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«The best of…l’Estate musicale trentina» – Di Sandra Matuella

«Il buffo alla moda a Venezia» - «Ziganoff Jazzmer Band», «Sestetto di F. D'Andrea» - «Le Sculture sonore di Pinuccio Sciola» «DJ Set di Andy Fletcher»

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Ultime battute di un'estate che in Trentino è stata davvero ricca di musica, tra rassegne, festival e concerti di tutti i generi e per tutti i gusti, proposti su tutto il territorio.
Parlare di tutti gli eventi quindi sarebbe praticamente impossibile, mentre è relativamente più facile individuare un'ideale quintessenza musicale, che risponda alle caratteristiche di originalità, unita preferibilmente a un'ambientazione suggestiva, con artisti di alto livello e grande seguito da parte di un pubblico numeroso, attento e motivato, insomma tutt'altro che casuale e distratto.

Ebbene, L'Adigetto.it ha individuato ben cinque eventi che rispondono a questi «requisiti minimi».
Si tratta della prima data del concerto «Il buffo alla moda a Venezia» con Alberto Camerini e l'Ensemble Corelli, seguito da quello dalla Ziganoff Jazzmer Band, dal sestetto di Franco D'Andrea.
E poi le sculture sonore di Pinuccio Sciola e il dj set di Andy Fletcher, l'anima musicale dei Depeche Mode.



Si inizia quindi con la musica barocca veneziana, che il nove luglio ha aperto la stagione teatrale estiva del Centro Santa Chiara, nel giardino del Centro.
Con l'ottimo Ensemble Corelli, gruppo trentino guidato dal violinista Andrea Ferroni, c'è un interprete d'eccezione come Alberto Camerini, rockstar degli anni Ottanta in veste di Arlecchino elettronico con cresta punk, che quest'estate Camerini è tornato sempre nei panni della maschera più colorata della Commedia dell'Arte, ma che sembrava uscito direttamente dal Carnevale di Venezia, intento a lanciare i suoi lazzi sulle note della celebre «Follia per due violini e basso continuo» di Antonio Vivaldi.

Dalle sperimentazioni elettroniche degli anni Settanta, il rock e il punk, Camerini è così approdato alla musica barocca del Settecento.
Sul palco sfodera il carisma di sempre quando recita passi satirici contro il teatro d'opera tratti dal Buffo alla moda di Benedetto Marcello e intona arie da battello, tra cui «Dolce xe quel musetto» e «Per quei rubini ardenti».
Dopo l'anteprima al Casinò di Arco durante la settimana di Pasqua, a Trento, il mitico Camerini - Arlecchino è tornato registrando grande successo tra i tanti fans di sempre e quelli dell'ultima ora.



In uno dei luoghi più belli e rappresentativi dell'architettura trentina, come la Loggia del Romanino al Castello del Buonconsiglio, il 30 luglio ha ospitato la Ziganoff Jazzmer Band, ossia il nuovo affascinante progetto musicale dell'etnomusicologo trentino Renato Morelli che in questi ultimi dieci anni ha segnato la storia della musica etnica dell'Arco Alpino e dell'Est Europa, con il suo gruppo Destrani Taraf.
Una bella avventura ora definitivamente conclusa per lasciare spazio a questo nuovo progetto interamente fondato sul virtuosismo musicale unito al grande coinvolgimento del pubblico.
Accanto a Morelli alla fisarmonica e chitarra ritmica, suonano la violinista Rossana Caldini, Manuel Randi alla chitarra solista e clarinetto, Hannes Petermair a tuba e sousaphono, Christian Stanchina alla tromba e flicorno, Fiorenzo Zeni al sax soprano e silver clarinet.

Proposta dalla rassegna «MagnaArte», organizzata dall'associazione Spirito Libero di Ton, al Buonconsiglio la Ziganoff ha presentato ufficialmente il suo primo CS «A glezele vayn», in cui Morelli recupera i legami perduti tra la musica klezmer, il primo jazz e lo swing zingaro manouche.
In una Loggia del Romanino strapiena di pubblico, il concerto della Ziganoff sfuma presto in una festa musicale delle più colorate e coinvolgenti dell'estate trentina, tra esplosioni di suoni e ritmi vertiginosi.

Da notare che la copertina di questo cd è stata realizzata dal giovane artista trentino Luca Franceschini, un talento della grafica che un paio di anni fa è stato applaudito anche alla Biennale Musica di Venezia per le scene de «Il Gridario», l'opera dedicata agli editti risalenti all'epoca del Principato vescovile di Trento, musicata da Matteo Fraceschini, grande talento trentino, e parigino d'adozione, della musica contemporanea di matrice classica.
Un evento musicale inedito con Franco D'Andrea, pianista culto della scena internazionale, è stato proposto l'8 di agosto dal Lagarina Jazz Festival, raffinata rassegna dedicata al jazz d'autore, diretta da Giuseppe Segala,
Nel Cortile di Palazzo Libera di Villa Lagarina si è tenuto il primo concerto del sestetto di Franco D'Andrea, nato dalla fusione del suo storico quartetto con Andrea Ayassot, Aldo Mella e Zeno De Rossi e del recente trio, con Daniele D'Agaro e Mauro Ottolini.



Il «Lagarina Jazz Festival» ha avuto quindi l'onore di tenere a battesimo il nuovo progetto musicale di Franco D'Andrea, emblematico del suo straordinario percorso artistico, in cui sono stati eseguiti diverse sue composizioni come questo debutto è stato salutato da un pubblico molto numeroso arrivato anche da fuori regione apposta per questo appuntamento. In programma, i pezzi jazz che guardano alla musica contemporanea firmati dallo stesso D'Andrea, tra cui «Two colors», «Into the mistery», «A4+m2» e «M3».
Originario di Merano e cittadino del mondo in qualità di musicista cosmopolita, Franco D'Andrea ha festeggiato quest'anno i suoi primi settant'anni con il prestigioso riconoscimento di miglior musicista in Europa, attribuitogli dalla severa e iperselettiva Accademie du Jazz de France.

Ed era dedicato agli appassionati di jazz, ma anche a coloro che si volevano semplicemente avvicinare a questo genere, spiegato però da un maestro d'eccezione come lo stesso D'Andrea insieme al suo sestetto, il laboratorio «Lumi sul Jazz - Il concerto spiegato», che si è tenuto sempre a Palazzo Libera nel pomeriggio del concerto.
I musicisti hanno illustrato anche con esempi allo strumento, alcuni criteri della loro musica, approfondendo i rapporti di composizione e improvvisazione, l'approccio al ritmo, lo sviluppo di un tema, il dialogo musicale nelle complesse dinamiche di gruppo, basate essenzialmente sull'intesa che deriva da una lunga esperienza legata al suonare insieme, e ad un attento ascolto reciproco.

Il 9 agosto, in Val di Fiemme, al Passo Lavazé a quota 1807 metri, il tenace pubblico della montagna che segue numeroso «I suoni delle Dolomiti», è stato accolto da una visione d'arte e di natura di estrema bellezza.
Al centro di un anfiteatro naturale quale è il Lavazé, c'erano infatti le sculture di pietra realizzate da Pinuccio Sciola, scultore sardo, classe 1942 capace di lavorare la pietra come se fosse dell'acqua.

Sul prato del Lavazé, al cospetto delle Dolomiti, ci sono le grandi sculture di pietra calcarea, provenienti dalla cava di Orosei, insieme alle «tre principesse» ossia tre nuove creazioni in porfido di Albiano, espressamente realizzate per l'evento de I Suoni.
«La roccia calcarea genera un suono liquido perché dal punto di vista geologico non è che acqua fossilizzata - spiega prima del concerto lo stesso scultore, - mentre il porfido è più elastico, le sue vibrazioni profonde portano in sé il rumore fondo della terra.»

Pinuccio Sciola prima, Pierre Favre e il suo ensemble dopo, in più di un'ora di improvvisazione hanno sfiorato, accarezzato, percosso e fatto vibrare le pietre e gli strumenti in tutti in modi e con tutti gli oggetti possibili: legni, pietre, palmi delle mani, fasci di fuscelli, bacchette ricoperte di feltro.
Un percorso musicale prezioso, che ha dato voce al suono represso delle montagne, in uno spettro sonoro che spazia dalle melodie evocative e di un'evanescenza siderale delle pietre ai ritmi della terra, di matrice naturalmente africana.

Il nostro ideale viaggio musicale, a caccia di sonorità inedite e di forte suggestione, si conclude a Riva del Garda, sulle sponde del lago, il 20 di agosto, per la penultima tappa del festival itinerante Vivalago ideato da Agostino Carollo, che ha ospitato grandi dj italiani e stranieri, tra cui Coccoluto e Vannelli.
E proprio nell'inedita veste di DJ, su un palco avvolto da una conchiglia bianca inondata di luce azzurra, alle 22.45 è salito Andy Fletcher, fondatore e bassista del leggendario gruppo inglese Depeche Mode.

Ben quattromila spettatori sono accorsi a Riva per questo evento: pubblico in adorazione e prime file armate di vinili, CD e telecamere per immortalate da vicino il musicista in persona, ma anche la sua immagine unita a quella del pubblico stesso, che veniva ripresa e rielaborata in tempo reale dal VJ Hal che gli stava accanto alla consolle, e proiettata in tempo reale sui maxischermi ai lati del palco.
A fare la differenza in questo grande evento è stato anche il fattore vicinanza: l'intuizione di Agostino Carollo di collocare una star del calibro di Fletcher non su di un palco gigantesco e lontano dal pubblico come nei concerti che si tengono negli stadi, ma su un palco con spettatori a portata di mano, rende la star stessa più raggiungibile e la restituisce al suo pubblico proprio grazie a questa emozionante sensazione di vicinanza e di forte coinvolgimento.

Sandra Matuella
s.matuella@ladigetto.it

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