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Sanremo 2021: Fiorello lo showman, Elodie fuoriclasse

Il nostro augusto parere sui cantanti che si sono esibiti sul palco dell'Ariston

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Terminate le prime due serate di Sanremo, svelate tutte le canzoni in gara, anche dalla riva de 'Adigetto.it vogliamo commentare la 71esima edizione del Festival di Sanremo, dando i voti ai protagonisti, in ordine di uscita.
Si inizia col vincitore dell'edizione 2020, Diodato: emozionato come si conviene nella prima esibizione, simpatico a 32 denti nel siparietto coi conduttori col remake della fotografia della vittoria, si scioglie quando torna sul palco, regalando anche mosse di danza subito virali su twitter.
Le canzoni sono bellissime, ascoltate tutto l'anno. Mezza Italia avrà realizzato: «Ah, era Diodato quello? Però, bravo!». Promosso, promossissimo: 9, anzi 10. In crescendo.
 
Entra Arisa, giacca rossa oversize che non le dona particolarmente, la canzone «Potevi fare di più» è applicabile al look, non alla voce, che si conferma una delle più belle della canzone italiana.
Il pezzo di Gigi d'Alessio però non ci convince del tutto: 8.
Stupiscono, musicalmente, Colapesce e Dimartino: vestiti da sorbetto, divertenti, sonorità anni '80, pattinatrice a rotelle che spunta a sorpresa, per noi la loro «Musica leggerissima» meritava di più: 7,5, e non è un 8 solo per l'emozione che ha frenato un'esibizione che poteva «spingere» di più.
Aiello, «Ora»: forse puntava all'ultimo posto, obiettivo centrato. Tutto troppo. 4
 
Francesca Michielin e Fedez, «Chiamami per nome»: voto 8 a lei, tradito dall'emozione lui, un duro dal cuore di panna che per poco non sviene sul palco.
Lo perdoniamo perché con Scena Unita, il fondo per i lavoratori dello spettacolo, ha dato fiato a migliaia di famiglie in quest'anno maledetto. Canzone onestamente (per noi) bruttina, settimo posto generoso, 6,5 sommando tutto.
Max Gazzè e Trifluoperazina Monstery Band, «Il farmacista»: in versione Albus Silente, regala un momento di spettacolo e follia.
Meno convincente la canzone, tra arnica e stramonio, di medicine quest'anno ne avremmo anche abbastanza, grazie: 7.
 
Noemi, «Glicine»: il titolo Metamorfosi, del suo nuovo album, esprime bene la trasformazione anche fisica della cantante.
La canzone per noi (boomers) è ad ogni ascolto più bella, il timbro inconfondibile continua a graffiare, sicura sul palco, elegante in abito lungo argentato Dolce&Gabbana (2007/2008) tempestato di Swarovsky invece che delle inflazionatissime paillettes, chiude gli occhi e ti porta nel suo mondo... «che lle voi dì», DIECI.
 
Madame, «Voce»: si cambia decisamente stile, epoca e registro, ma dopo aver travolto il web nel 2018 con «Sciccherie» la rapper vicentina Francesca Galeano stavolta non convince del tutto: sicura sul palco più di tanti colleghi navigati, pure troppo, non originalissima nella scelta di scendere scalza le scale dell'Ariston, porta una canzone d'amore moderna, e ha il merito di non stonare, ma non «spacca»: 6,5.
 

 
Maneskin, «Zitti e buoni»: se te lo dice Damiano, ubbidisci più che alla maestra. Il solito animale da palcoscenico, ben supportato dalla band, i ragazzi usciti da X Factor si confermano gruppo rock coeso e travolgente.
Rischiano però il «già visto» (tant'è che li hanno accusati di aver plagiato F.D.T. di Anthony Laszlo), e la sala vuota li penalizza, l'avrebbero «spettinata» per bene: 8 a loro, 6 al pezzo, media: 7.
Ghemon, «Momento perfetto»: una canzone vera, apprezzata dai musicisti per l'arrangiamento, lui impeccabile nell'esecuzione, un invito a «inseguire i desideri per non vivere di ricordi…». Tutto bene, tutto bello, però, chissà perché, non passa. Forse manca di emozione, forse non la capiamo noi, non si può dire insufficiente ma non va oltre il 6.
 
Coma_Cose, «Fiamme negli occhi»: Ora, a parte i vestiti abbinati con la stessa stoffa (too much, per dirlo alla Carla Gozzi), noi li abbiamo trovati originali, moderni, intensi. Lei che ciondola le braccia con la peggior pettinatura che speravamo archiviata negli anni '80 è coraggiosa.
Lui la guarda come fosse ruvidamente preziosa. Una canzone d'amore senza melassa, e non è facile, testo originale, ritornello orecchiabile (resta qui/ancora un minuto/hai le fiamme negli occhi ed infatti/se mi guardi mi bruci).
Non ultimo (scusate la nota personale): è piaciuta a mio figlio di 6 anni, il che di solito per un pezzo è una cosa buona. Incompresi nella classifica finale (solo 18esimi), meritavano di più: 7,5.
 
Annalisa, «Dieci». Un titolo, una promessa. Dopo Arisa e Noemi, la terza conferma che le donne lo fanno meglio.
Cantare e vestirsi, nella fattispecie. Suona chitarra, flauto traverso e pianoforte (ma non qui), ha una voce pazzesca ed è pure laureata in fisica (e in fisico aggiungeremmo noi: minigonna cortissima, scollatura profonda, ci resta un dubbio sul rosso dei sandali da schiava, a contrasto, ma forse ha ragione lei, total black sarebbe stato più noioso).
Chiude in testa la prima serata, al fotofinish la supera Ermal Meta, ma non è finita qui: «niente panico». Rasenta la perfezione, ma non sempre è un bene, quando parli di musica: 10.
Francesco Renga, «Quando trovo te»: Arriva, piacione come sempre, canta e urla alla Renga, stecca pure, però. Noi boh. E non solo noi. Banalotto. L'ex signor Angiolini finisce decimo. Poteva andare meglio, ma anche peggio: 6,5.
 
Fasma, «Parlami»: il giovane rappper romano passa dal terzo posto nelle nuove proposte ai big: pezzo moderno, ritornello notevole, a tratti in apnea, nonostante si esibisca a pubblico ormai esaurito (come sempre, Festival troppo lungo), strappa un sesto posto: bravo, 7+.
Chiudiamo la prima serata con nota di super-merito per Matilda De Angelis, brava, bella, simpatica, promossa. Simpatico Ibra, che fa il direttore e vuole allargare il campo ma salva le orchestrali: «l'orchestra? Via. Le ragazze restano».
Divertente Fiorello che gioca con le poltrone «su i braccioli/giù i braccioli!», ironizza sulle regole assurde che tutti conosciamo e nella seconda serata nota il «falloncino» in platea, Amadeus fa da collante, e gli riesce bene. 8 per i maschietti, 9 per lei.
 

 
Seconda serata: potremmo dire «Elodie», e chiudere il pezzo, ma sarebbe irrispettoso.
Quei 4 minuti di mesh up, tequila, stacco di coscia e guaranà resteranno comunque la cosa più bella del Festival, forse DEI Festival.
Impacciata nella prima presentazione, si fa ampiamente perdonare quando fa quel che sa fare: show.
Un intervallo di superbowl tra i fiori di Sanremo. UNDICI. O come dicono i giovani, CIAONE. Twitter esplode, Elodie trend topic.
Ma ritorniamo nel mondo reale, e ripartiamo da Orietta Berti, «Quando ti sei innamorato»: difficile staccare gli occhi da quelle due vongolone sul seno, impossibile credere che siano gli stessi creativi che hanno vestito Achille Lauro (Nick Cerioni, che ha vestito il cantante l'anno scorso, e Giuliano Calza. A proposito, Lauro blasfemo, come al solito. Meglio la prima serata che la seconda, fa il dannato ma sa cantare).
Ora abbiamo capito perché alle 22:05, mentre Orietta andava a provare il vestito, 3 volanti hanno cercato di fermarla. Non era per il coprifuoco. Canzone vecchiotta, ma lei dà lezioni di bel canto a tanti colleghi, meno di 7 a Orietta non si può dare, il mito è mito.
 
Bugo, «E invece sì»: Per la serie «ride bene chi ride ultimo», mentre lui canta (malissimo) Morgan posta su Instagram il video integrale di «Le brutte intenzioni», ovviamente nella sua versione s-corretta, quella che aveva fatto infuriare e uscire dal palco il collega l'anno scorso.
E così, mentre il povero Bugo si esibisce, su Twitter Morgan entra in Trend Topic (i più citati). Commenti social anche per il povero Bugatti: «se avesse un po' di voce non canterebbe male», «è bravo Andrea Pirlo», «le brutte canzoni, la mala intonazione» sono tra i più clementi. Lui ricompare online e commenta, non senza apprezzabile ironia: «centinaia di messaggi bellissimi. Torno a bere». Arriva pure ultimo... Caporetto. Gli diamo 6 per non infierire. Dai Bugo!
 
Gaia, «Cuore amaro»: arriva Gaia e fa Gaia, anche se in una tutina bianca da Elettra Lamborghini: pezzo ballabile, voce impeccabile, caschetto che le dona.
Peccato le tocchi cantare dopo Laura Pausini, fresca di Golden Globe, che scende le scale col mantello del Mago Otelma/Voldemort (appena uscito dalle passerelle di Valentino) 28 anni dopo la prima apparizione al Festival e sfodera tutta la voce e l'orgoglio nazionale.
Gaia penalizzata, le diamo 6,5. 8 alla Pausini da Solarolo, che chiude con un bel «grassie!», come si conviene.
 
Lo stato sociale, «Combat Pop»: sopravvalutati. Arrivano, fanno casino, imitano gli Elio e le Storie Tese, citano Skiantos e Clash, tutti si chiedono «ma Lodo dov'è?» (the new «dov'è Bugo?»), Lodo esce dallo scatolone, fine del casino, ciao. Ottavi. Troppo. Per noi 5,5, niente di nuovo.
Però una pogatina sotto il palco ci starebbe, ricordando le serate universitarie di Bologna, e i bei tempi pre-lockdown.
La rappresentante di lista, «Amare»: che strano, un'altra canzone d'amore. Non è colpa loro (che sono in due, a dispetto del nome), ma non ne possiamo più.
Vestiti uguale, poi, fuxia «Stabilo Boss», lei troppo sguaiata, anche se la voce è pazzesca. Aspettando la cover di «Splendido Splendente», la queer pop band siciliana non ci convince: 5 (ma convince i social, che stravedono. Ci fanno sentire vecchi - NdR)
 
Malika Ayane, «Ti piaci così»: Dopo Arisa, Noemi e Annalisa, chiude il quartetto delle belle voci femminili degli ultimi 10 anni. Elegantissima in Armani, peccato per i polsini di pelliccia (anche no), due parole e già «adoro».
Potrebbe cantare anche la lista della spesa, e il pezzo è carino, molto Malika: 8 meno meno, manca un pizzico di originalità.
Arriva Alex Schwazer: ritmo lento, ma il marciatore chiude fra gli applausi quando dice: «ho vinto in tribunale ma sono uno sportivo, voglio vincere in campo». «Mia figlia mi vedrà alle Olimpiadi», e noi tifiamo per lui.
 

 
Si illumina l'Ariston, compare una sagoma controluce in cima alla scalinata: i 4 minuti che entreranno nella storia: Elodie dea, bond girl, la ex ragazzina coi capelli rosa di Amici fa esplodere una bomba di energia sul palco.
No vabbè Maria io esco. Chiunque sia in scaletta dopo si vuol gettare dal balconcino di Mollica (in versione ologramma), ci scommetto. Poraccio.
Per fortuna ci mettono un cuscinetto revival con Gigliola Cinquetti, Faustone Leali (sempre in forma) e Marcella Bella.
Dopo Elodie, ahiloro. L'Italia si lava i denti.
 
E continua a sfregare con Extraliscio Feat. Davide Toffolo dei 3 allegri ragazzi morti. E sepolti. Siamo ancora tutti sotto Elodie (l'ho già detto?).
Zum-pa-pa non basta, suona di un'era geologica fa. Roba da fare causa a chi ha fatto la scaletta. 5, d'incoraggiamento, come per Bugo.
Quando mezza Italia comincia a pentirsi di non essere andata a dormire, smaltita la botta di adrenalina di Elodie (l'ho già detto?), si torma in gara, ci pensa Ermal Meta. Bravissimo lui, molto bello il pezzo. Poco da dire, Ermal fa Ermal e non sbaglia: 8,5
Arriva il rapper debuttante Random, «Torno da te», random come le note che non azzecca neanche per sbaglio.
Ovvero: come straziare una bella canzone. Chissà se l'avesse cantata Ermal. Ma l'ha cantata lui: 3.
 
Si risale a fatica, passata mezzanotte e mezza, con Fulminacci, «Santa Marinella»: cantautorato italiano tradizionale, un'altra canzone d'amore/inno al carpe diem, lui (quasi) intonato (ma dopo aver sentito Random, pare Pavarotti), il pezzo non è male, ricorda un po' Dalla, peccato il pigiama dimenticato sotto la giacca bordò che fa tanto tramviere, 7.
E quando ormai hai perso le speranze che Amadeus abbia messo in gara un minimo di critica sociale, arriva lui: Willie Peyote, «Mai dire mai (la locura)»: ritmo, testo graffiante, qualche verso memorabile («riapriamo gli stadi ma non teatri né live/magari faccio due palleggi mai dire mai»; «le major ti fanno un contratto/se azzecchi il balletto e fai boom su Tik Tok» «non so se mi piego/dipende dal prezzo» «non ho capito in che modo twerkare vuol dire lottare contro il patriarcato»; «lo chiami futuro ma è solo progresso/sembra il Medioevo più smart e più fashion»):, il testo migliore del Festival, pure cantato bene: 9.
 
Ci si avvicina alla chiusura, arriva tale Gio Evan con «Arnica», il giramondo che dorme in tenda sulla terrazza di un hotel si fa notare per i bermuda e la giacca stile Amazzonia, canta una ballad senza voce, forse lo tradisce l'emozione, 5, la testa si chiede «ma Irama? Canta o non canta?».
Canta, eccome se canta. «La genesi del tuo colore» viene proposta nella registrazione delle prove, dato il collaboratore positivo al Covid. Piuttosto che niente, è meglio piuttosto. Anche con lo show dimezzato, Filippo vola al terzo posto, e ringrazia con un video su Instagram, seduto sul letto dell'albergo con giacca di paillettes e cappello nero (sarebbe stato quello il look?): «l'importante è la salute, mi dispiace per le persone coinvolte», lui che potrebbe essere tra il disperato e l'incazzato come una biscia, che per colpa di «quello», si è perso Sanremo. Come fai a non amarlo? La canzone però non ci convince del tutto... 8 comunque.
Di sicuro è originale, e lui bravissimo.

Emma M.

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