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50 anni fa moriva Alcide Plotegher – Di Guido de Mozzi

Era il cantante della «Pietra Filosofale» il complesso musicale più importante del Trentino degli anni Settanta – Lo ricordiamo con con Guido Smadelli

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Alcide Plotegher.

Il 10 maggio 1973 moriva Alcide Plotegher, cantante del gruppo musicale «La Pietra Filosofale».
Un lutto che ha segnato la vita di quel complesso all’epoca noto in tutta Italia, che aveva in cantiere l’incisione del primo LP e una trasferta inglese, ospite del gruppo «I drive» di Manchester, con cui avevano stretto amicizia e condiviso il palco in alcuni concerti, anche a Trento.
Un personaggio, Alcide. Un cantante molto dotato, con una notevole estensione vocale e grande personalità interpretativa.
 
In quell’epoca avevo iniziato a scrivere per l’Adige sui complessi musicali del Trentino e indubbiamente il complesso La Pietra mi aveva coinvolto emotivamente.
Più di una volta li ho accompagnati ai loro spettacoli ed è stato grazie a loro se ho potuto intervistare Keith Emerson, Peter Gabriel e altri ancora.
Poi la RAI Trento mi ha chiesto di fare tredici trasmissioni settimanali sui complessi trentini. Mi misero a disposizione la sala registrazione e i quei nastri, dal valore storico unico, ci sono ancora.

Iniziai con i Britanni (ex Flying Drakes), i primi in assoluto in Trentino, e finii la serie proprio con la Pietra Filosofale.
Una settimana prima che andasse in onda la loro trasmissione, mi giunse la notizia che Alcide Plotegher era morto. Di appendicite.
Fu una disgrazia che lasciò il segno anche a me. Misi in onda la trasmissione e la ascoltammo con le lacrime agli occhi.
Non ho più scritto di complessi musicali.
 
A cinquant’anni di distanza dalla sua scomparsa abbiamo pensato di chiedere a Guido Smadelli, bassista e mente della Pietra, di ricordarlo con noi.
 

I ragazzi della Pietra Filosofale: Gastone Baldessarini, Alcide Plotegher, Dino Rossi, Maurizio Smadelli, Guido Smadelli.

Guido, come era iniziata l’avventura con Alcide?
«È iniziata nel 1969. Da mesi con mio fratello Maurizio, il chitarrista Dino Rossi e il batterista Dino Panato avevamo varato un progetto.
«Tutti suonavamo da anni. Ci mancava un cantante. Ne abbiamo provati alcuni ma non trovavamo quello giusto.
«Un giorno ci è stato suggerito di provare Alcide, che non conoscevamo. Arriva in sala prove, per metterlo subito in difficoltà gli chiediamo di cantare Sensazioni dei New Trolls.
«Conosceva la canzone, si è seduto e ha iniziato a cantare. Arrivava su quegli acuti con una facilità incredibile.»
 
E come persona che impressione vi ha fatto?
«Eravamo rimasti sorpresi. Noi già dei capelloni, lui un ragazzo robusto, parlava solo in dialetto, l’aspetto quasi da contadino… Ma quando cantava in italiano aveva una pronuncia perfetta. E una voce stupenda»..ì

Poi la formazione è cambiata…
«Dino Panato è partito per il servizio militare, abbiamo trovato un nuovo batterista, Gastone Baldessarini, alle prime armi e inizialmente un po’ impacciato. Poi però è diventato una grande professionista.
«Proponevamo una musica d’avanguardia, per l’epoca, nostri riferimenti erano Genesis, King Crìmson, Deep Purple, Yes, Gentle Giant, Strawbs… e altri.
«Operavamo su due fronti: musica da ballo per vivere, l’intera estate in giro per l’Italia, da autunno a primavera fine settimana nelle balere del Nord, in particolare in Emilia Romagna, con qualche viaggetto in Puglia, Calabria, Sicilia. Ma puntavamo soprattutto a far conoscere la nostra musica nei concerti.»
 
Alcide è anche uscito dal gruppo.
«Sì, per un breve periodo era stato sostituito da Francesco de Gregorio, ottimo elemento, ma poi Alcide è tornato.
«Ormai proponevamo musica nostra, ne era il miglior interprete. Con lui abbiamo tenuto concerti un po’ ovunque, abbiamo fatto da spalla a vari gruppi famosi italiani, ma anche stranieri, ad esempio la “Incredible String Band” a Mestre e a Genova, abbiamo partecipato a dei festival pop, con buoni risultati.»
 
Tanto da attirare l’attenzione degli addetti ai lavori.
«Eravamo entrati nel giro buono. La nostra musica era piaciuta a Carlo Alberto Rossi, titolare di una casa d’incisione milanese dove registravano anche pezzi grossi.
«Quando siamo andati lì a registrare alcuni nostri pezzi, nella sala a fianco Lucio Battisti stava incidendo “I giardini di marzo”.
«Avevamo avuto un contatto con Produttori Associati, la casa discografica di Fabrizio de André. Tutto andava per il meglio, ma poi è successo l’imprevisto.»
 
Non dimentico quel giorno… Tu cosa ricordi?
«Alcide aveva avvertito una fitta all’inguine. Era andato dal medico e gli è stato detto che si trattava di appendicite. Non era urgente fare l’operazione, poteva attendere qualche mese.
«Era primavera, avevamo i consueti impegni musicali del fine settimana. Alcide ha detto che era meglio saltare qualche data in quel periodo, piuttosto che aver disagi in estate, quando si suonava tutti i giorni per tre mesi filati.
«È entrato in ospedale più che sereno. Il giorno dell’operazione verso mezzogiorno mi telefona un amico che abitava a casa sua e mi dice “Alcide è morto”.
«Ho pensato a uno scherzo di cattivo gusto, ma quando l’ho sentito piangere mi sono reso conto che non lo era. Ci siamo riuniti, eravamo distrutti. Alcide aveva 23 anni, un giovane nel pieno delle forze, sano come un pesce…»
 
E poi?
«Per un po’ è stata nebbia. Lui era un animale da palco. Non cantava, interpretava. La sua voce era incredibile. Era un allegrone scherzoso, ottimo giocatore di scacchi, amico di tutti. E noi eravamo un gruppo musicale di buon livello, ma al tempo stesso quasi una famiglia.»
 
La Pietra Filosofale ha continuato a suonare?
«Sì, per altri due anni. Al canto c’era Flavio Tomasi, buon elemento ma non si è più ricreata l’unione precedente, e avevamo perso il momento buono. Abbiamo migliorato la tecnica, l’arrangiamento dei nostri pezzi, ma Alcide aveva lasciato un vuoto che era difficile colmare.
«Nel 1975 abbiamo chiuso quel capitolo.»
 
Rimane qualche rimpianto?
«No. È stata una esperienza indimenticabile, che ci ha arricchiti. Il solo rimpianto è per la fine di Alcide, poteva avere un futuro, con o senza di noi. Si meritava di più, dalla vita.
«Anzi, si meritava di avere una vita. Non si può morire a 23 anni per una banale operazione di appendicite.
«È trascorso mezzo secolo, ma è ancora spesso nei miei pensieri.»
 
Della Pietra Filosofale rimangono pochi superstiti. Oltre ad Alcide non ci sono più Maurizio Smadelli, Flavio Tomasi, Francesco de Gregorio… che comunque hanno potuto, a differenza di Alcide, arrivare a una certa età.
Nonostante siano trascorsi cinquant’anni però il loro ricordo è ancora vivo, perché hanno scritto una pagina di storia della musica trentina.
La Rai Trento dovrebbe rimettere in onda quei documenti sonori.
 
Guido de Mozzi – g.demozzi@ladigetto.it

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