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Simona Atzori incontra gli studenti del «Vittoria» – Di M. Parolini

La famosa ballerina priva di braccia ha dialogato con i ragazzi dell’istituto delle arti di via Zambra a Trento

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«È vero che per essere felici dobbiamo per forza avere tutto? Perché ci identifichiamo con quello che non abbiamo invece di valorizzare ciò che abbiamo?
«Non importa se hai le braccia o non le hai, se sei longilineo o alto come un tappo, se sei bianco, nero o giallo, se ci vedi o hai gli occhiali come il fondo di bottiglia, se sei fragile o una roccia, se sei biondo o hai perso i capelli, il naso storto oppure se sei immobilizzato su di una sedia a rotelle.
«La diversità è ovunque, è l’unica cosa che ci accomuna tutti.»
Così scrive Simona Atzori nel suo libro «Cosa ti manca per essere felice» (Mondadori): priva di braccia dalla nascita, oggi è una ballerina di fama mondiale (ha danzato all’apertura delle recenti Paraolimpiadi ma anche per il Papa) nonché pittrice e, ora, scrittrice.
 
Ieri sera Simona ha incantato gli oltre 800 spettatori del Centro Santa Chiara a Trento, mentre altre 200 sono rimasti fuori, sotto il controllo delle forze dell’ordine.
Questa mattina la ballerina-artista ha incontrato gli studenti dell’«Istituto delle arti Vittoria» di Trento, presso la sede di via Zambra.
Un incontro semplice, spontaneo, fatto di domande e risposte dialogate, il tutto in palestra alla presenza di quasi 400 adolescenti, accorsi per conoscere la ricetta per poter dire comunque un sì alla vita, in qualunque situazione ci si trovi ad essere.
Il tutto intervallato dalla visione di filmati e foto di Simona, della sua vita quotidiana e professionale (tra queste l’apertura delle Paraolimpiadi, la performance al Giubileo del 2000 con la croce trattenuta col piede-mano di fronte al Papa, le varie trasmissioni alle quali è state invitata, compreso Sanremo 2012).
 
«Dove trovi, ogni mattina, la forza per iniziare la tua giornata?» – Le ha chiesto Beatrice, una ragazza del terzo anno. Simone risponde tenendo in piedi il microfono, dicendosi felice di aver «finalmente tolto le mani dalle scarpe».
Sì, perché per lei i piedi hanno questa doppia valenza: le permettono di stare ritta e camminare ma soprattutto di tenere un oggetto, uno strumento, scrivere, dipingere, stringere una mano, e guidare l’auto (come abbiamo potuto ammirare dal video).
 
«Alla vostra età non era così facile – ha risposto. – Avrei voluto frequentare l’istituto d’arte ma c’erano troppi limiti, da parte della scuola, del sistema. Ho allora scelto un liceo linguistico, ma poi la vena artistica si è concretizzata nella laurea in Visual arts.»
Comunque quella «forza quotidiana per andare avanti» Simona l’ha trovata innanzitutto nei genitori, che non l’hanno semplicemente «accettata», bensì «accolta» nel suo particolare essere ed esserci, non facendola mai sentire «diversa».
 
«Oggi, quella forza –ha concluso Simona – mi viene da qualcosa di profondo, che viene da dentro. Ogni mattina, prima di tutto, cerco di sorridere.»
Ed è il costante sorriso che colpisce in questa artista, che da qualche anno ha deciso di affiancare alla sua professione dei momenti di incontro motivazionale aperti agli altri, spesso ai giovani, che hanno bisogno di un «messaggio di vita» supplementare, nel disagio dell’opulenza e della carenza valoriale della nostra società dei consumi (consumanti).
 
«Esprimermi in modo artistico è stato il mio transfert salvifico – ha quindi aggiunto Simona – e voi, in questo Istituto, siete fortunati perché avete questa potenzialità.»
Parlando dei propri limiti Simona ha espresso un concetto chiave, di grande rilevanza pedagogica.
«Mi rendevo conto che erano gli altri a impormi dei limiti che, per me, pur nella disabilità, non c’erano. Non mi sono ostinata ad andare avanti nella scelta artistica per dimostrare qualcosa a chi mi limitava ma perché desideravo con tutta me stessa farcela. – Insomma, l’alfieriano «volli, fortissimamente volli».
 
Un altro studente, Giorgio, le ha chiesto «Come ti sei approcciata col tuo primo amore?»
Una domanda personale, certo, spontanea, come i giovani sanno porre, senza censure.
«Mi sono sempre rapportata in modo semplice e naturale. Sono molto romantica… I ragazzi con cui ho avuto delle relazioni –anche se magari mi piaceva guardare quelli carini – sono sempre state persone con cui potevo avere un dialogo profondo. D’altronde, – ha ricordato Simona, – il mio piede ha la stessa sensibilità di una mano, fa le stesse cose, come ad esempio le carezze.»
 
Rispondendo a domande di ambito più artistico, Simona ha raccontato di aver iniziato a dipingere con la tecnica dell’acquerello, di aver tentato di dipingere degli abbracci (figure con le braccia) ma di aver sentito che non le appartenevano e di amare, invece, molto il ritratto, «perché mi permette di entrare a fondo negli altri».
 
L’incontro si è concluso tra gli applausi e con il dono di un piatto a smalti realizzato nei laboratori dell’Istituto, offerto dal vicepreside Antonio Bari, in rappresentanza della scuola e della dirigente Elina Massimo.
Ricordiamo che l’incontro era offerto dalla Fondazione cassa rurale di Trento (rappresentata dalla presidente Rossana Gramegna).
Una lezione diversa quella di Simona, una lezione di vita vera, non virtuale, non consumistica.
 
Massimo Parolini
 
Si ringraziano, per le foto, la prof.ssa Michela Eccli e la studentessa Irina.
Per informazioni e contatti rimandiamo al sito di Simona Atzori: www.simonarte.com 
 
 
 
 

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