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Conclusa la «3 Giorni di cinema» al Sanbapolis di Trento

Il 17, 18 e 19 febbraio sono stati proiettati sei film, seguiti da altrettanti dibattiti

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Si è conclusa con un buon successo la rassegna di film proiettati al Teatro Sanbàpolis di Trento nei giorni 17, 18 e 19 febbraio.
Al centro dell’attenzione, il cinema ibero-latinoamericano approdato a Trento direttamente dal Festival del cinema ibero-latinoamericano che da quasi quarant’anni si svolge a Trieste.
Con il sostegno dell’Università di Trento, dell’Opera Universitaria e della Fondazione Caritro, la rassegna è stata organizzata da Sanbaradio, Associazione Filorosso, Associazione Italia-Cuba e Il Funambolo.
Ogni pomeriggio due film, ospiti illustri, temi interessanti e dibattito finale.
 
La prima sera sono stati proiettati un film boliviano - «El film justifica los medios - e uno dominicano - «Malpaso» - presentati dal direttore artistico Guido Laino e dall’ospite d’onore, Rodrigo Diaz, direttore del Festival di Trieste. Entrambi i film raccontano storie di ordinaria violenza alle frontiere di Paesi poveri, dove la sopraffazione è regola di vita.
Diaz ha parlato della cinematografia ibero-latinoamericana che in qualche modo è anche nostra, dal momento che la nostra comune origine neolatina ci collega inevitabilmente.
Al centro di Malpaso, due fratelli adolescenti - uno moro, l’altro albino - uno che protegge il fratello diverso, l’altro che vorrebbe nascondersi agli occhi di tutti e sogna di ritrovare il loro padre, in una realtà violenta alla quale non riescono a sottrarsi.
Tutto ciò reso ancora più impattante grazie all’uso sapiente del bianco/nero.
Questo film è stato premiato al Festival di Trieste.
 
Seconda serata, altro tema: Cinema e Letteratura, con la proiezione di un film poco conosciuto e praticamente introvabile nei comuni circuiti, particolarmente interessante per noi che stiamo attraversando una pandemia - «El año de la peste» - sceneggiato da Gabriel Garcia Marquez, e del documentario Roberto Bolaño, «La batalla futura».
Ospite in sala il regista del documentario Ricardo House, che ha risposto alle domande di Guido Laino con la preziosa intermediazione di Rodrigo Diaz.
 
È stata sottolineata la vicinanza fra le nostre culture, dovuta probabilmente al fatto che l’emigrazione italiana (e ovviamente trentina) in America latina è stata intensa; c’è anche da aggiungere che la produzione letteraria latinoamericana è molto apprezzata in Italia, basti pensare a Gabriel Garcia Marquez, a Isabel Allende, a Luis Sepulveda, a Pablo Neruda, a Jorge Luis Borges, a tanti altri, tra cui proprio Roberto Bolaño a cui è dedicata la seconda proiezione.
Il regista House, insieme a Diaz, ha parlato dell’uomo e dell’intellettuale e della loro giovinezza, segnata profondamente dall’assassinio di Allende e dal golpe di Pinochet.
Come tanti altri cileni, anche loro tre furono costretti a fuggire dal loro Paese.
 
La terza e ultima serata, «America Latina/Europa, andata e ritorno», è stata centrata sull’emigrazione di chi ha raggiunto le lontane Americhe dall’Europa (e qualche volta è tornato) e sull’immigrazione che tocca le coste italiane: «Finisterre» è un breve film che racconta il ritorno in Galizia di una donna emigrata in Argentina sessanta anni prima: tutto è diverso, palpabile è l’emozione di rivedere luoghi, ambienti, persone.
Passato e presente si mescolano, la protagonista è straniera in Argentina, ma anche in patria.
 
L’Associazione Trentini nel mondo, attraverso la testimonianza di una giovane signora nata in Argentina, figlia di una trentina, con una nonna austriaca e infine tornata in Italia, ha evidenziato i disagi di viaggi verso terre sconosciute e la nostalgia di luoghi, persone e fatti.
Certo, oggi si va e si torna, i costi dei viaggi sono sopportabili, la nuova emigrazione è quella dei cervelli, chi parte sa che cosa troverà.
 
Il secondo film è stato particolarmente toccante: sala affollata (green pass e mascherina sul volto), curiosità, emozione in attesa di scoprire «El cielo sobre Riace», la testimonianza di un argentino, Damiàn Olivito, regista del documentario, discendente di emigrati riacesi, che quando torna al paesino degli avi non trova la solitudine e la miseria che avevano costretto gli abitanti all’abbandono, ma un paese vivo, accogliente e solidale, che ha ripreso forza vitale accogliendo i migranti curdi, turchi, nigeriani eccetera a cui ha dato lavoro, formazione e soprattutto dignità.
L’idea è stata del sindaco Mimmo Lucano, lontano parente del regista. Lucano in nome dell’accoglienza, ha immaginato l’arrivo dei migranti come il ritorno degli emigrati di una volta; li ha accolti, anche se di razza e lingua diverse, ha dato loro un lavoro, ha aperto porte e case vuote da anni, ha creato botteghe.
 
Le immagini ci mostrano scene di affetto fra anziani soli e malati e bambine con gli occhi vivaci e le treccine che li accarezzano, come se fossero nonni e nipotini; ci sono testimonianze di riacesi felici di vedere di nuovo vivo il paese, di aver incontrato nuovi amici, e di immigrati che hanno trovato, dopo tanto patire, un luogo dove finalmente sostare.
Ma questa specie di miracolo, per cui Mimmo Lucano è stato persino candidato al Premio Nobel per la pace, ha dato fastidio a qualcuno…il sindaco è stato inquisito, processato, allontanato dal suo paese.
In tante città italiane, e naturalmente anche a Trento, è nato spontaneamente un gruppo «Trentino con Mimmo Lucano».
Dopo la proiezione, ne ha parlato con entusiasmo e rigore Adriana Paolini, contagiando anche il pubblico che ha a lungo applaudito e manifestato consapevolezza e sostegno.

Così, con una commozione palpabile, si è conclusa la 3giorni.
L’auspicio è che continui questa proficua collaborazione tra Istituzioni, Associazioni e Festival di Trieste.

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