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Mercoledì cala il sipario sulla rassegna «Specchi Riflessi»

Una prima assoluta per il Trentino e non solo per Vezzano: «Appuntamento a Londra», una raffinata commedia scritta da M. Vargas Llosa, per la regia di M. Panici

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In prima assoluta per il Trentino, Pamela Villoresi, protagonista del teatro italiano, e David Sebasti, interprete della serie tv Un medico in famiglia presentano, mercoledì 28 marzo alle ore 20.45 al Teatro Valle dei Laghi di Vezzano, Appuntamento a Londra, una raffinata commedia scritta da Mario Vargas Llosa, per la regia di Maurizio Panici, prodotta da Associazione Teatrale Pistoiese/Argot Produzioni in collaborazione con Spoleto 52 – Festival dei 2Mondi.
L'appuntamento cala il sipario sulla rassegna «specchi Riflessi» della Stagione teatrale 2011/2012 del Teatro Valle dei Laghi.
 
In Appuntamento a Londra Mario Vargas Llosa, premio Nobel 2010 per la letteratura, propone alcune delle suggestioni a lui più care
La storia che racconta è un’acuta e profonda riflessione sul tema dell’identità e sulla vita segreta delle persone.
Lo spettacolo è anche un’indagine sui valori dell’amicizia e dei sentimenti, su quel sottile filo che ci lega come esseri umani, come attrazione profonda dell’uomo per l’altro da sé.
Due amici d’infanzia e gioventù, entrambi peruviani, si ritrovano a Londra dopo molti anni durante i quali non avevano avuto più contatti.
 
Nel loro incontro rivivono il passato, mescolando bei ricordi con brutte storie che credevano oramai sotterrate o delle quali, forse, ignoravano l’esistenza.
Un teatro fortemente ispirato dalla letteratura in uno scambio fertile tra i diversi linguaggi espressivi.
 
 Maurizio Panici regista dello spettacolo nelle sue note scrive così
«Il testo di Vargas Llosa è un enigma, uno scandagliare la parte più profonda e nascosta di ogni essere umano. Il nostro spettacolo è un gioco teatrale che si avvale di linguaggi complessi, immagini proiettate e percepite come fantasmi, che aiutano a rivelare scomode verità sepolte nel profondo del protagonista. La scena è uno spazio concreto che continuamente apre ad una serie di altre possibili visioni, creando così nello spettatore una vertigine, aiutandolo a rompere una visuale del quotidiano verso un altrove possibile, verso un mondo diverso da quello reale. Le musiche originali sostengono questo progetto evocando altri mondi possibili, nostalgie e luoghi perduti, un giardino della memoria che mai risulta essere consolatorio. La macchina teatrale asseconda e sostiene gli attori impegnati in questo difficile percorso al fine di aiutarli a creare e ri/creare continuamente quella complessità che risponde al nome di identità.»
 
La traduzione dall’originale è di Ernesto Franco, le scene di Franceso Ghisu, i costumi di Lucia Mariani, le musiche di Germano Mazzocchetti, le luci di Emiliano Pona e i video sono realizzati da Andrea Giansanti.
Pamela Villoresi è una delle più raffinate ed importanti attrici italiane; è stata a lungo interprete del Piccolo Teatro, cresciuta alla scuola artistica e civile di Giorgio Strehler, poi si è trasferita a Roma dove continua a lavorare per il cinema e il teatro.
 
 Note di regia
Un uomo, realizzato, pienamente occupato, apparentemente felice, in una pausa tra un viaggio e una riunione di lavoro, viene sopraffatto da una inquietudine che mette in moto un viaggio soggettivo e interiore, fortemente onirico che lo pone di fronte a se stesso, alle sue fantasie più segrete, a un gioco di specchi e rifrazioni nel quale stenta a ri/trovarsi.
Le proiezioni fantastiche che affiorano dal profondo del suo essere, prepotenti e inarrestabili, attivano e generano un «altro» da sé, attrattivo e repulsivo, fortemente seduttivo.
L’incontro pone l’uomo di fronte alla sua possibile altra identità: come un giano bifronte egli si specchia, «la sua vita segreta» esplode in una serie di variazioni possibili, tutte vengono esplorate, ri/vissute o ri/create.
Lungo tutto il tempo dello spettacolo le «identità» si rincorrono, si fronteggiano fino a una soluzione possibile, sempre e comunque aperta.
L’identità: è questo il tema centrale del testo.
 
E quel complesso di pulsioni/emozioni sogni e comportamenti che formano nel corso della nostra vita quella che chiamiamo «personalità», nel protagonista dello spettacolo trovano la più aperta delle rappresentazioni; le possibili vie, le diverse possibilità sono percorse con ansia e desiderio fino a una conclusione non banale, affascinante, temuta, desiderata.
T. S. Eliot nei «Quattro quartetti» scrive: «… ciò che poteva essere e ciò che è stato tendono a un solo fine che è sempre presente. Passi echeggiano nella memoria lungo il corridoio che non prendemmo verso la porta che non aprimmo mai sul giardino delle rose …»
È in questo crinale, in questa zona di confine, che i protagonisti si muovono continuamente, in bilico tra un mondo reale e uno immaginario altrettanto concreto e vissuto con la stessa intensità della vita vera.
 
Il testo di Vargas Llosa è un enigma, uno scandagliare la parte più profonda e nascosta di ogni essere umano: come egli stesso afferma «un argomento che mi ha sempre appassionato …la finzione e la vita, il ruolo che quella gioca in questa, la maniera con cui l’una e l’altra si alimentano e si confondono, si respingono e si completano in ogni destino individuale … e il palcoscenico è lo spazio privilegiato per rappresentare quella magia di cui è fatta anche la vita della gente: quell’altra vita che inventiamo perché non possiamo viverla davvero, ma solo sognarla grazie alle splendide bugie della finzione.»
 
Il nostro spettacolo è un gioco teatrale che si avvale anche di linguaggi complessi, immagini proiettate e percepite come fantasmi, che aiutano a rivelare scomode verità sepolte nel profondo del protagonista.
 

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