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A 80 anni dall’8 settembre 1943. Quarta e ultima parte: Salò

Hitler si prende il Trentino, l’Alto Adige e il Bellunese e istituisce la Repubblica Sociale di Salò, guidata dal Duce

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(Puntata Precedente)

Come abbiamo visto, Hitler si attendeva il tradimento dell’Italia e aveva preso le misure necessarie, facendo scivolare delle divisioni corazzate dal Brennero in anticipo, con il pretesto di difendere l’Italia dagli alleati sbarcati in Sicilia. Le comandava Rommel.
Ma quando il Duce fu deposto, andò lo stesso in bestia con i «traditori» del Gran Consiglio e soprattutto con il Re d’Italia.
«Se gli Alleati non fossero così imbranati, avrebbero potuto cogliere l’occasione e invadere l’Italia senza colpo ferire e da lì sferrare un attacco mortale al Reich.»
Ci si perdoni quell’«imbranati», che è una libera traduzione logica di quello che intendeva dire il Führer.
Josef Goebbels scrisse nel suo diario «l’Italia non può tradire per la seconda la Germania in un quarto di secolo, senza passare alla storia come del tutto inaffidabile».
In realtà, Goebbels aveva dato sfogo alle emozioni, ma non alla verità storica. Dopo l’attentato di Serajevo l’Austria avviò una guerra di aggressione e non di difesa, quando la Triplice alleanza prevedeva il soccorso solo in caso di attacco a uno dei membri.
E, quanto alla Seconda guerra mondiale, la Germania aveva attaccato la Polonia – facendo entrare in guerra Francia e Inghilterra – senza consultarsi con l’alleato italiano del Patto d’Acciaio, come era previsto dal patto stesso.
 


Come abbiamo scritto nella prima puntata, Hitler ordinò la liberazione del Duce e la cattura della famiglia Reale, in particolare l’erede al trono perché secondo lui Vittorio Emanuele III avrebbe abdicato di lì a poco. Non fece cenno a Badoglio, che per lui non contava nulla.
Quando riuscì a portare Mussolini (e la sua famiglia) a Monaco di Baviera, dettò la linea di condotta all’ex Duce.
Anzitutto Mussolini doveva tornare a essere il Duce degli italiani, non più del Regno d’Italia ma della Repubblica Sociale Italiana (che poi divenne popolare come Repubblica di Salò).
Il 10 settembre incamerò al Reich l’Alto Adige, il Trentino e il Bellunese (l’Alpenvorland) e annunciò che alla fine della guerra si sarebbe preso anche Veneto e Lombardia. Il Lombardo Veneto…
Incaricò Mussolini a formare un governo, che bene o male avrebbe obbedito ai tedeschi.
Infine ordinò a Mussolini di punire i traditori che avevano votato la sfiducia al Gran Consiglio, compreso il genero.
 

Rudolf Rahn.

Mussolini avrebbe volentieri fatto a meno dell’incarico, ma dovette accettare e si propose anche di mitigare la violenza tedesca sugli italiani. Era un italiano convinto e credeva nell’italianità, la sua creatura. Non aveva paura di morire e non voleva scappare né in Svizzera né in Spagna. Alla fine ci provò, ma era stato abbandonato da tutti, tedeschi compresi.
Il Duce non riuscirà a fare molto di sua iniziativa nella Repubblica sociale. Sarà un burattino nelle mani del Führer.
I tedeschi avrebbero voluto Farinacci alla guida del Partito Fascista Repubblicano, perché era da sempre stato filo tedesco e antisemita. Ma dopo aver scambiato quattro parole con lui, capirono che non andava bene per evidente incapacità, e accettarono l’idea di Mussolini di nominare Pavolini, che si insediò a Maderno, sempre sul Garda.
Era il 17 settembre 1943. Non aveva perso tempo.
 

Mussolini e Pavolini.
 
Di seguito il governo e l’ubicazione dei ministeri.
Salò fu la sede dei ministeri degli Esteri e della Cultura Popolare.
Fu nominato Ministro dell’Interno Buffarini Guidi. Fu insediato a Maderno insieme a Pavolini.
Il ministro degli esteri fu nominato come segretario Serafino Mazzolini, perché il ministro era Mussolini
Il ministero dell’Economia e Finanze era Giampiero Domenico Pellegrini, con sede a Verona.
L’Educazione nazionale aveva sede a Padova, il ministro era Carlo Alberto Biggini, che tolse le cattedre ai docenti scelti in quanto fascisti.
I Lavori pubblici trovarono sede a Venezia col ministro Ruggero Romano.
Il Ministro di Grazia a Giustizia, l’avvocato Piero Pisenti, aveva sede a Brescia.
Il Ministero della Difesa fu distribuito in vari sedi a Milano. Il Ministro fu Rodolfo Graziani.
Ministro del Lavoro fu nominato l’operaio Giuseppe Spinelli.
 

 
Il Governo era dunque sparpagliano nel Nord Est del Paese, cioè la parte più vicina alla Germania. Gli alleati sarebbero dovuti passare di lì per arrivare in Germania.
L’attività di governo fu gestita sostanzialmente da due tedeschi, Albert Kesselring e Rudolf Rahn. Hitler esercitò il suo potere tramite loro.
Per qualche ragione che non conosciamo, solo il Principe Borghese e la Decima Mas ebbero libertà di movimento. Borghese riusciva a imporsi sui tedeschi.
Mussolini invece ebbe poca libertà di movimento. Era diventato un fantoccio e lui stesso ammise di essere del tutto inutile.
Iniziò allora il periodo più brutto della storia d’Italia, la Guerra Civile.
Durò più di 18 mesi, dall’8 settembre al 2 maggio 1945. Costò la vita a 40.000 tra partigiani e soldati italiani, a 50.000 fra tedeschi e fascisti e a 10.000 civili, tra scontri, bombardamenti e rappresaglie.
 
Qui finisce la nostra storia legata a quel maledetto 8 settembre 1943.
Ne parleremo ancora, ma solo in relazione allo scadere di 80 anni di ogni singolo episodio che insanguinò l’Italia in quell’orribile periodo.

Guido de Mozzi – g.demozzi@ladigetto.it

(Fine)
 
 Che fine hanno fatto  
Albert Kesselring era nato nel 1885. Dopo aver combattuto nella Grande guerra, ricoprì incarichi importanti nella Seconda guerra, fino ad assumere nel 1943 il comando supremo di tutte le forze tedesche in Italia.
Si arrese agli Americani il 6 maggio 1945.
Fu processato a Mestre nel 1947 da un tribunale inglese con l’imputazione di aver fatto uccidere 335 italiani per rappresaglia.
Fu condannato a morte. La pena gli venne poi commutata in ergastolo. Nel 1948 la pena venne ridotta a 21 anni di carcere.
Infine, nel 1952 fu scarcerato.
Dopo il suo rientro in Germania dichiarò che gli italiani potevano essergli grati per aver salvato le città d’arte dalla distruzione come aveva ordinato Hitler.
Morì a Bad Nauheim, dove era da qualche tempo ricoverato in un sanatorio, il 16 luglio 1960 a causa di un attacco cardiaco, senza mai rinnegare il suo operato durante la guerra, né la sua incondizionata lealtà a Hitler.
 
Rudolf Rahn era nato a Ulm il 16 marzo 1900.
È stato un diplomatico tedesco. Prestò servizio durante la Repubblica di Weimar e il Regime nazista.
Fu plenipotenziario del Reich e ambasciatore presso il governo della Repubblica Sociale Italiana.
Nei primi giorni di maggio del 1945 fu catturato dagli Alleati in Alto Adige come conseguenza dell'operazione Greenup.
Rahn comparve come testimone al processo di Norimberga e nell'immediato dopoguerra subì un processo di denazificazione.
Morì nel 1975. È autore del libro di memorie Ambasciatore di Hitler a Vichy e a Salò, pubblicato nel 1950.
 
Rodolfo Graziani era nato a Flettino, provincia di Frosinone, nel 1882.
Dopo l’adesione al fascismo ebbe una singolare carriera militare.
Partecipò alla conquista dell’Etiopia come comandante delle forze italiane a Mogadiscio, usando i gas.
Nominato governatore della Libia, fu autore di stragi inutili e quando scoppiò la guerra subì la più grande disfatta mai avuta dall’Esercito italiano, sconfitto dagli inglesi che avevano una forza pari a un terzo della sua.
Rimosso da Mussolini, ricomparve nella Repubblica Sociale, dove ricoprì il Ministero della Difesa, praticamente senza uomini.
Alla fine della guerra, non fu mai processato per i crimini commessi fuori dall’Italia e il governo non approvò mai l’estradizione chiesta dall’Etiopia.
Invece fu condannato a 19 anni di carcere per collaborazionismo. Dopo quattro mesi fu scarcerato.
Aderì al Movimento Sociale, del quale divenne presidente onorario.
Morì a Roma l’11 gennaio 1955.

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