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Storie di donne, letteratura di genere/ 488 – Di Luciana Grillo

Marieke Lucas Rijneveld, «Mia diletta» – Scritto (e tradotto) con un rigore implacabile, coinvolge lettrici e lettori come pochi altri autori/ autrici

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Titolo: Mia diletta
Autrice: Marieke Lucas Rijneveld
 
Traduttore: Marco Cavallo
Editore: Nutrimenti, 2022
 
Pagine: 320. Brossura
Prezzo di copertina: € 19
 
Ho già letto e recensito un altro romanzo di questa autrice, il romanzo del debutto, «Il disagio della sera» e sono rimasta colpita dalla sua maturità espressiva, dalla profondità di sentimenti e concetti, dalla sua capacità di raccontare con semplicità un dolore devastante.
Il secondo romanzo, «Mia diletta», vincitore del Flemish Boon Prize 2022, potrebbe sembrare la continuazione del primo, se la giovanissima protagonista non fosse morta.
 
La disperazione folle di Kurt, un amore così intenso da farlo sragionare sono al centro di questo romanzo la cui coprotagonista, la «diletta», è poco più che una bambina che cresce senza l’affetto della mamma, con un padre buono ma distratto dal lavoro, che «si accalorava parlando del suo bestiame, dei campi asciutti e dell’argine in secca», delle sue mucche che «amano il cibo monotono, che sono animali abitudinari come lui, che a volte faceva loro ascoltare la musica classica».
 
Kurt si inebria, si esalta, si eccita quando la giovanetta parla dei suoi amati musicisti, dice: «Volevo ascoltare solo te, mia celestiale diletta…accanto a te esistevo ed era meno orribile… mi sentivo giovane e irruento… grazie a te continuavo a germogliare, crescevo!»
A ben vedere, sono parole e sentimenti di un adolescente, non di un uomo che ha quarantanove anni e una vita già piena, che ascolta i sogni di una bambina che vuole volare, i pensieri confusi di una ragazzina che fantastica pensando agli aerei schiantatisi sulle Torri gemelle: «Sono stata io quel giorno, io ero l’aereo, io ho messo New York a ferro e fuoco, io ho fatto piangere il mondo…».
 
E intanto compra un materasso, «la mia auto sarebbe diventato il teatro del nostro amore, avrei appeso dei poster alle pareti», distrugge la sua famiglia, dorme in auto piuttosto che a casa «mentre Camillia pensava che avessi una riunione in Germania… quel che contava era restare il più possibile vicino a dove abitavi, percepire il tuo dolce profumo»; il pensiero e il desiderio che sente per la ragazzina diventano sempre più insistenti, lo colpisce la sua inquietudine, quando «ti tranquillizzavi per un istante e la frenesia che si agitava in te si placava… ti rialzavi scontrosa a capo chino…».
 
Camillia, moglie di Kurt, è l’insegnante della diletta, comprende ciò che sta succedendo, ha paura che si possa sapere in paese, vuole proteggere i suoi figli.
Kurt mente, dice che tra loro è tutto finito, eppure «quando sono arrivato a casa dopo una visita a un allevamento di suini vi ho trovate sedute intorno al tavolo della cucina, mi sono unito a voi e mi sono seduto più vicino a Camillia che a te per darle l’idea che non c’era più niente tra noi, mentre avrei soprattutto desiderato portarti nel mio ufficio per prenderti sulle ginocchia, mio splendido putto…».
 
La ragazzina soffre, Camillia non la riceve più in casa, oltre che alla musica si appassiona alla poesia, matura leggendo Baudelaire, Rilke e Neruda, e la vicenda si conclude, così come è ovvio che sia.
Rijneveld scrive con un rigore implacabile, affonda la penna-bisturi nei tormenti umani, coinvolge lettrici e lettori come pochi altri autori/autrici.

Luciana Grillo - l.grillo@ladigetto.it
(Recensioni precedenti)

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