Gli ecomusei nella rete dei «mondi locali»
Alla Fondazione Caritro presentati i risultati del progetto e il primo bilancio sociale

Gli Ecomusei del Trentino compiono
quest'anno i 10 anni di vita, essendo la legge provinciale n. 13
che li ha istituiti del 2001.
E' dunque tempo per un bilancio di queste piccole ma significative
esperienze di valorizzazione delle comunità locali e per riflettere
sul loro futuro.
Ed è ciò che si è fatto oggi, in concomitanza con la «Giornata del
Paesaggio», in occasione della presentazione, prezzo la Fondazione
Caritro, dei risultati del progetto «Mondi locali del Trentino» e
dell'inaugurazione di una mostra itinerante sulle loro attività, in
particolare la realizzazione delle «mappe di comunità».
Una mattinata di lavori e di confronto su una realtà che in questi
dieci anni è cresciuta e si è sviluppata, nonostante le difficoltà,
fino a diventare una rete.
«Una realtà che - come ha affermato l'assessore alla cultura,
Franco Panizza - non è un retaggio storico della tradizione ma una
forza pulsante delle nostre valli di cui il Trentino non può fare
assolutamente a meno e che interpreta il brand di un territorio
capace di connettersi con il mondo.»
Che i 7 Ecomusei trentini (Vanoi, Val di Peio, Judicaria, Valle del
Chiese, Argentario, Lagorai ed Ecomuseo del Viaggio), siano una
realtà assolutamente vivace, lo dimostrano alcuni dati contenuti in
una pubblicazione che anticipa il Bilancio sociale degli Ecomusei:
circa 50mila le persone che hanno partecipato lo scorso anno alle
manifestazioni da loro promosse per far riscoprire, conoscere e
valorizzare il patrimonio culturale delle comunità di cui sono
espressione, tra le quali vanno ricordate 21 esposizioni (7.200
visitatori locali), 3 rievocazioni storiche medievali, attività
didattiche e laboratori estivi per bambini (1.500 bambini
coinvolti).
Attività alle quali si aggiungono la gestione dei siti ecomuseali
sul territorio, corsi e attività di formazione per giovani e
adulti, ricerche storiche.
Altri ambiti sui quali gli Ecomusei stanno lavorando sono poi
quelli relativi al patrimonio paesaggistico, ambientale e rurale
(visite guidate, realizzazione di percorsi e itinerari, censimento
dei siti minerari, valorizzazione delle filiere agricole con il
coinvolgimento di produttori e allevatori locali), la
partecipazione (incontri e riunioni con le comunità locali,
realizzazione delle «mappe di comunità», siti internet e
pubblicazioni), le reti.
Perchè un bilancio sociale? Non solo per rendere conto delle
entrate e delle uscite, ma perchè anche gli Ecomusei del Trentino
vogliono crescere e migliorare adottando dei propri «piani
strategici», perchè avvertono l'esigenza di un maggiore
coinvolgimento dei portatori d'interesse, per rendere più efficace
la gestione e la pianificazione delle proprie attività, ottimizzare
le risorse e migliorare la comunicazione rendendo più chiara la
loro missione.
Una nuova stagione si apre dunque per gli Ecomusei-Mondi locali del
Trentino.
E strategica, in tale contesto, è appunto la costituzione di una
rete culturale stabile tra gli Ecomusei, un passaggio avvenuto
attraverso il progetto «Mondi locali del Trentino» nato nel 2008 su
proposta degli stessi Ecomusei e del Servizio Attività culturali
della Provincia autonoma di Trento e finanziato dalla Fondazione
Caritro, tema che è stato al centro del dibattito di stamane nella
sede della Fondazione Cassa di risparmio di Trento e Rovereto, in
via Calepina a Trento.
«Una rete non è un fatto scontato, quando realtà composite riescono
a fare rete è un risultato importante ed è, al di là dei
finanziamenti, la dimostrazione di una passione che favorisce anche
le collaborazioni e le sinergie - ha affermato l'assessore Panizza
- dando il senso di un'identità diffusa che unisce, dialoga e si
apre, ragiona assieme ad altre realtà. La rete è strategica per
dare ulteriore respiro, per non chiudersi negli ristretti spazi di
una valle.»
Panizza si è poi detto convinto che gli Ecomusei debbano però
trovare anche un punto di riferimento scientifico nel Museo degli
Usi e costumi di San Michele all'Adige, ed ha sostenuto la
necessità di supportarne l'attività con maggiori sostegni
finanziari («Stiamo ragionando sulle modifiche alla legge»).
Nel 2010 gli Ecomusei trentini hanno potuto contare su 550mila euro
di entrate (a fronte di 525mila euro di uscite), il 28 % dai
Comuni, analoga quota da altri enti locali (Comuni limitrofi, BIM
del Chiese, Parco Paneveggio Pale di San Martino, Comunità di
valle), 19 % dalla Provincia autonoma, 25 % da fondazioni,
autofinanziamento e istituzioni culturali).
«Gli Ecomusei - ha detto, aprendo la mattinata di lavori, il
presidente dell'Ecomuseo dell'Argentario, Giuseppe Gorfer - sono
tutti diversi l'uno dall'altro ed ognuno si è formato in maniera
autonoma. Non si tratta di un limite ma di una ricchezza, metterli
in rete non è stato facile ma il dialogo, il modo di risolvere i
problemi è stato positivo e ci ha resi più consapevoli delle nostre
potenzialità. Il fatto più importante è stato riuscire a parlare
tra noi e presentarci come un'istituzione unica, riuscendo anche in
questi anni a diventare indispensabili sul e per il
territorio».
Alla rete degli Ecomusei, tra l'altro - come ha anticipato Giuseppe
Ferrandi in rappresentanza della Fondazione Caritro - faranno
esplicito riferimento le Linee guida sulla cultura che verranno
approvate nei prossimi mesi.
«Dobbiamo passare ad una fase di riconoscimento del lavoro degli
Ecomusei, la Fondazione ci sarà ancora con altri bandi, ma
attendiamo anche proposte da parte degli Ecomusei. Le difficoltà di
reperimento delle risorse finanziarie non devono però indebolire lo
spirito volontaristico che li anima.»
Una componente, quella del volontariato, fondamentale per far
vivere gli Ecomusei: accanto alle 7 persone che hanno lavorato per
gli ecomusei in modo continuativo ed agli oltre 30 collaboratori,
oltre 800 sono infatti i volontari e 176 le associazioni coinvolte
nel corso del 2010.
Persone e associazioni che si sono sentite parte di un progetto,
quello di interpretare e valorizzare il proprio patrimonio in
funzione di uno sviluppo sostenibile dei propri territori e che dei
propri luoghi di vita hanno voluto prendersi cura, mettendo a
fattore comune saperi, conoscenze, tradizioni, realtà economiche,
giacimenti culturali e materiali.