«Climatica…mente cambiando, tiepida…mente adattandoci»

65 milioni di anni fa i dinosauri sparirono per gli effetti di un meteorite Oggi il minaccioso «meteorite», che è per strada, si chiama CO2

Quando nel 1938 Orson Welles mise in onda l'invasione della Terra da parte degli alieni sulla rete radiofonica della CBS, un eccesso di percezione da parte della gente creò parecchi incidenti.
Molti radioascoltatori - malgrado gli avvisi trasmessi prima e dopo il programma - non si accorsero che si trattava di una finzione e ritennero che sulla terra stesse veramente avvenendo uno sbarco di extraterrestri ostili.

Mancò allora consapevolezza, sia della realtà che della potenza della trasmissione mediatica.
Da quella serata di ottobre si imparò che le notizie shock non sono facilmente gestibili.
Si raccomandò infatti di non ripetere simili giochi di comunicazione, ma alla fine la tentazione di riproporre la tecnica venne ripresa (oggi lo si fa per garantirsi l'audience) e risultò controproducente come nell'occasione dell'attacco a Pearl Harbor quando accadde il fenomeno inverso: molti lo presero per una fiction.

Già da trent'anni, dal mondo scientifico ci giungono notizie preoccupanti sul cambiamento climatico del pianeta, senza peraltro indicare un termine di tempo preciso che provochi la scossa.
Ora però, non per fare del sensazionalismo ma per diverse ragioni pratiche e per fissare le idee, nulla ci vieta di assumere l'anno 2050 come il momento in cui la minaccia che grava sulle nostre teste farà splash.
Questa volta, a differenza di quel che avvenne nel 1938, la comunicazione è chiara, generosa di immagini, di confronti, di misure e di diagrammi, ciò che manca è invece la percezione della ineluttabilità del fenomeno, perché il distacco temporale tra le cause di oggi e il loro drammatico effetto tra quarant'anni non scuote nessuno.

C'è consapevolezza nel 97% della gente intervistata, dicono i sondaggi.
«La minaccia è nota: in USA, in China, in Europa, ma tra le persone una su tre se ne frega e il susseguirsi delle notizie crea assuefazione negli altri, - dice Antonio Canciullo (La Repubblica). - La comunicazione scientifica funziona, ciò che manca è la corretta percezione!»

«La Provincia di Trento - scrive l'Assessore Alberto Pacher - ha deciso di organizzare a cadenza triennale un evento che possa accrescere la conoscenza dei fenomeni da parte della popolazione e stimolare l'adozione di comportamenti virtuosi.»
Saltando da una tavola rotonda ad una sala delle conferenze, da un teatro a un giardino, da un locale pubblico al ghiacciaio della Marmolada, quel che è emerso da una settimana di incontri e di qualificati convegni in provincia è che, se in questi anni non verranno adottati concreti provvedimenti di mitigazione, l'anidride carbonica che liberiamo nell'atmosfera per lo smodato uso dei combustibili fossili (carbone, gas e petrolio) raggiungerà nel 2050 livelli di concentrazione dagli effetti irrimediabili.

Non si tornerà più indietro. Si farà irreversibile il processo di aumento della temperatura (un più 2°C è l'ipotesi di riferimento accreditata), dello scioglimento dei ghiacci (30% negli ultimi trent'anni), dell'innalzamento degli oceani (3,4 centimetri per decennio), dell'annuale perdita di centinaia di specie animali (300-400 all'anno), dell'avanzamento dei deserti (le rondini di anno in anno percorrono 6 chilometri in meno), di precipitazioni sempre più violente con alluvioni, frane e smottamenti che già possiamo vedere nei telegiornali.
Tutte catastrofi naturali, vere questa volta, che si registrano anno dopo anno in progressione crescente, con conseguenze che abbiamo già cominciato a calcolare in termini economici e sociali, ma che ancora non riusciamo a percepire come sintomi di una caduta irrimediabile.

Catastrofismo? Speriamo di sì, verrebbe da dire.
«La gente è indifferente, abituata alle fiction. Non traduce quanto sa in coerenti modifiche di comportamento, fintanto che non ne vede una immediata convenienza» ha detto Stefano Caserini, moderatore di uno degli atti del convegno.

«Potremmo fare meglio se spingessimo di più sulle fonti rinnovabili - ha detto il presidente dei meteorologi italiani, quel Luca Mercalli che ha coperto il tetto di casa di pannelli solari e che per farcelo capire s'è fatto menestrello televisivo. - Con i miei 2Kw sono diventato un piccolo produttore di energia, sufficiente per la mia famiglia, ma che va anche a beneficio dei vicini.»

«Potremmo fare meglio se fossimo più sensibili al risparmio energetico» - ha detto la scrittrice e animatrice televisiva Cristina Gabetti, raccontando dello spazzolino da denti con la testina intercambiabile per risparmiare il manico, insegnandoci la produzione casalinga delle patate e delle zucchine nella sua casa di Milano e lodando l'efficienza dei nascenti Gruppi spontanei di acquisto che, inoltrato l'ordine col computer, le recapitano a casa la spesa.

«Potremmo fare meglio, ma manca la governance» ha detto l'Assessore Alberto Pacher, che per parte sua e nostra può almeno vantare l'adozione di un'apposita legge sul cambiamento climatico, la LP n.5/2010, che ora influenza di sé i piani e i programmi e le scelte quotidiane nella nostra provincia.
Non c'è vicenda di Autobrennero o di Valdastico o di Valsugana, non c'è storia di biciclette o di car sharing, non ne è esente la proposta di Metroland o del Tunnel ferroviario del Brennero.
Ne sono influenzati la raccolta differenziata, il turismo sulle Dolomiti, persino un qualsiasi evento musicale di piazza, oramai non ci sono scelte che non siano in qualche modo condizionate da presupposti di carattere ambientale.

Per fortuna. Rimane però il problema che la nostra percezione non è quella di una norma rigorosa; sembra di più un orientamento, una questione di sensibilità personale ancora non fattasi collettiva, quasi una moda culturale di valore educativo per diminuire gli sprechi, per contenere le spese, piuttosto che la necessità di un improrogabile intervento a favore della sopravvivenza.

Uno dei più importanti climatologi, professore alla Columbia University NY e Direttore della NASA, il dr. James Hansen, scrive (Tempeste, ed. Ambiente, 2010).
«Un azzeramento globale delle emissioni di CO2 da combustibili fossili è una necessità improcrastinabile. Elemento risolutivo dovrebbe essere un aumento del prezzo del carbonio alla fonte, in modo che influisca su tutte le attività che fanno uso di combustibili fossili.»
Afferma in pratica che finché i prezzi del carbone e del petrolio non verranno significativamente aumentati, nessuno percorrerà altre strade, né di ricerca, né di consumo.

Una conferma della necessità di un maggior pilotaggio nella politica ci viene indirettamente ancora da Alberto Pacher.
«C'è l'attenzione pubblica su questi problemi, ma nel ruolo di orientamento la politica è debole. Non si potrà lasciar muovere il mercato a briglia sciolta senza opportuni interventi.»

Dei limiti numerici da rispettare già ci sono: ad esempio, il programma 20-20-20, imposto dalle normative europee e accolto dall'Italia nel 2008, porta con sé minacce di milioni di euro di penale per gli stati inadempienti.
L'Italia lo è già inadempiente: dal 2008 per quasi cento milioni all'anno (Legambiente)
È nella politica il nocciolo del problema?

Scrive Hansen, nel suo libro, che i governi dovrebbero applicare tasse sui consumi dei prodotti inquinanti, ma che i soldi ricavati non dovrebbero finire nelle tasche sbagliate: dovrebbero essere resi ai cittadini, tornare loro in termini di benefici diretti, trasparenti e misurabili.
La Carbon Tax è una tassa sul carbone, sul petrolio e sul gas, che si potrebbe applicare come deterrente per bloccare le estrazioni e che sarebbe utilizzabile come risorsa finanziaria da destinare subito alla ricerca di soluzioni alternative e altri correttivi.

«Basta col Cap and Trade, - afferma lo scienziato, - le compensazioni economiche tra stati che odorano di mercato delle indulgenze, metodi che perdonano i peccatori, che lavano le loro coscienze imponendo di pagare pegno attraverso Terzi che invece di risolvere banchettano coi soldi presi.»
(Il mese scorso Transparency International ha presentato un Global Corruption Report denunciando intollerabili esercizi di corruzione collegati al giro delle compensazioni elargite per fittizie attività di forestazione).



La storia richiama quella dei dinosauri occorsa 65 milioni di anni fa: un meteorite si avvicinò troppo alla nostra atmosfera, cascò nello Yucatan, fece un gran buco e i dinosauri sparirono per effetto della nube di polvere che oscurò il cielo per migliaia di anni.
Oggi il minaccioso «meteorite» che è per strada, che incombe su di noi e si avvicina, si chiama CO2!La sua concentrazione nell' atmosfera è misurata a livello di 394 ppm (parti per milione) e sta crescendo da cinquant'anni.
Ora cresce di 2 ppm all'anno, la soglia tecnica di 350 ppm è superata, e ci stiamo avviando verso la soglia di 450 ppm definita limite invalicabile.
Tra tre anni, quando la Provincia riunirà di nuovo i Relatori, già ci troveremo al livello di 400 ppm se non verranno avviati decisi interventi di contenimento delle emissioni, frenando l'uso del carbone e l'estrazione del petrolio.
(Intanto è notizia di questi giorni che l'americana Exxon e la russa Rosneft si sono divise l'Artico per grattare il fondo del barile e useranno con soddisfazione le nuove rotte di trasporto lungo i canali finalmente liberatisi dai ghiacci del nord).

Entro il 2020, primo traguardo volante, l'emissione dovrà calare del 20%.
Entro il 2030 dovrà calare del 50% se vogliamo arrivare a neutralizzarle nel 2050.
Questi traguardi impongono l'obbligo a tutte le amministrazioni di promuovere da subito interventi di sistema, e ai cittadini e alle imprese di rispettarli.
In caso di inadempimento, dal 2030 al 2050 si viaggerà intaccando le riserve e nel 2050 tutto sarà troppo tardi.

L'Overshoot day che misura la capacità della Terra di soddisfare l'intero fabbisogno energetico dell'umanità, che oggi ha superato il numero di 7 miliardi di persone, dopo gli incendi di Russia del 2010 era calcolato al 21 Agosto.
Nel 2030, con una popolazione che si sarà avvicinata ai 9 miliardi, l'indicatore sarà al 1° Luglio.
Ciò significa che per una metà dell'anno la Terra ce la potrà fare, ma che per fornire il fabbisogno richiesto per l'altro semestre dovrà mangiarsi le scorte di magazzino e fare cure dimagranti.

Catastrofismo? Magari!

Certo è che in assenza di linee guida e di accordi, in assenza di politiche che dettino i cambiamenti, e di norme condivise e di rispettosi comportamenti, volontari e imposti, pilotati e controllati in modo trasparente, non ce la faremo.
Nel 1979 James Hansen denunciò il fenomeno dell'effetto serra: le attività umane da qualche decina d'anni già condizionavano il clima in misura preponderante.

Hansen ricercò, misurò, descrisse, discusse, suggerì.
Si consumò nel cercare di servire il Congresso fornendo dati e diagrammi.
Lavorò per Al Gore. Ottenne da Bush promesse successivamente tradite.
Ora confida in Obama e nelle sue promesse di intervento per frenare l'uso dei combustibili fossili.

Nel 2009 scrisse testualmente: «I politici esitano e perdono tempo… Se i vostri governi affermano che… Sappiate che vi stanno mentendo.»
Alla luce dei trent'anni della sua esperienza, Hansen ci avverte che quando si vedranno spremere i fondali per attaccare le ultime scorte, allora si saprà che è finita: le emissioni continueranno a crescere e i danni che si paleseranno appena sfasati del naturale lasso di tempo, alla fine ci ricadranno in testa.
«Forse non a voi, - dice lo scienziato, - ma a parte dei vostri figli e sicuramente a tutti i vostri nipoti.»

La speranza non può fondarsi sulla miopia della politica e sugli interessi a breve che dominano i politici di oggi.
Continua Hansen: «La resistenza civile potrebbe essere la nostra migliore speranza. È fondamentale che tutti partecipino, specialmente i giovani» (sic, pag.311).
James Hansen dopo quarant'anni di lavoro, di conferenze e di lotta, il 29 agosto scorso è stato arrestato per la terza, o forse per una quarta volta, davanti alla Casa Bianca e di nuovo condannato per manifestazione non autorizzata.
A settant'anni. Come mai è arrivato a tanto? Proviamo a chiedercelo?

«La Politica è il primo problema», ha dichiarato Mercalli.
«L'Europa fa poco, è dipendente dei singoli stati nazionali.» Ha risposto Baptiste Chatrè (Convenzione delle Alpi).
Catastrofismo? Speriamo! Perché altrimenti, se tanto ci dà tanto, potrebbe tra qualche anno dimostrarsi realismo.
E allora non ce ne sarà per nessuno.

Un applauso alla nostra Provincia che nel 2010 ha legiferato, che ha fatto dei Piani.
Bene fa la Provincia a bloccare iniziative della gomma a favore della rotaia, a incentivare il risparmio energetico e la promozione della ricerca di fonti alternative rinnovabili.
Ma né da sé automaticamente, né noi da soli riusciremo ad arrestare la crescita annua della concentrazione di CO2 delle 2ppm.
Il rischio di arrivare a 400 ppm nel 2014, e a sforare il limite dei 450 ppm nel 2050, non è una fiction.

C'è di che essere pessimisti qualora attorno alle Alpi, prima di tutto in Italia, non ci si darà urgentemente una mossa.
Le implicazioni economiche e sociali connesse non sono trascurabili.
Il tema è grosso. L'importanza è esiziale.

Applauso e incitamento vanno all'organizzazione del convegno «Climatica…mente cambiando», che ci auguriamo possa diventare realmente un appuntamento periodico.
Mentre, per le importanti implicazioni economiche e sociali, l'auspicio è che il tema possa entrare tra gli argomenti del Festival dell'Economia.
Che ne dice, assessore Pacher?

Giuliano Gabrielli

Le immagini sono state tratte da TUTTOGRATISWEB