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Storie di donne, letteratura di genere/ 399 – Di Luciana Grillo

Federica Manzon, «Il bosco del confine» – La storia di una donna cresciuta in una terra di confine, educata a uno spirito pacifista del padre di origini slave

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Titolo: Il bosco del confine
Autrice: Federica Manzon
 
Editore: Aboca Edizioni, 2020
Collana: Il bosco degli scrittori
 
Pagine: 173, Brossura
Prezzo di copertina: € 14
 
Questa storia attraversa un periodo ancora vicino a noi, carico di problemi, di difficoltà, di lotte, che forse neanche abbiamo capito… eppure confiniamo con questo Paese!
Siamo in una terra di confine dove, dopo la morte del Maresciallo Tito, che era riuscito a mantenere uniti popolazioni e paesi diversi fra loro, si sono scatenate lotte fratricide, in nome di indipendenza e libertà.
La storia inizia nel 1979, in un bosco che la protagonista – Schatzi – e suo padre stanno attraversando, fermi nell’idea che un albero non ritrae i rami per non sconfinare in terra straniera.
 
«Eppure, proprio lì, vedono uomini armati che, da lontano, sembrano coleotteri in fila. Il padre è un pacifista convinto, dice che i «confini sono una sciocchezza… sai cos’è un confine? Un confine non è niente, è un bordo, è un punto in cui si incontrano due tessuti… Tu dimmi, vedi qualche differenza tra noi e quelli di là? C’è bisogno di tutte queste sceneggiate e dei fucili a tracolla?».
Il di là è in realtà il paese oltre il confine, un paese in cui si dice che vivano uomini crudeli armati fino ai denti, pronti a sconfinare per impadronirsi della città di mare dove vive la protagonista, che frequentava una scuola dove si imparava la lingua di quelli di là.
 
Nel 1984 – seconda tappa di questa storia – alla protagonista che compie sedici anni il padre offre l’occasione di andare a vedere le Olimpiadi invernali di Sarajevo, in uno strano inverno senza neve, ospiti dell’amico Stefan e di suo nipote Luka che la guida alla scoperta della città, gironzolando tra strade e boschi, parlando di campioni olimpici, dell’amico Dragan e di Tito, quel maresciallo di cui suo padre sa tante cose e che Luka definisce megalomane e dittatore.
Dopo, Schatzi si convincerà che «Luka sia stato una specie di acceleratore di intimità tra me e la città» e che abbia favorito «il bisogno di appartenere a un luogo».
 
Intanto, a Sarajevo si attende la neve. Arriva come per miracolo, «tutti iniziano a abbracciarsi e ridere. Anche noi balziamo in piedi dal nostro gradino. Luka mi solleva in aria e insieme teniamo il viso rivolto al cielo per farci ricoprire da tutti i fiocchi possibili».
L’incontro con Dragan è difficile, hanno diciassette anni, le loro vite stanno prendendo percorsi diversi, «con leggerezza cadono parole come colpi di mortaio e ora bisogna fare i conti con le schegge volate in aria, sospese tra i due che si guardano senza più ridere».
 
Dragan forse ha capito prima di Luka che si avvicinano tempi di guerra… Schatzi sa che «passiamo la vita a attraversare contingenze memorabili, sfioriamo con le spalle la Storia, e quasi sempre tiriamo dritti senza accorgerci di nulla».
La sera prima della partenza, Schatzi e Luka si avventurano in un fuoripista notturno e solo all’arrivo in città, sentono di essere forti, «senza bisogno di lasciapassare, senza paura dei ponti da attraversare, tra candele e risate».
E per la prima volta, Schatzi si sente a casa.
 
Terza tappa, 1993, lettere tra Luka e Schatzi, anzi lettere di Schatzi, perché Luka scrive e non spedisce.
Racconti di attaccamento a Sarajevo, di convogli che non partono, di fame… «siamo tutti pelle e ossa. Non so quanto riusciremo ad andare avanti… moriamo facendo la coda per l’acqua… Grazie che mi scrivi, pare che solo gli amici immaginari si preoccupino di noi».
E poi scrive di Dragan, dei pacchi della Caritas con cibo, dei pochi amici. E piange.
 
Quarta e ultima tappa, corre l’anno 2015 e Schatzi ritorna a Sarajevo, così diversa da come la ricordava, piena di turisti, e sul pulmino turistico fa il War Tour, rivede la pista da bob e il monte Trebevic, cerca di raggiungere il bosco, ma non può, si trova a Sarajevo est, in territorio della Republika Srpska.
Qui ritrova Dragan, qui dove tutto è diviso per etnie, qui dove ormai si è abituati a tutto, dove facebook è l’unica possibilità per sapere se si è vivi o morti.

Luciana Grillo - l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)


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