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Storie di donne, letteratura di genere/ 346 – Di Luciana Grillo

Serenella Antoniazzi, Un tempo piccolo – Continuare a essere famiglia con l’Alzheimer precoce – Serenella ha dato voce a chi non sempre riesce a farsi ascoltare

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Titolo: Un tempo piccolo. Continuare a essere famiglia
            con l'Alzheimer precoce

 
Autrice: Serenella Antoniazzi
Editore: Gemma Edizioni 2020
 
Pagine: 176, illustrato, Brossura
Prezzo di copertina: € 15
 
Serenella Antoniazzi è stata altre volte recensita in questa rubrica: ha cominciato a scrivere raccontando se stessa, la sua vita, le vicende della sua azienda; poi si è cimentata nel racconto, in seguito con un romanzo che riportava una storia vera di dedizione e buoni sentimenti.
Ora ci sorprende con un’altra pubblicazione che la conferma raccontatrice attenta e sensibile di storie che coinvolgono, appassionano, fanno riflettere.
 
È il caso di «Un tempo piccolo», la storia di Michela e Paolo, giovani e coraggiosi, che si sposano, mettono al mondo due figli, lavorano duramente, progettano un futuro sereno, insieme.
Invece una malattia crudele e imprevedibile come l’Alzheimer sconvolge le loro esistenze: da un lato troviamo la consapevolezza di Paolo, che si aggrappa alla vita, ai ricordi, agli affetti attraverso le parole di Michela, dall’altro il coraggio di questa donna giovane che si sforza di occuparsi di ogni cosa, dall’educazione dei figli alla sistemazione della casa – persino di un trasloco, – dalle cure di cui Paolo ha assoluta necessità al lavoro che comunque è indispensabile.
 
«Il mio ruolo di moglie – confessa Michela – è cambiato: non sono più una complice, un’amante, una sposa, sono un porto sicuro dove attraccare giorno e notte.»
E quando guarda il suo Paolo, così giovane e così provato dalla malattia, non può non ricordare con infinita tenerezza le sue spalle larghe, il suo sorriso, «quella sottile vena di umorismo, che ti rendeva così speciale…», né può accettare passivamente il fatto che la loro storia ventennale, «il primo bacio, la casa nuova, il nostro cagnolino, i nostri bambini, erano già spariti dalla tua mente».
 
Serenella ripercorre tutta la storia, le perdite di memoria di Paolo, il suo iniziale declino cognitivo, le visite mediche e gli accertamenti, i ricoveri in ospedale e il tentativo di inserire Paolo fra pazienti che rientravano in un programma di studio farmacologico sperimentale… troppo giovane per essere incluso, aveva solo quarantasette anni!
E la solitudine di Michela, il dolore, la ribellione: «Dio, dove sei? Guardaci, come puoi farci questo? Come puoi permettere che io e i miei figli viviamo tutto questo?»
 
Michela a volte si improvvisa «educatrice fai da te… d’inverno è più difficile muoversi all’aperto e allora tiro fuori i vecchi pennelli e le tele dal garage e mi trasformo in arte terapista e provo a stimolare la tua creatività. Altre volte tento di essere musicoterapista cercando di evocare attraverso la musica ricordi, emozioni e sensazioni che lentamente stanno svanendo», a volte confida alla dottoressa il suo sdegno per una insopportabile «indifferenza politica e sociale. Di questo incredibile stagno fatto di melma e burocrazia, dove è impossibile nuotare nel fango fatto di uffici e incompetenze. Non vogliamo mutuo assistenzialismo ma servizi che mi permettano di andare a lavorare…».
 
Non solo dolore e fatica, ma anche denuncia, senso di abbandono, di incuria, di superficialità: questo e tanto altro scrive Serenella, anche le parole tenere di Paolo che comprende, si sente impotente e conforta la sua Michela: «Abbiamo due buoni motivi per lottare insieme e si chiamano Mattia e Andrea…Perdonami per non essere stato l’uomo che avresti voluto accanto…».
A questo punto, non serve aggiungere altro. Sono grata a Serenella che ha dato voce a chi non sempre riesce a farsi ascoltare e… aspetto il suo prossimo scritto.

Luciana Grillo - l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)

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