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Storie di donne, letteratura di genere/ 56 – Di Luciana Grillo

Fausta Garavini, Le vite di Monsù Desiderio – Non è un romanzo vero e proprio, ma una biografia romanzata insolita e affascinante

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Titolo: Le vite di Monsù Desiderio
Autrice: Fausta Garavini
 
Editore: Bompiani 2014
Pagine: 317, illustrate, brossura
 
Nota: Disponibile eBook
Prezzo di copertina: € 11
 
L’ultima fatica letteraria di Fausta Garavini – Le vite di Monsù Desiderio – non è un romanzo vero e proprio, ma una biografia romanzata insolita e affascinante che ci presenta un pittore sconosciuto a molti di noi, un suo «doppio», un mondo scosso da grandi cambiamenti, una Roma barocca e corrotta, una Napoli ricca e stracciona, in cui religione e scienza si incontrano e si scontrano…
Siamo nel XVII secolo, quello delle guerre di religione, di Galileo Galilei e dell’arte barocca.
Il piccolo Francois, rimasto orfano di padre, parte, più o meno nel 1602, da Metz, in Lorena, allontanato poco più che bambino dalla sua famiglia troppo povera per mantenerlo, mentre cattolici e protestanti si contrapponevano e «dappertutto vibrava l’inquietudine, l’inimicizia era scoppiata all’interno delle famiglie, tra padri e figli, tra fratelli e fratelli»…
Straziante è l’immagine della mamma che «si stringe Francois al petto, poi lo stacca da sé con decisione. Va’, che Dio ti protegga. E poiché lui resiste: Va’, va’, tu n’es plus un enfant», tu non sei più un bambino.
 
Così comincia il viaggio del piccolo, un viaggio faticoso compiuto prevalentemente a piedi o issato «sulle ceste e i sacchi nella carretta d’un mercante fino alla città più vicina».
A Lione è ospitato da Charlotte, una barcaiola che lo tratta come un figlio e, in punto di morte, lo affida a Matias con l’impegno di farlo arrivare in Italia.
Francois si imbarca allora sul Rodano, affidato a un ebreo – Ezechiele – che a sua volta si accorda con l’argentiere Firmin, diretto a Roma per vendere candelieri e cibori cesellati nella città del Papa. Per mare, vanno da Marsiglia a Civitavecchia e nel 1603 il piccolo francese arriva a Roma.
È un ragazzino sensibile, curioso, intelligente, che ascolta gli adulti e riflette su ciò che sente: perciò lo incuriosisce la storia di Giordano Bruno,messo al rogo in Campo dei Fiori.
Maestro Baldassare lo prende a bottega e gli insegna il mestiere della pittura, per cui sembra particolarmente dotato.
Gli piacciono le architetture, i colonnati, le cupole; incontra giovani e meno giovani artisti, sente che questa è la sua strada.
 
Sapeva già leggere, scrivere, far di conto, leggere in latino, dunque non gli riesce difficile imparare l’italiano; conosce altri lorenesi come lui, sembra ambientarsi, ma ama stare da solo, guardare le antiche pietre che cambiano colore a seconda della luce, chiedersi perché tutto sia destinato a finire… Perciò non si incanta come gli altri davanti agli affreschi perfetti di Raffaello che «non conosce il sangue, le lacrime…quando passa davanti a un edificio ricco e sontuoso (…) a quell’immagine se ne sovrappone un’altra, l’edificio crolla e si disfà»…
 
Intanto cresce, matura, legge con avidità opere di vario genere, si interessa di predicatori e di anatemi, incontra persino Pierpaolo Rubens, parla di Michelangelo da Caravaggio, conosce Roma e i suoi tanti monumenti, Roma… «il centro e la capitale dell’arte…dove ogni pietra racconta di una storia lontana, si devono imparare le pietre antiche e nuove…» ma il suo desiderio più profondo è dipingere quello che non si vede, anche perché la sua inquietudine si dilata, mentre ascolta chi parla della Chiesa di Roma come di una «babilonia», chi dice che ci si converta solo per non perdere il lavoro, chi gli profetizza che «rimarrà straniero al mondo ma gli sarà concesso di dipingere quello che nessuno ha ancora dipinto».
Il rapporto con una prostituta napoletana amorevole e nostalgica, Esmeralda, lo spinge ad andare a Napoli, dove sicuramente avrebbe trovato lavoro e meno concorrenza. Il suo maestro Baldassarre, dopo sei anni, pensa che sia giunto il momento per questo francesino di andare via, «per il suo bene».
 
E così il 6 marzo 1610 il Franzesì inizia un nuovo viaggio che, attraverso Velletri, Terracina, Fondi, Sant’Agata, Capua lo porta a Napoli, dove Tommaso Campanella vive imprigionato per essersi scagliato contro la Chiesa corrotta.
«Napoli è sterminata, stupenda, animatissima, fa un grande effetto a confronto con la calma di Roma…carrozze che sfrecciano, asini carichi, lettighe, facchini, venditori ambulanti, popolo che passeggia…Francesco deve ricominciare, rinascere. Ora è padrone della sua sorte.»
Dopo qualche giorno in cui il giovane si aggira in città e ritrova aspetti della sua terra lontana che gli rendono subito cara la Napoli angioina, il pittore Croys, ben noto e apprezzato da committenti danarosi, lo accetta nella sua bottega: Francesco è accolto in un ambiente favorevole e conosce la donna che amerà per tutta la vita, Isabella, figlia dello stesso Croys.
«Isabella ha il dono di schiarire i pensieri neri che Francesco cuoce in sé…come un’ape rende miele tutto quel che sugge…»
 
Ma il male oscuro che tormenta il giovane non si placa.
Di notte incubi spaventosi lo turbano, di giorno a volte si assenta, sembra vivere in un’altra dimensione.
La morte della sua Isabella lo segna profondamente, tanto che non molto tempo dopo decide di andare via da Napoli, forse per ritornare a Metz o comunque per trovare pace.
Corre l’anno 1624.
La prestigiosa bottega ereditata dal suocero rimane nelle mani del socio Didier Barra, che sembra volerlo sostituire quasi sovrapponendosi a lui.
Infatti tanto Francesco de Nomé quanto il Barra sono ricordati come Monsù Desiderio e la scomparsa improvvisa di Francesco non fa che aumentare il mistero che si sviluppa intorno a questi pittori.
Il romanzo si legge molto volentieri, è scritto bene, con espressioni affascinanti che ricordano musiche rinascimentali, ma la lettura è resa ancora più gradevole dal ricco apparato iconografico che ci fa conoscere le opere del Franzesì.
 
Luciana Grillo
(Precedenti)

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