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Sito archeologico di monte S. Martino: «Una storia da riscrivere»

Venerdì 11 gennaio alle ore 20.30 a Pranzo di Tenno la presentazione delle ultime scoperte

Posto in posizione strategica lungo quelle che in antichità erano importanti vie di comunicazione e frequentato sin dall’epoca protostorica, Monte San Martino ai Campi è uno dei siti archeologici più vasti e più importanti del Trentino: queste vestigia custodiscono infatti le testimonianze di oltre duemila anni di storia.
Situato tra Pranzo di Tenno e Campi di Riva del Garda, è da oltre quattro decenni terreno di indagine da parte degli archeologi.
 
I risultati delle ultimissime ricerche saranno il tema dell’incontro «Monte San Martino: il grande interrogativo. Una storia da riscrivere alla luce delle scoperte della campagna del  2011» che si terrà venerdì 11 gennaio, alle ore 20.30, presso la Casa Sociale don Luigi Baroldi a Pranzo di Tenno.
Gli archeologi Nicoletta Pisu dell’Ufficio Beni archeologici della Provincia autonoma di Trento, Giovanni Bellosi e Achillina Granata di ArcheoGeo presenteranno una sintesi delle recenti interpretazioni.
 
Interverrà inoltre Luciano Pugliese che parlerà di «Archeologia virtuale a Monte San Martino» e mostrerà alcuni esempi di ricostruzione in 3D dei resti del sito archeologico.
L’iniziativa è organizzata dall’Associazione San Martino in collaborazione con il Comune di Tenno.

L'area archeologica di Monte San Martino
La quantità e la qualità delle strutture emerse e dei reperti recuperati (epigrafi, vasellame vario in ceramica comune o in terra sigillata, anfore, lucerne, monete di vario tipo, fibule, pendagli ornamentali e strumenti di lavoro quotidiano) fanno di Monte San Martino un sito di ricerca scientifica privilegiata, indagato a partire dal 1969 ad oggi, inizialmente da parte di appassionati locali e quindi dall'Ufficio Beni archeologici della Provincia autonoma di Trento.
L’area è stata frequentata in modo continuo, seppure con modalità diverse, dall’epoca protostorica all’età moderna.
La sua posizione di altura e il rinvenimento di reperti della seconda età del Ferro (V-I secolo a.C.) suggeriscono la pratica di riti religiosi che prevedevano, come atto conclusivo, l’offerta di oggetti e di sacrifici animali in grandi roghi votivi (Brandopferplätze).
Nella successiva età romana viene edificato un vasto complesso interpretato come santuario, la cui planimetria è ancora ben leggibile: vari ambienti, realizzati con terrazzamenti nella zona sommitale, compongono due grandi blocchi separati da un’area centrale pianeggiante, raggiungibile attraverso una lunga scalinata.
Il santuario funziona fino alla fine del III – inizio IV secolo d.C.: a partire da questo periodo la frequentazione pare spostarsi dalla sommità verso la zona meridionale del dosso, dove si erigono alcuni edifici destinati ad abitazioni, probabilmente in relazione con altri resti murari, individuati lungo il versante, che farebbero pensare ad una cinta fortificata.
Ed è proprio sulla zona meridionale che si sono concentrate le indagini degli ultimi anni, che hanno visto emergere i resti di un insediamento tardoromano-altomedievale e di una piccola chiesa probabilmente di epoca longobarda o carolingia (VIII-IX secolo).
La chiesa, dedicata a San Martino, è menzionata per la prima volta nel 1288.
Ricostruita più volte, è officiata fino al 1750.
Le vicende del villaggio e della chiesa in parte si intrecciano e in parte si differenziano profondamente, come risulterà dall’esposizione delle ipotesi fatte a seguito delle recenti scoperte.

 

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