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È morto a 77 anni Enzo Jannacci, il poeta delle Scarpe da tennis

Con lui, medico di giorno e artista di notte, l’Italia perde un cantautore ironico e surrealista, passionale struggente

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Ho conosciuto Jannacci da ragazzino, quando sentii per la prima volta la sua opera d’arte El portava i scarp del tennis, che risale al 1964. Fu una scoperta straordinaria, perché credevamo che la musica leggera fosse solo quella del Festival di Sanremo.
La si trova su youtube in versione originale, che invitiamo ad ascoltare tramite questo link.
Inutile dire che la versione originale mi fa ancora sentire i brividi come allora.
Era la storia di un barbone che si era innamorato di una donna «bianca e rossa che pareva un tricolore». 

Che scusè, ma mi vori cuntav
d'un me amis che l'era anda' a fa'l bagn
sul stradun per andare all'Idroscalo
l'era lì, e l'amore lo colpì.
El purtava i scarp de tennis, el parlava de per lu
rincorreva già da tempo un bel sogno d'amore.
El purtava i scarp de tennis, el g'aveva du occ de bun
l'era il prim a mena via, perché l'era un barbun.
Un bel dì, che l'era dré a parla'
de per lu, l'avea vista passa'
bianca e rossa, che pareva il tricolore
ma po lu, l'è sta bon pù de parla'.
El purtava i scarp de tennis, el parlava de per lu
rincorreva già da tempo un bel sogno d'amore.
El purtava i scarp de tennis, el g'aveva du occ de bun
l'era il prim a mena via, perché l'era un barbon.
 
(parlato)
Un bel di a che'l pover diavul che riva na machina, si,
arriva una machina ven giù vun e domanda: "Ohè!" 
"A mi?"
"Sì, a lu, savaria, savaria no per piasee' la strada per andare
all'aeroporto Forlanini?"
"Non conosco l'aeroporto Forlanini"
"L'Idroscalo almeno lo conosce?" 
"Si, l'Idroscalo lo conosco, al so in duà l'è l'Idroscalo, l'accompagno io all'Idroscalo, però mi fa salir
sulla macchina, è forte questa, bella questa macchina, è sua?"
"Sì, lasa sta la machina barbon..."
"La macchina non l'ho mai vista..se mi fa salire sulla macchina
ci dico la strada per andare all'Idroscalo, se no niente...
si fa per dire insomma... Mangiare bere e andare a spasso, questa è la vita"
"Allora la strada per l'Idroscalo?"
"Vengo sulla macchina e ce lo dico...
vengo anch'io sulla macchina, non sono mai stato su una macchina,
"Ferma signore, che sono arrivato" 
"come arrivato?" 
"Sono arrivato chi.
 
(cantato
Un piasee', ch'el me lasa gio' chi
che anca mi mi go avu il mio grande amore
roba minima, s'intend, s'intend roba da barbon.
El purtava i scarp de tennis, el parlava de per lu
rincorreva gia' da tempo un bel sogno d'amore.
El purtava i scarp de tennis, el g'aveva du occ de bun
l'era il prim a mena via, perché l'era un barbon.
L'an truva' sota a un muc de carton
l'an guardà che 'l pareva nisun
l'an tuca che 'l pareva che 'l durmiva
lasa sta che l'e' roba de barbon.
El purtava i scarp de tennis, el parlava de per lu
el purtava i scarp de tennis, perche' l'era un barbun,
el purtava i scarp de tennis, el parlava de per lu
el purtava i scarp de tennis, perche' l'era un barbun...

Enzo Jannacci era nato a Milano il 3 giugno 1935, è morto a Milano il 29 marzo 2013 a 77 anni per un cancro.
Caposcuola del cabaret italiano, nel corso della sua cinquantennale carriera ha collaborato con svariate personalità della musica, dello spettacolo, del giornalismo, della televisione e della comicità italiana, divenendo artista poliedrico e modello per le successive generazioni di comici e di cantautori.
Autore di quasi trenta album, alcuni dei quali rappresentano importanti capitoli della discografia italiana, e di varie colonne sonore, Enzo Jannacci, dopo un periodo di ombra nella seconda metà degli anni novanta, è tornato a far parlare di sé ottenendo vari premi alla carriera e riconoscimenti per i suoi ultimi lavori discografici.
È ricordato come uno dei pionieri del rock and roll italiano, insieme ad Adriano Celentano, Luigi Tenco, Little Tony e Giorgio Gaber, con il quale formò un sodalizio durato più di quarant'anni.
Il ramo paterno della famiglia è di origine pugliese: il nonno, Vincenzo, era emigrato a Milano da Bari poco prima dello scoppio della prima guerra mondiale, mentre quello materno è lombardo
Il padre, che aveva due fratelli e una sorella, era un ufficiale dell'aeronautica e lavorava all'aeroporto Forlanini (in seguito rinominato Milano Linate), partecipò alla Resistenza e in particolare alla difesa della sede dell'Aviazione milanese di piazza Novelli, un'impresa che ispirerà poi canzoni come Sei minuti all'alba.
 
Dopo avere terminato nel 1954 gli studi liceali presso l'Istituto classico Alessandro Manzoni, dove ha conosciuto Giorgio Gaber, si è laureato in medicina all'Università di Milano.
Per ottenere la specializzazione in chirurgia generale si trasferisce in Sudafrica, entrando nell'equipe di Christiaan Barnard, e in seguito si reca negli Stati Uniti.
Il 23 novembre 1967 si sposa con Giuliana Orefice, che dà alla luce (il 5 settembre 1972) il loro unico figlio Paolo, divenuto musicista e direttore d'orchestra.
La carriera di musicista inizia negli anni cinquanta. Dopo il diploma in armonia, composizione e direzione d'orchestra e otto anni di pianoforte presso il Conservatorio di Milano con il maestro Gian Luigi Centemeri, inizia - all'età di vent'anni - a frequentare gli ambienti del cabaret, mettendo subito in mostra le proprie doti di intrattenitore e presentatore. Nel frattempo, si avvicina al jazz e comincia a suonare in alcuni locali milanesi, ma contemporaneamente scopre anche il rock and roll, genere nuovo che stava ottenendo grande successo in America con artisti del calibro di Chuck Berry e Elvis Presley.
 
Nel 1956 diventa tastierista dei Rocky Mountains, alla cui voce c'è Tony Dallara e che si esibiscono ripetutamente alla Taverna Mexico, all'Aretusa ed al club Santa Tecla, ottenendo grande successo. Tuttavia, alla fine di quell'anno, Jannacci lascia il gruppo e, grazie all'amico Pino Sacchetti, conosce Adriano Celentano, che gli propone di entrare come tastierista nel suo complesso, i Rock Boys, con cui si esibisce nei locali sopracitati ed in particolare al Santa Tecla.
Il 17 maggio 1957 la band suona al primo Festival italiano di rock and roll, che si tiene nel Palazzo del Ghiaccio e che costituisce una svolta all'interno del panorama musicale nostrano. Il gruppo suona la canzone Ciao ti dirò, che si rivela un successo e permette a Celentano di acquisire vasta fama ma, soprattutto, gli fa ottenere un contratto con la casa discografica Music.
Alla fine del 1958 Jannacci, (pur continuando a suonare con i Rock Boys), forma un duo con Gaber, noto con il nome di I Due Corsari, che debutta nel 1959 con alcuni 45 giri incisi per la Dischi Ricordi. La fortunata esperienza prosegue anche nell'anno successivo con altri due 45 giri e con due flexy-disc, intitolati Come facette mammeta (un classico della canzone umoristica napoletana) e Non occupatemi il telefono, usciti in abbinamento alla rivista Il musichiere.
 
Come jazzista suona con musicisti dello spessore di Stan Getz, Gerry Mulligan, Chet Baker e Franco Cerri, con i quali registra numerosi dischi, mentre è da Bud Powell che impara a lavorare sulla tastiera prevalentemente con la mano sinistra.
Dopo i primi 45 giri incisi con Gaber, debutta come solista con canzoni quali L'ombrello di mio fratello e Il cane con i capelli: sono brani nei quali il cantautore milanese fa già intuire uno stretto rapporto tra la musica e la comicità surreale, un legame che caratterizzerà gran parte della sua produzione artistica.
A questo filone, quasi precursore del demenziale (che lui stesso definisce schizo, abbreviazione di schizoide), si affiancano subito brani più romantici ed introspettivi, come Passaggio a livello, delicata canzone d'amore che Luigi Tenco reincide valorizzando Jannacci anche come autore e pubblicata dalla Tavola Rotonda insieme a Il giramondo nel 1961.
Intanto, continua la fortunata esperienza dei Due Corsari; tutti i 45 giri pubblicati nel biennio 1959-1960, tra cui le celebri Birra, Fetta di limone e Tintarella di luna vengono raccolti una decina di anni dopo nell'album Enzo Jannacci e Giorgio Gaber, pubblicato dalla Family, una sottoetichetta della Ricordi.
Nel frattempo i Rock Boys si sono sciolti, e dalle loro ceneri (con alcuni cambi di formazione) sono nati I Ribelli: Jannacci continua a suonare con loro, e partecipa ai primi due 45 giri del gruppo (Enrico VIII e Alle nove al bar, entrambi del 1960).
Poi abbandona il complesso per dedicarsi soprattutto alla sua carriera solista.
 
Nel febbraio 1961 Giorgio Gaber partecipa al Festival di Sanremo con una canzone scritta da Jannacci, Benzina e cerini, che non ha però grande fortuna, essendo esclusa dalla finale.
Successivamente scrive Un nano speciale e L'artista, nelle quali Enzo racconta di individui poveri, patetici ed emarginati, una tematica che gli sarà molto cara e che affronterà ripetutamente nell'arco di tutta la sua carriera di cantautore.
 
Nel 1963 segue come pianista la tournée dell'amico Sergio Endrigo, e sempre nello stesso anno inizia ad esibirsi al Derby, locale milanese di cabaret, dove conosce prima Dario Fo, e quindi Cochi e Renato: in entrambi i casi, nascono spontanee amicizie che portano all'inizio di interessanti collaborazioni, soprattutto in ambito musicale.
Nel dicembre 1964, viene pubblicato il suo disco di esordio, La Milano di Enzo Jannacci, formato interamente da pezzi cantati in dialetto e contenente uno dei suoi capolavori, El portava i scarp del tennis, commovente racconto della vita sciatta e modesta di un senzatetto milanese. Jannacci la canta alla fine dell'anno nel programma di Mike Bongiorno La fiera dei sogni: è il suo esordio televisivo.
 
Enzo Jannacci torna alla ribalta due anni dopo con un nuovo album, realizzato con la solita collaborazione di Fo e insieme a Fiorenzo Fiorentini: Vengo anch'io. No, tu no, trainato dall'omonimo singolo, diventa in breve tempo campione di vendite e balza in cima alle classifiche italiane, ed il brano giunge addirittura al primo posto dell'hit parade di Lelio Luttazzi.
Il cantautore riscuote improvvisamente un grande seguito, che gli vale la partecipazione a diversi show televisivi, come Quelli della domenica, iniziato il 4 febbraio, in compagnia di alcuni amici collegati all'ambiente del Derby (Cochi e Renato, Bruno Lauzi, Lino Toffolo e Felice Andreasi in primis).
Jannacci non paga lo scotto di essere un novellino davanti alle telecamere, dimostrando di sapere calcare nel migliore dei modi i palchi televisivi come quelli del teatro, solitamente a lui più confacenti. Gli apprezzamenti della critica arrivano anche con Ho visto un re, brano cantato insieme a Fo e ad un coro di accompagnamento: il pezzo appare al primo ascolto ironico e nonsense, ma in realtà è infuso di metafore a sfondo politico.
Non a caso, diventa uno dei brani simboli del '68, amato proprio per la sua apparente innocenza che nasconde una graffiante satira sociale. Questa caratteristica è ravvisabile anche nella canzone più celebre dell'album, la già citata Vengo anch'io. No, tu no, il cui exploit è certamente dovuto all'apparente semplicità ed orecchiabilità del testo ed in particolare del ritornello: in realtà, la definizione di canzoncina che le viene solitamente attribuita è molto riduttiva.
 
Infatti, come sottolineato dal critico musicale Gianfranco Manfredi, colui che pronuncia la ricorrente domanda «Vengo anch'io?» e che viene respinto dagli altri con un eloquente quanto significativo «No, tu no», simboleggia il tipico personaggio che, secondo l'immaginario collettivo, cerca ad ogni costo di non sentirsi escluso dal gruppo di amici a cui si riconduce, chiedendo di poterci essere - qualunque sia il progetto e l'intenzione della massa - come tutti gli altri. Ma le altre persone lo respingono solo per il gusto di vedere qualcuno nel ruolo dell'emarginato, di quello «di cui si deve ridere ma che non deve ridere».
Inoltre, solo negli ultimi tempi si è venuti a conoscenza di una strofa che, per motivi legati alla censura, è stata rimossa dalla canzone e che si riferisce alla tragedia dei minatori italiani in Belgio (Disastro di Marcinelle) ed anche alla sanguinaria dittatura del generale congolese Mobutu, le cui efferatezze in materia di diritti umani stavano scuotendo in quel periodo le coscienze dell'occidente.
 
Nel 1968 partecipa alla dodicesima edizione di Canzonissima, dove canta con l’intero cast la sigla Zum zum zum e arriva in finale.
Vorrebbe presentare Ho visto un re per scontrarsi con Gianni Morandi, ma la RAI si oppone; ripiega quindi su Gli zingari, brano struggente e delicato, molto diverso dalla leggerezza e dal tono goliardico di Vengo anch'io. No, tu no, ed infatti non ottiene l'apprezzamento del pubblico.
Infatti, la commissione incaricata dai dirigenti RAI di approvare o meno le canzoni proposte dagli artisti in gara, respinge la canzone definendola eccessivamente intrisa di significato politico e di tono polemico.
La delusione per la sconfitta finale è così cocente da indurre Jannacci a trasferirsi per quattro anni (a periodi alterni), prima in Sudafrica e poi negli Stati Uniti, allo scopo di riprendere gli studi di medicina, in particolare di chirurgia e cardiologia, che aveva abbandonato temporaneamente dopo la laurea e l'inizio della carriera nel mondo dello spettacolo. Nello stato africano collabora con il cardiologo Christiaan Barnard, grazie al quale approfondisce notevolmente le sue conoscenze in ambito medico.
Nel periodo della specializzazione medica, la notorietà del personaggio Jannacci subisce un calo vistoso. Tuttavia il cantautore milanese non abbandona completamente quelle che sono le sue passioni: continua così a scrivere nuove canzoni.
Ritornato definitivamente in patria, redige in pochi mesi due pièce teatrali che porta quasi immediatamente in televisione: Il poeta e il contadino (1973) e Saltimbanchi si muore (1979), di cui cura anche la regia.
 
Il primo dei due spettacoli, grazie all'impegno di Cochi Ponzoni e Renato Pozzetto, ha anche una trasposizione televisiva: Enzo vi partecipa una sola volta, interpretando Il panettiere, Canzone intelligente e La mia zia con Felice Andreasi e Teo Teocoli.
Dal 1974 comincia con successo a comporre colonne sonore per il cinema: la prima in ordine di tempo accompagna Romanzo popolare di Mario Monicelli, regista che già qualche anno prima aveva scelto Jannacci per un ruolo da attore all'interno di un suo altro film; nel 1975, è la volta di Pasqualino settebellezze, firmato da Lina Wertmuller.
Dal 1975 al 1988 Jannacci curerà l'accompagnamento musicale di altri quattro film: L'Italia s'è rotta, per la regia di Steno, 1976; Sturmtruppen, Salvatore Samperi; Gran bollito, Mauro Bolognini, 1977; Saxofone, Renato Pozzetto, 1978; Piccoli equivoci, Ricky Tognazzi, 1988.

Nel 1974 realizza insieme a Cochi e Renato la sigla di Canzonissima, più nota con il titolo E la vita, la vita, oltre ad altri brani di genere comico-demenziale (La gallina, Silvano, Il bonzo, L'uselin della comare ed altri ancora).
 
Nella seconda metà degli anni settanta Jannacci si dedica soprattutto alla sua professione di medico, non abbandonando tuttavia la musica; pubblica infatti quattro album di inediti in appena cinque anni.
La sua musica rimane piuttosto nascosta, ma Jannacci non sembra preoccuparsene più di tanto; sempre più rade si fanno difatti le sue apparizioni in televisione, e si registra lo stesso trend anche per quanto riguarda i tour in giro per l'Italia, che non organizzerà prima del 1979, in concomitanza con l'uscita di Fotoricordo e con il già citato Saltimbanchi si muore. Intanto, nel 1974 partecipa a Un disco per l'estate con Brutta gente.
Nel 1978 incide la colonna sonora di Saxofone, di e con Renato Pozzetto, con il quale cura anche buona parte della sceneggiatura. Seguendo poi la moda dilagante del video musicale ad accompagnare le canzoni, sceglie di rinnovare la sua immagine: gira il video di Quelli che..., pattinando per via Dante e per il centro di Milano e diversi filmati al Derby Club con Massimo Boldi, Giorgio Faletti, Diego Abatantuono ed altri.
 
Nel 1984 scrive l'inno del Milan, di cui si dichiara tifoso sfegatato; nel mese di ottobre Antenna 3, emittente televisiva lombarda, durante il programma Effetto concerto trasmette uno spettacolo di Jannacci, dove canta Mario, scritta alla fine degli anni settanta con Pino Donaggio.
Il 1985 inizia con la pubblicazione di un nuovo disco, L'importante, formato da canzoni all'apparenza semplici e goliardiche, ma che in realtà riflettono fortemente la distanza che Jannacci sente verso le nuove tendenze musicali degli ottanta.
Porta quindi in teatro un nuovo spettacolo, il recital Niente domande, dopodiché si prende una pausa prolungata, che dura fino a quasi tutto il 1986,
Il 17 marzo '87 sbarca nei negozi di dischi il nuovo album Parlare con i limoni; il singolo omonimo contiene una dotta e toccante citazione su Luigi Tenco, che Jannacci conosceva personalmente e di cui ricorda la canzone Il tempo dei limoni, affermando che («Al mio amico Tenco non gli han fatto vedere neppure i limoni»). 
 
Nel 2010 e 2011 compare varie volte nel popolare show televisivo Zelig, di Canale 5, nella veste di cantante e cabarettista. Il figlio di Enzo, Paolo Jannacci, ricopre la carica di maestro dell'orchestra del medesimo show nel 2011.
Il 19 dicembre 2011 Fabio Fazio conduce uno speciale su Enzo Jannacci in cui amici di lungo corso del musicista milanese, presente in studio col figlio Paolo, lo omaggiano interpretando suoi brani. Tra cui Dario Fo, Ornella Vanoni, Fabio Fazio, Cochi e Renato, Paolo Rossi, Teo Teocoli, Roberto Vecchioni, Massimo Boldi, Antonio Albanese, J-Ax, Ale e Franz, Irene Grandi e altri. Enzo Jannacci compare nell'ultima parte dell'evento cantando due sue canzoni.
 
Si ringrazia Wikipedia dalla quale abbiamo attinto la maggior parte delle notizie e delle fotografie che abbiamo utilizzato per scrivere questa memoria.
 

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