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Storie di donne, letteratura di genere/ 440 – Di Luciana Grillo

Bianca Agarinis Magrini, «Cime tempestose. Alpinismo al femminile e storie d’amore» – Un lavoro che narra i dolori e le gioie di donne che anticiparono tempi e mode

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Titolo: Cime tempestose.
            Alpinismo al femminile e storie d'amore
 
Autrice: Bianca Agarinis Magrini
Editore: Gaspari, 2022
 
Pagine: 190 illustrato, Brossura
Prezzo di copertina: € 18
 
«Cime tempestose» fa pensare subito al romanzo ben noto di Emily Bronte che lo pubblicò con uno pseudonimo maschile per essere accettata dai potenziali lettori e lettrici.
Ne è passata di acqua sotto i ponti… le donne oggi possono scrivere, pubblicare e scalare tutte le montagne.
Meno scontata l’esperienza di Annina Grassi, unica donna iscritta alla società Alpina Friulana, che insieme alle sorelle aveva scalato il monte Canin nel 1877, compiendo per quei tempi un’impresa eccezionale.
 
Bianca Agarinis Magrini non si ferma alla storia di Annina alpinista, ma racconta le vicende dolci e tristi della sua vita, e poi si ferma sulla biografia di Aurelia Magrini, figlia di Arturo, amore impossibile di Annina, e sulla cronaca erudita che Arturo Magrini dedica a Maddalena Marcolini.
L’autrice ha raccolto informazioni precise in merito ad Annina da zia Teresa, «un’anziana e bonaria signora dall’animo perennemente giovanile… depositaria di tutte le vicende familiari dell’ampio giro parentale. Naturalmente non potevano mancare le storie sentimentali: fidanzamenti, matrimoni, delusioni, felicità e infelicità di tante ragazze di buona famiglia».
 
Annina era una di queste, innamorata e ricambiata da Arturo, le cui condizioni economiche non erano particolarmente floride.
Dunque, per il padre di Annina, un autorevole avvocato, queste nozze non si potevano celebrare, anche se Arturo era un brillante studente di Medicina.
Le lettere di Arturo sono numerose, tenere, consapevoli, rassegnate; a volte si sente un’amarezza profonda per l’incapacità di Annina di rifiutare la decisione paterna.
E quando sa che Annina, insieme a sua sorella Minetta, al primo tentativo ha scalato il monte Sernio, le scrive: «Permettete che io vi porga auguri – che possiate sempre discernere il vero dal falso; e che le vette dei monti non vi diano il capogiro; siate felice».
 
Ma non è stata felice, Annina, rimasta sola dopo la morte del padre e i matrimoni delle sorelle; ha continuato la sua attività alpinistica forse per distrarsi dalle sue pene, mentre la sorella Angelina, da fidanzata, «ha assecondato la mentalità del tempo che riteneva disdicevole per le ragazze la frequentazione di compagnie prevalentemente maschili quali erano quelle alpinistiche».
Anche Aurelia ha sofferto come Annina, benché suo padre sapesse quanto fossero ingiuste certe prevenzioni.
Anche l’uomo di cui Aurelia era innamorata non piaceva a suo padre; si chiamava Egidio, era figlio di contadini lungimiranti che avevano voluto che i figli studiassero: Egidio era stato in Seminario, poi studente iscritto al Liceo di Udine e alla Facoltà di Scienze Naturali presso l’Università di Firenze.
Prometteva bene, ed era anche un gran lavoratore, ma per farsi «una posizione» dovette emigrare, dopo la laurea, in Argentina come chimico agrario. Intanto aveva scritto al dottor Magrini e aveva ricevuto risposte poco confortanti.
«La povera Aurelia in questa trattativa non ha diritto di parola, anzi, da parte di suo padre, neppure di informazione».
 
Il padre era un uomo severo con i figli, eppure non riusciva a trattarli allo stesso modo: Aulo, anche se contravveniva alle convenzioni, era comunque compreso, perché maschio. Aurelia no.
Più fortunata e tenace di Annina, Aurelia comunque sposa il suo Egidio e vive in Argentina per un certo numero di anni, dopo aver assistito il padre ormai morente.
E pur ricordandolo «con grande rispetto, non ha mai accettato la differenza di trattamento dovuta alle consolidate disparità di genere che oggi, pur avendo fatto dei grandi passi, sono ancora vigenti. Aurelia non lo perdonerà».
 
Di Maddalena leggiamo la cronaca di Arturo, forbita, un po’ retorica. Sicuramente era una signora cortese, che mostrava «nozioni astronomiche che noi non avevamo avuto la pazienza di procurarci».
Scalava con un gruppo numeroso, si fermarono in una malga, dove «dolce il riposo, gradito il vivificante calore, incantevole la scena…», poi «si discese per altra via, per una strada che i camosci credevano d’essere i soli a percorrere, perché ignoravano che tra le più gentili signore delle nostre Alpi ve ne era una coraggiosissima e snellissima la signora Maddalena Miccoli Toscano».
 
Bianca Agarinis Magrini ha aggiunto annotazioni interessanti, ha scritto di Lodovico di Caporiacco e di Ardito Desio, amanti della montagna e compagni di scalate, ha trascritto il testamento di Lodovico di Caporiacco (che desidera che il figlio Federico «si abitui a pensare, a parlare, a scrivere in Friulano») ed ha chiuso il suo testo con la riproduzione dell’opuscolo del prof. G. Marinelli «Le prima alpiniste sulla vetta del monte Canino», pubblicato a Udine nel 1878.

Un lavoro interessante e complesso questo di Agrinis Magrini nel raccontare le vicende alpinistiche, i dolori e le gioie di donne che anticipavano tempi e mode.

Luciana Grillo - l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)


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