressa. In questo cammino non dovrò usare il bastone, almeno quello del braccio sinistro. Non so se ce la farò!
 

La nostra cabaña a El Retiro.
 
 A Requena il bosco lascia il posto alla meseta coltivata a vigneto e cantine 
Lasciamo il campeggio alle 6. Il cammino segue una stradina tra i boschi, molto piacevole. Ad un certo punto scende verso l’AVE (l’alta velocità). L’attraversiamo grazie ad un sovrappasso e raggiungiamo El Rebollar, prima tra boschi, poi tra vigneti. Il centro sociale fa servizio bar e ne approfittiamo per un panino. Da qui parte un «drittone» da paura fino all’aerodromo di Requena. Da lontano spunta una struttura in acciaio. «Cos’è quella roba?» – domando a Teo. Non si sa. Proseguiamo per un po’ fino al «barranco» (canyon) del Rio Magro, l’ultimo ostacolo prima della città. È suggestivo, con le sue rocce rosso scuro, ma non finisce più e noi dobbiamo arrivare al Comune o all’Ufficio Turistico prima della chiusura, alle 14. Passiamo, quasi correndo, dalla Finca San Blas e dalla Cantina Emilio Clemente.
 

Lungo il barranco del Rio Magro.
 
 Fernando lascia la nipotina appena nata per venire ad aprirci l’albergo dei pellegrini 
Al Comune ci dirottano all’Oficina de Turismo (Ufficio del Turismo) per sellare (timbrare) le credenziali. L’addetta telefona ad uno dei responsabili dell’Associazione Giacobea di Requena. L’albergo dei pellegrini è nella parte alta della città, nella zona degli antichi macelli. Il responsabile arriva poco dopo. Si chiama Fernando, ci apre la Casa del Pellegrino e ce la mostra. È stata appena inaugurata e siamo tra i primissimi a dormirci. Dice di fare con calma. Lui tornerà più tardi: è appena diventato nonno di una bimba e viene direttamente dall’ospedale. Mi si stringe il cuore. «Noi avremmo fatto lo stesso con due sconosciuti?» - domando a Teo, stupita, ma ancora una volta grata al cammino, per i suoi continui insegnamenti.
 

Con Fernando davanti alla Casa del Peregrino di Requena.
 
  Requena era la quarta città spagnola dedita alla lavorazione della seta 
Dopo una rinfrescata esploriamo la città vecchia, con le chiese di Santa Maria, del Salvador e di San Nicolás e con i suoi palazzi, adornati da stemmi cavallereschi. Come suggerito da Fernando visitiamo la Casa della Seta. Requena, nell’antichità, vantava moltissimi telai (c’è chi dice 600, chi 800 e chi addirittura 900). Lavorava i bozzoli, provenienti da Valencia, dalla Ribera o da Albacete per poi tesserne i filati e trasformarli in stoffe preziose, smerciate non solo in Spagna, ma anche in America. Questo edificio, nel ‘700 e fino alla crisi della bachicoltura, divenne la sede della Corporazione della Seta. Il palazzo, in ogni caso, si conservò nei secoli ed ora funge non solo da museo della seta, ma anche di altre collezioni, disposte in stanze arredate con mobili d’epoca.
 

Nella Casa della Seta.
 
  Sotto la piazza ci sono grotte sotterranee, enormi anfore e persino un pozzo 
Sotto la Plaza de la Vila (Piazza della Città) scopriamo un’altra meraviglia: «las cuevas» (le grotte) della città. Scavate nel tufo, furono costruite dai mussulmani tra il XII ed il XIII secolo e rimasero in uso fino al XVII secolo. Venivano utilizzate come cantine (specie da coloro che non ne possedevano una), ma anche come granaio cittadino, come rifugio in caso di attacchi (grazie anche al pozzo, che garantiva l’acqua) e persino come ossario. Per noi, camminare fra i suoi anfratti e le sue enormi anfore, è come aver fatto un salto nel tempo.
 

Le grotte della Plaza de la Vila.
 
  Oltre al cammino della lana, è segnato anche l’itinerario del vino Utiel-Requena 
Decidiamo di cenare in piazza. Col calar della sera, il cielo, sempre più blu notte, fa spiccare il campanile della Chiesa del Salvatore. I menù suggeriscono «ajoarriero» (un purè con baccalà ed aglio), «morteruelo» (un paté di fegato) ed orecchie di maiale. Le loro ricette erano appese anche nel museo della Casa della Seta. Sono pietanze non proprio estive, ma - a quanto pare - tipiche, per cui le proveremo. Peccato che sono astemia e non posso abbinarle con i vini pregiati della zona. Poco prima, però, ci raggiunge di nuovo Fernando, per darci alcune «dritte» per le prossime tappe. Ad oggi lo sento ancora. Lui è un esempio delle amicizie che nascono in cammino, anche dopo un solo incontro, ma che durano nel tempo.
 

Le specialità culinarie di Requena.
 
 La fiesta di Caudete de las Fuentes ci obbliga a cambiare i nostri piani 
Nella zona di San Antón spicca una ciminiera in mattoni rossi per la produzione dei distillati. Il paesaggio, infatti, è disseminato di cantine e vigneti. In piazza, ad Utiel, la cameriera del bar vede che siamo pellegrini. Ci confida che anche lei, a settembre, farà il Cammino da Roncisavalle a Burgos. Le facciamo gli auguri e ci rimettiamo in marcia. A Caudete de las Fuentes c’è la fiesta (la sagra). Andiamo a cercare alloggio a Las Viñas. Al bancone, «el jefe» (il capo) del locale, quando gli chiedo se ha una stanza per noi, neppure mi guarda. Serve tutti, anche quelli dietro di me, ma io sembro trasparente. Teo ed io ci guardiamo perplessi. «Cosa facciamo?» – gli domando. «L’unica è tornare indietro, ad Utiel». Una coppia, che ha visto la scena, si offre di darci uno strappo e ci lascia proprio davanti alla porta di un hotel. È l’Hostal El Vegano. Sembra ci sia posto. «Alla fine è andata!» – dice Teo.

Elena Casagrande - e.casagrande@ladigetto.it

(La terza puntata de «La Ruta de la Lana» sarà pubblicata mercoledì 1 maggio 2024)

La piazza del Comune di Utiel.

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