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Storie di donne, letteratura di genere/ 443 – Di Luciana Grillo

Patrizia Carrano, «La bambina che mangiava i comunisti» – In una lunga nota l’autrice spiega che in quanto ha scritto c’è del vero... ma anche dell’inventato

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Titolo: La bambina che mangiava i comunisti
Autrice: Patrizia Carrano
 
Editore: Vallecchi Firenze 2022
Nota: edizione integrale
 
Pagine: 168, Brossura
Prezzo di copertina: € 16
 
«Cattivi compleanni» è il romanzo di Patrizia Carrano che ho inserito nel mio saggio «Costruire Letteratura con mani di donna». Si tratta di una storia forte, si racconta un rapporto difficile fra madre e figlia.
Anche «La bambina che mangiava i comunisti» parla di una bambina, Elisabetta, che vive con una mamma complicata, che a volte l’abbraccia e altre volte sembra ignorarla, che la manda scuola e poi la ritira, che chiede per lei l’esonero dall’ora di religione, rendendola in qualche modo una bambina «diversa».
Alla domanda di Elisabetta sul perché abbia i capelli rossi, la mamma «bella e sfrontata» risponde disinvoltamente: «E chi lo sa? Forse perché sei figlia di una comunista».

Lasciato il marito, dopo aver affidato la bimba ad alcuni contadini «per un tempo che avrebbe dovuto essere breve ma si è poi dilatato nei mesi», la mamma porta a Roma la sua piccola, ma l’appartamento dove avrebbero dovuto abitare non è più disponibile e dunque comincia, per Elisabetta, un periodo di abitazioni provvisorie. Madre e figlia aspettano fiduciose, sicure che i «compagni» del P.C.I. le aiuteranno.
Il Partito è il mondo della mamma, lì lavora, lì incontra compagni da frequentare, lì cerca chi le darà un appartamento decoroso, a Botteghe Oscure Elisabetta incontra i compagni, chiacchiera con loro, seduta in un angolino legge o scrive o disegna.
 
Frequenta il Campo Parioli, baracche povere con pergola di lamiera, dove incontra bambini con cui giocare, tra cui una bimba – Cesira – a cui regala il suo abitino più bello, e questo gesto «la fa sentire importante», e il fratello detto «Straccio» che grida: «Io non credo a nessuno. Né al parroco che mi dice di pregare, né ai comunisti che mi dicono di lottar. Io voglio fare il ladro! E se mia sorella non fosse rachitica le farei fare la mignotta!»
Quando incontra suo padre, Elisabetta sarebbe contenta, ma «suo padre porta tempesta. Perché con la mamma scoppiano sempre tuoni e fulmini».
E dunque momenti che potrebbero dare alla piccola un senso di normalità, diventano fonte di tensione.
 
Suo padre vorrebbe far trascorrere ad Elisabetta qualche giorno sereno con la nonna, ma la mamma è contraria: «Mai! Da quella monarchica baciapile, mai!», e rimprovera all’ex marito di regalare Topolino alla loro figlia: «Non voglio che Elisabetta legga i fumetti americani. E tu lo sai benissimo. Glieli compri per farmi dispetto».
In realtà il papà vuole regalare attimi di serenità alla sua bambina, offrendole momenti tranquilli in ambienti eleganti.
«Elisabetta ha compreso da tempo che il mondo di papà è molto diverso da quello della mamma», infatti con lui va a fare colazione da Doney, in via Veneto, un «caffè grande e lussuoso…»
 
Elisabetta sa che la sua mamma «è come una giornata ventosa, basta un niente che si rannuvoli. Quando si rasserena, allora è una festa».
Lungo l’elenco di compagni che Elisabetta incontra, o di cui sente parlare: da Antonello Trombadori, la cui figlia Lucilla diventa amica di Elisabetta, a Mario Mafai, da Cardarelli a Fausta Cialente, da Enrico Berlinguer a Nilde Iotti, («una signora dall’aria autorevole… Quando ha sentito quel nome Elisabetta ha avuto un sussulto e ha esclamato: L’amante di Togliatti!»), da Emanuele Macaluso a Saverio Tutino… fino ad Antonietta Raphael Mafai che le farà un ritratto.
 
Elisabetta guarda, osserva, medita, comincia a chiedersi se davvero tutto ciò che fanno i compagni sia fatto bene… «Perché è orribile che gli americani abbiano la bomba atomica, ed è bene che ce l’abbia l’URSS? Perché il ballerino ungherese Istvan è scappato?... Forse ha ragione Straccio, quando dice che i comunisti vuole papparseli in un sol boccone? Per un lungo istante Elisabetta sogna di mangiarli lei, i comunisti».
 
Una lunga nota dell’autrice spiega che in quanto ha scritto c’è del vero, ma anche dell’inventato. Conferma che «Campo Parioli è davvero esistito, Fausta Cialente ne ha scritto… Sylvia Plath ha veramente incontrato Giovanni Perego a Parigi» e spiega perché abbia scelto una bambina per raccontare tante verità, fino all’invasione sovietica di Budapest.
È il 1956, l’anno della grande nevicata a Roma.
E allo sguardo della bambina, intelligente e acuto, Carrano come Elsa Morante affida la speranza che il mondo si salvi.
 
Luciana Grillo – l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)

 

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