Home | Rubriche | I miei cammini | La Ruta de la Lana/ 1 – Di Elena Casagrande

La Ruta de la Lana/ 1 – Di Elena Casagrande

A Santiago di Compostela si arriva anche dalla Ruta de la Lana da Valencia, camminando su antichi tratturi fino a Burgos, dove si incontra il Camino Francés

image

La placca in ceramica del Camino de la Lana di Requena.
 
  Questo cammino storico fu codificato come cammino di Santiago nel 1999 
Alla fine degli anni Novanta del secolo scorso anche la Ruta de la Lana (il Cammino della Lana) fu inserita tra i cammini ufficiali di Santiago de Compostela. Il fondamento storico fu il pellegrinaggio che Francisco Patiño fece a Santiago nel 1624, passando da Cuenca e Burgos, per adempiere ad un voto fatto a San Giacomo.
La sua storia, ancora oggi, è conservata negli Archivi della Cattedrale Compostelana e prova la veridicità dei fatti, che fu «costretto» a far verbalizzare. Infatti, dopo aver terminato il suo cammino il 22 aprile 1624, a Puente Ulla fu colto da una sorta di paresi che gli impedì di alzarsi.
Successe quando, lui e la moglie, decisero di inginocchiarsi davanti ad un capitello di Santiago e della Vergine.
L’immagine di Santiago lo illuminò con una luce accecante, quasi a fermarlo e fu così che capì di dover tornare indietro per rendere la sua testimonianza.


La lapide dedicata a Francisco Patiño a Monteagudo de las Salinas.
 
 La storia di Francisco Patiño, che nel 1624, pellegrinò a Santiago lungo la Ruta de la Lana 
Francisco Patiño nacque a Monteagudo de las Salinas nel 1590. Da giovane si imbarcò, come marinaio, su una nave che compiva la rotta tra Spagna ed Italia.
In una della traversate venne catturato dai turchi. Nei 5 anni di prigionia, trascorsi prima ad Algeri e poi ad Istanbul, Francisco fece voto a San Giacomo che, se fosse stato liberato, si sarebbe recato in pellegrinaggio alla sua tomba.
Venne liberato dai marinai cristiani durante un arrembaggio, quando la sua nave, durante una tempesta, fu obbligata, suo malgrado, a riparare sulle coste maltesi.
Portato in salvo in Sicilia, si trasferì nel ducato di Modena ed infine nei dintorni di Parma, dove si sposò con Maria ed ebbe due figli.
La notte del 24 luglio 1623 la sua casa subì un incendio devastante. Il fuoco si placò solamente quando lui invocò il nome di Santiago, che gli apparve vestito da pellegrino.
Era l’alba del 25 luglio, la festività dell’Apostolo. La coppia uscì viva dalle macerie. I figli no, ma i loro corpicini vennero risparmiati dalle fiamme.
 

I due cammini diventano uno a Monteagudo de las Salinas.
 
  Recenti studi affermano che anche Valencia è un punto di partenza della Ruta de la Lana 
Francisco, 15 giorni dopo l’incendio, decise di tornare a Monteagudo de las Salinas, con la moglie e di adempiere al voto fatto a San Giacomo.
Dal racconto che fece ai canonici di Compostela, sappiamo che passarono da Arles, dove furono derubati, poi da Barcellona e Tarragona, fino all’arrivo a Monteagudo, i primi di dicembre del 1623.
Lì si fermarono, per la neve, sino a marzo del 1624, quando ripresero il cammino. Seguirono un percorso in linea retta tra Cuenca e Burgos, usato da pastori, tosatori e commercianti di lana.
Se inizialmente l’attuale Ruta de la Lana è stata tracciata a partire da Alicante, successivi studi storici condotti dall’Associazione Giacobea di Requena, ne hanno individuato la partenza anche da Valencia, grazie al ritrovamento di un altro diario di viaggio, ancora più antico e risalente al 1456: l’Espill di Pedro Juan de Villuga. Oggi questo tracciato, chiamato Camino de Requena, è considerato una variante della Ruta de la Lana da Alicante.
 

La Puerta del los Apóstoles della cattedrale di Valencia.
 
  Prima di partire non può mancare un veloce saluto alla Cattedrale del Santo Calice 
Teo ed io, avendo già percorso il Cammino del Sureste da Alicante, abbiamo deciso di iniziare il cammino della Lana da Valencia.
Con la variante per Sigüenza, fino a Burgos saranno circa 670 chilometri. Di buon passo ci rechiamo in Cattedrale per un saluto veloce al Santo Graal e alla Puerta de los Apóstoles (la porta degli apostoli) dove, dal Medioevo, si riunisce settimanalmente il Tribunale delle Acque, per risolvere i problemi ull’uso delle acque della città e delle sue campagne.
Siccome, a breve, inizierà la Messa, Teo propone di seguirla come viatico. Inizia in ritardo ed è cantata. Così usciamo tardi dal centro: sono già le 10 passate.
Fuori dalla Porta del Quart facciamo colazione in una tavola calda. Vediamo la paella e siamo tentati. Ma, alla fine, optiamo per «tostadas de jamón y tomate» (pane tostato con pomodoro e prosciutto) con una spremuta d’arancia.
Era quello che ci voleva. Ieri, dopo l’arrivo da Barcellona, siamo andati a letto senza cena.
 

Le paella della nostra tavola calda.
 
  A Valencia la città antica e quella moderna convivono ancora con orti ed aranceti 
L’uscita dalla città segue il sentiero del parco fluviale del Turia. All’inizio della periferia si inselvatichisce un po’, tra nuovi quartieri, da un lato e campagne ed orti, dall’altro. Alla fine usciamo dal parco e, da Quart de Poblet a Manises, facciamo strada. La cittadina, che è oramai un tutt’uno con Valencia, ci accoglie, all’ingresso, con un’antica fabbrica di ceramica rotonda.
Al parco anche gli stemmi cittadini sono in ceramica colorata. Manises sembra una città a misura d’uomo, nonostante l’aeroporto.
Il cammino, più avanti, passa proprio vicinissimo alle piste. Io mi fermo a guardare, a testa in su, la pancia degli aerei che decollano a pochi metri da noi.
Siamo diretti a Loriguilla, dove terminerà la prima tappa. Purtroppo la signora del negozio che affittava le stanze ai pellegrini, non fa più il servizio e qui non c’è nulla.
Non ci resta che timbrare la credenziale alla polizia locale. Nello stemma del Comune ci sono 5 conchiglie di Santiago.
Per noi sono un bel segnale: andrà tutto bene.
 

I campi di barbatelle lungo il cammino.
 
  Già dalla prima tappa non mancano gli imprevisti logistici del cammino 
L’unica è tornare a Manises, che brulica di hotel. Ceniamo in un Tryp ed alloggiamo in un Ibis, come dei viaggiatori qualsiasi, in attesa di prendere un volo.
Dormiamo più del dovuto ed i propositi di partire all’alba si infrangono. Fino a Loriguilla rifacciamo il cammino di ieri. Mi impressionano i campi di barbatelle. È nuvoloso e si suda molto. La situazione peggiora col sole.
«Qua dietro c’è il circuito di Chiva» – mi dice Teo.
Un signore sta raccogliendo delle carrube e ce ne regala un paio.
«Fra un mesetto farò anch’io il Cammino, ma partendo da Sarria» – esclama sorridendo.
Attraversati due «barrancos» (canyon) e la ferrovia della Renfe, in 5 km siamo a Cheste.
All’arrivo ci sgoliamo due orzate giganti. Per il pernotto abbiamo la stanza all’Hotel Ristorante Sol, non lontano dalla Chiesa di San Luca. Sulla facciata troneggia anche un Santiago a cavallo.
 

Il Santiago Matamoros sulla facciata della chiesa di Cheste.
 
  La cittadina di Chiva è famosa per il circuito del MotoGP e per il torero Enrique Ponce 
Partiamo presto. All’hotel ci hanno trattato molto bene, anche per la cena e per la colazione.
Vicino alla rotatoria per Chiva un signore, vedendoci coi bastoncini da trekking, ci avvisa che non troveremo neve. Lo ringrazio. «Sempre la solita battuta» – commento con Teo. Poco dopo siamo a Chiva.
Qui è nato il famoso torero Enrique Ponce. È un mio coetaneo, ma vanta già una statua in piazza ed il bar di fronte è pieno di suoi ricordi, dal «traje de luces» (vestito da torero), alle sue fotografie, alle teste dei tori «lidiados» (abbattuti) durante le sue corride. Purtroppo troviamo l’Hostal El Canario solo all’uscita, nella parte alta della città.
Una piastrella smaltata indica il locale come punto di accoglienza per pellegrini. Il proprietario ci timbra le credenziali con un sorriso e ci chiede come sta andando.
«Sarebbe stato bello alloggiare qui» – dico e Teo conferma.
 

Il traje de luces di Enrique Ponce.
 
 A Buñol enormi cartelloni colorati segnalano che manca poco alla «Tomatina» 
Attraversata la nazionale, prendiamo un sentiero con una vegetazione spontanea aromatica e profumata.
Costeggiamo prima l’autostrada e poi l’alta velocità, che attraversiamo con dei sottopassi, fino alla zona industriale di Buñol.
El LLano è molto ordinato, con prati rasati all’inglese e siepi potate ad arte.
Prendiamo fiato, prima di entrare nel mitico paese della «Tomatina». Qui sono già tutti pronti per la battaglia dei pomodori, che si terrà fra un paio di settimane.
Al Comune ci dicono che il Cammino è recente (all’epoca era il 2016) e che non ci sono strutture per noi. Con una bella granita di «orchata» (orzata) da asporto visitiamo il Castello.
Alloggiamo in un Hotel, che per fortuna troviamo sulla strada. A cena ci gustiamo un «arroz melgoso» (un riso brodoso). Dato che siamo nella Comunità Valenciana ne approfittiamo.

Elena Casagrande - e.casagrande@ladigetto.it

(La seconda puntata de «La Ruta de la Lana» sarà pubblicata mercoledì 24 aprile 2024)

Nel castello di Buñol.

Condividi con: Post on Facebook Facebook Twitter Twitter

Subscribe to comments feed Commenti (0 inviato)

totale: | visualizzati:

Invia il tuo commento comment

Inserisci il codice che vedi sull' immagine:

  • Invia ad un amico Invia ad un amico
  • print Versione stampabile
  • Plain text Versione solo testo

Pensieri, parole, arte

di Daniela Larentis

Parliamone

di Nadia Clementi

Musica e spettacoli

di Sandra Matuella

Psiche e dintorni

di Giuseppe Maiolo

Da una foto una storia

di Maurizio Panizza

Letteratura di genere

di Luciana Grillo

Scenari

di Daniele Bornancin

Dialetto e Tradizione

di Cornelio Galas

Orto e giardino

di Davide Brugna

Gourmet

di Giuseppe Casagrande

Cartoline

di Bruno Lucchi

L'Autonomia ieri e oggi

di Mauro Marcantoni

I miei cammini

di Elena Casagrande