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Storie di donne, letteratura di genere/ 332 – Di Luciana Grillo

Maria Grazia Ciani, «Le porte del mito» – L'autrice ricorda come« tutto e niente può succedere nell'universo del mito»

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Titolo: Le porte del mito. Il mondo greco come un romanzo
Autrice: Maria Grazia Ciani
 
Editore: Marsilio 2020
Genere: Letteratura antica e classica
 
Pagine: 128, Rilegato
Prezzo di copertina: € 15
 
Questo piccolo saggio è un concentrato prezioso di pensieri, osservazioni e riflessioni sul mito classico, che tutti conosciamo, ma che abbiamo desiderio di approfondire, per allontanarci forse da storie che hanno il sapore dell’infanzia – come il cavallo di Troia o il viaggio avventuroso di Ulisse – o per scoprirne significati nascosti, o per vedere i grandi protagonisti in una luce diversa.
È questo che fa Maria Grazia Ciani, che dedica il suo libretto «a quanti hanno voluto coltivare, nel corso del tempo, l’amore per la Grecia antica» e per la lingua che l’imperatore Adriano, secondo Marguerite Yourcenar «ha amato… per la sua flessibilità di corpo allenato, la ricchezza del vocabolario… quasi tutto quel che gli uomini han detto di meglio è stato detto in greco».
 
Dopo Yourcenar, Ciani apre un lungo elenco di autori, da Sant’Agostino a Ugo Foscolo, da Virginia Woolf a Sandor Marai a Laura Laurenzi a Simone Weil che hanno amato il greco, «lingua acuta, innovatrice, laica con il senso del sacro, ironica, amara, esultante, fiera, ribelle», pur riconoscendo la difficoltà della traduzione causata da «verbi insidiosamente polivalenti…».
La lingua dell’Iliade è la lingua che si userà per scrivere liriche e tragedie, saggi e commedie, lingua che fatalmente cambierà, si adeguerà a tempi diversi: alcune parole esprimono sentimenti, colori, morte e vita e il cambiamento comporterà un’ambiguità irrisolta.
 
All’Iliade Ciani dedica pagine intense, sostiene che la guerra tra Greci e Troiani – che romanticamente si pensava potesse essere scoppiata a causa di una donna bellissima – è in realtà «lo scontro epocale tra Oriente e Occidente... per ragioni economico-politiche, per timore e invidia di una città ricca e potente come Troia, per la minaccia di un barbaro altrove che incombe su una Grecia ancora inquieta e fortemente divisa».
E sottolinea che non ci vengono risparmiati scontri di inaudita violenza, mentre piccoli episodi, come l’incontro carico di tenerezza di Ettore e Andromaca, servono soltanto a distrarre lettrici e lettori dal campo di battaglia, dalla guerra vista come «istinto primario e ineludibile dell’uomo… messaggio omerico predominante».
 
Quando scrive dell’Odissea, Ciani aggiunge che «il ricordo dell’Iliade percorre e pervade l’Odissea… strettamente legate dalla memoria indelebile di un passato che ha segnato la storia e sconvolto l’esistenza dei suoi protagonisti».
Secondo Ciani, «i primi libri dell’Odissea… hanno lo scopo di esaltare la figura di Odisseo» innalzato «al livello degli eroi più celebrati – Achille, Patroclo...».
Proprio ad Achille Odisseo, quando lo incontrerà nel regno dei morti, manifesterà grande ammirazione e forse anche un po’ di invidia per una vita tanto breve quanto gloriosa.
 
E dal V libro in poi, Odisseo deporrà gli abiti del guerriero astuto per perseguire un unico scopo, tornare a Itaca, ma Omero interrompe in qualche modo il sogno per farlo approdare presso i Feaci, ai quali racconterà storie mai udite prima e dove incontrerà Nausicaa.
Noi lo sappiamo, poi tornerà a Itaca, la troverà invasa dai Proci, «ma Tiresia aggiunge una postilla…: Ma quando, nella tua casa, avrai ucciso i Pretendenti,/prendi allora il remo e rimettiti in viaggio…».
E di questo secondo viaggio [citare Dante è pleonastico - NdR], Ciani trova indicazioni nella Epitome di Apollonio Rodio e nei Miti di Igino: Odisseo avrebbe avuto altri due figli, Telegono da Circe e Leontofono dalla figlia del re Toante.
Anche relativamente al nome, Ciani riporta la decisione del nonno Autolico che decide: «mettetegli il nome che dico: poiché io odio e sono odiato da molti, sia il suo nome Odisseo».
 
Questo spiega la duplicità di Uisse nel ricordo dei posteri: eroe astuto e vincente o, come scrive Filostrato, «abilissimo nel parlare, era un dissimulatore, amava l’invidia e lodava la malignità, era sempre triste e soprappensiero, in guerra appariva più coraggioso di quanto non fosse in realtà».
Mi affascina tanto la lettura di questo testo che andrei avanti a proporre piccoli brani o a riflettere su persone e storie, per esempio su Nausicaa «sopraffatta dai personaggi emergenti di Calipso e Circe, dall’incombente presenza assente di Penelope, Nausicaa è una giovanissima e innocente figlia di famiglia, senza prevenzioni, priva di timori, gioca con le ancelle e non trema di fronte al naufrago…» semplice e ingenua come potrebbe essere (forse) un’adolescente dei nostri giorni.
 
O su Arianna, il cui viso è inciso da Efesto sullo scudo di Achille…
O su Antigone, che «rappresenta la cultura dell’oikos… il suo perno è la famiglia – una famiglia in cui i legami orizzontali, fratelli e sorelle, sono più forti di quelli verticali…».
O su Medea «che trionfa sul mortale Giasone secondo una logica incomprensibile».
Prima di concludere con qualche parola legata al concetto di morte, Ciani attualizza così tanto il problema corpo-medicina-salute da scrivere: «È la malattia comune, incurabile, mortale, che coglie di sorpresa come le frecce lanciate da Apollo nel campo acheo all’inizio dell’Iliade: peste, spagnola, Ebola, Sars, coronavirus».
Mai collegamento più opportuno tra passato e presente!
 
Quanto alla morte, conosciamo la bella morte di Achille «l’invincibile, il fortissimo, emblema ideale del ceto aristocratico, potente per definizione e per vocazione manifesta», ripresa dai francesi, da Vernant a Loraux, eccetera.
Ma per Achille, a cui Ulisse aveva reso omaggio, la morte non è bella, «egli non regna su nessuno, i morti sono tutti uguali, tutti nelle stesse tenebre». La morte va accettata, senza se e senza ma.
Euridice è il personaggio a cui l’autrice dedica le ultime pagine, sposa e musa di Orfeo che la vede morire e fa di tutto per farla ri-vivere.
 
Di loro hanno parlato Brodskij e Rilke, Buzzati su una lotta impossibile tra vita e morte costruisce «il primo e più famoso fumetto d’autore» e Magris rivisita il mito e crea una Euridice «malata, infetta, inguaribile», che nasconde il «segreto dell’altrove proibito».
Soltanto Ovidio riuscirà a dare leggerezza alla storia, e in tempi molto vicini a noi, Tolkien: «Tutto e niente può succedere nell’universo del mito».
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)

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