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Lettere al direttore – Claudio Riccadonna

La solitudine, l’abbandono, la non appartenenza: anche oggi, a volte, il miraggio di una nuova patria si unisce alle disumane tragedie del mare...

L'abbandono, il senso di solitudine, il sentimento devastante di inappartenenza assurgono al ruolo di protagonisti della poesia «In memoria» di Ungaretti. Al centro Mohammed Sceab, amico di infanzia del poeta, conosciuto ad Alessandria e morto suicida nel 1913, nell'albergo parigino in cui alloggiavano entrambi.
La condizione di isolamento enfatizzata dal poeta amico, unico testimone sinceramente partecipe del dolore di Sceab.

Insomma il dramma di un uomo senza patria che si esplicita nell'aver reciso le proprie radici arabe, «di chi non sapeva vivere nella tenda dei suoi dove si ascolta la cantilena del Corano...» ma di chi al tempo stesso non era riuscito ad integrarsi nel mondo europeo, pur cercando, anche se impotente, con tutte le forze di adattarsi al cambiamento, di chi «amò la Francia e mutò nome in Marcel ma non era francese...» (è vero, breve digressione, che anche Ungaretti risulti un esule in terra straniera ma che, a differenza di Sceab, avrà la capacità di trovare «la salvezza» nel valore catartico e liberatorio della scrittura).
 
Pertanto, il dramma dell'esodo, della crisi di identità e di sradicamento laceranti, non a sufficienza interiorizzati, che non hanno lasciato scampo e che hanno alimentato un vuoto nullificante, un grido estremo di dolore rimasto incompreso, chissà, alla nemica indifferenza.
Una sorta di sospensione, oggi più che mai attuale, in una specie di Limbo disorientante, tra la cultura di origine e quella nuova del Paese in cui ci si è insediati.
Le difficoltà di tanti odierni Mohammed, e penso a quanto possa essere doloroso, nell'interagire ed armonizzare con la realtà circostante e con un «vicinato» più o meno esteso in contesti, non sempre, favorevoli, disponibili ed empatici.

Una situazione di disagevole smarrimento per molti che richiederebbe, talvolta, un’attenzione maggiore e una sensibilità attiva dell'intera comunità.
Già il poeta nel 1963 in un estratto di «Ungaretti commenta Ungaretti» ebbe a dire:
«Mohamed come simbolo di una crisi della società e degli individui che ancora perdura, derivata dall'incontro e scontro di civiltà diverse.»
E ancora oggi, forse quantomeno per alcuni, il miraggio di una nuova patria unito alle disumane tragedie del mare...

Claudio Riccadonna, Ala.

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