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Storie di donne, letteratura di genere/ 400 – Di Luciana Grillo

Christine de Mazières, «Tre giorni a Berlino» – Pagine ben scritte (e ben tradotte) che offrono tanti spunti di riflessione a chi nel 1989 non era ancora nato

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Titolo: Tre giorni a Berlino
Autrice: Christine De Mazières
 
Traduttore: Fabrizio Di Majo
Editore: Edizioni Clichy, 2021

Pagine: 179, Brossura
Prezzo di copertina: € 17
 
È davvero interessante quest’opera prima di Christine de Mazières, che riesce a dar voce a gente comune che viveva o si trovava a Berlino nei giorni tra l’8 e il 10 novembre 1989.
Si entra subito in medias res: un funzionario del Partito al giornalista che gli chiede «A partire da quando?» risponde «come fosse una cosa ovvia, ab sofort, da subito. E aggiunge, con finta sicurezza, unverzuglich, immediatamente».
 
Da questo momento, ogni minuto diventa Storia, entrano in campo le persone che hanno tentato la fuga all’Ovest come Micha, o che stanno arrivando a Berlino Ovest – ricca immagine di un occidente progredito – come Anna «innamorata della Germania», o come Lorenz, che ha conosciuto Anna a Parigi e le ha spiegato senza incertezze: «Noi berlinesi sappiamo bene che non siamo un vero paese. Facciamo finta, ma siamo pur sempre un paese occupato… Io mi sento berlinese, europeo e cittadino del mondo… Ma il muro, quello lo vedo dalla mia finestra».
 
Anche Lorenz viveva all’est, prima di fuggire all’ovest con la mamma Erika, lasciando il padre che chiedeva troppe informazioni sulla mamma e poi le passava alla Stasi.
E diventa un cineasta di spessore che con la telecamera inquadra visi mani braccia sorrisi di persone che per la prima volta sentono sulla loro pelle un senso di libertà: «Non ci sono più nemici, soltanto fratelli. Il popolo tedesco si ritrova in questo preciso istante. L’accoglienza fa a meno delle parole».
 
Cassiel è la voce narrante, che descrive i «piccoli gruppi… affluiscono da tutte le direzioni verso il posto di confine di Bornholmer Strasse, curiosi ma un po’ timorosi… hanno voglia di vedere se si può fare un giro dall’altra parte… qui, ai piedi del muro, la vecchia paura li riprende… ma non si fermano più, si sentono spinti da un desiderio troppo forte… Una selva di mani alzate. Non pugni chiusi per la rabbia o la menzogna… mani aperte, mani offerte… che si alzano per afferrare il vento di libertà che soffia questa notte» e che ci riporta a quel «Cielo sopra Berlino» di Wenders, al suo angelo delle lacrime.
 
L’autrice scompone il mondo monolitico della DDR: chi ha la tessera del partito, vuole comunque andare oltre il Muro; chi lavora al posto di frontiera, come Uwe Karsten, che è arrivato a Berlino da un piccolo villaggio di trecento abitanti, e sa che «la disciplina è molto rigida… uno scherzo e finisci dentro» e conosce la durezza del capo, il tenente colonnello Becker, «improvvisamente, si trova davanti a una situazione imprevista»; chi, come il portavoce dell’ufficio politico del Partito, Gunther Schabowski che, davanti alle domande dei giornalisti «farfuglia, confuso… gli si corruga la fronte… si gratta un istante la testa… Mantengo la calma… Ma i giornalisti sono in agitazione. Li conosco, non mi daranno tregua… quando? Ma io che ne so… Ho la sensazione di essere finito in un banco di sabbie mobili e di sprofondarci dentro… da subito, immediatamente».
 
Intanto Anna va rivedere il film di Wenders, «raggi di luce filtrano dalla porta semiaperta del cinema. Assaporo l’istante. Mi prende una meravigliosa malinconia, la malinconia che provo ogni volta che vengo a Berlino, che mi fa venire le lacrime agli occhi e contemporaneamente il sorriso sulle labbra, una vaga nostalgia mista al presentimento che qualcosa sta per accadere».
 
Cosa aggiungere, se non che queste pagine sono così ben scritte (e tradotte) e offrono così tanti spunti di riflessione, che meriterebbero di essere lette analizzate e discusse nelle classi frequentate oggi da ragazzi che nel 1989 non erano ancora nati?
Io ero a Berlino, nel novembre 1989.
Ho ripercorso con de Mazières le strade e le piazze, il Ku’damm e l’Unter den Linden, Kreuzberg e Alexanderplatz, ho sentito di nuovo le voci festose, ho rivisto gli occhi incantati di chi pensava di vivere in un sogno, ho dato nomi ai volti ed ho chiuso il libro con la sensazione di avere, come Anna, attraversato la Storia.

Luciana Grillo - l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)


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