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L’intensità di Schubert ai piedi della «Pale»

Ai Prati di Col il concerto di Mario Brunello e del Quartetto Lyskamm

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Si è concluso con un concerto aperto al pubblico il trekking dei Suoni delle Dolomiti. Ad applaudire i musicisti circa un migliaio di persone, che hanno potuto ascoltare quanto raccolto – in termini di silenzio e profondità – da Brunello e compagni.
«La montagna è fatica, la musica è fatica. Ma che gioia, dopo»: sono alcune parole rubate al musicista Mario Brunello mentre valicava, oggi, il Passo di Bal a oltre 2400 metri di quota in compagnia dei quaranta escursionisti che hanno partecipato al Trekking de I Suoni delle Dolomiti.
Meta della giornata erano i Prati di Col dove, in un concerto seguitissimo, si è toccata con mano la felicità degli strumentisti, degli escursionisti e anche del pubblico, che al termine di quasi un'ora di musica si è alzato in piedi, tributando una standing ovation.
Un migliaio di persone, commosse dall'intensità unica di Schubert regalata dal musicista montanaro Brunello e dal quartetto Lyskamm.
 
Quattro movimenti, che hanno toccato così tanti temi ed emozioni che sono sembrati essere la sintesi di tutta una vita.
E in effetti il «Grande quintetto in do maggiore» di Franz Schubert è forse un'opera unica, scritta a poche settimane dalla morte, che tutto il pubblico de I Suoni delle Dolomiti ha gustato, ma che gli escursionisti del trekking hanno in un certo modo visto formarsi, ascoltando larghe parti e assistendo a una sorta di prova aperta che Brunello e compagni hanno offerto ai piedi di vette – quelle delle Pale di San Martino – o anche nelle atmosfere calde e famigliari di un rifugio alpino.
Non è possibile distinguere il concerto dei Prati Col dai tre giorni di cammino e fatica, di emozioni in cui è stato difficile, se non impossibile, scegliere tra musica e paesaggi.
 
Tutto, come accade raramente, è sembrato sciogliersi in un’unica grande esperienza, che ha trovato la sua naturale conclusione a valle.
I silenzi della montagna a sera, il vento che taglia i passi innevati, le ombre delle vette che si allungano sulla neve ancora abbondante e richiede movimenti e traiettorie ben diverse da quelle alle quali si è abituati d'estate.
E ancora la punta del Sass Maor, che diventa sempre più imponente man mano che si risalgono ripide lingue di neve.
 
E dopo tutte queste fatiche, dopo il giusto timore nei passaggi più delicati, ecco il rifugio ad accogliere gli escursionisti ma anche a trasformarsi in sala di musica in quota.
Lì, la sera, le note ascoltate di giorno ritornano vive in una atmosfera raccolta e Schubert diventa man mano un uomo e un artista da scoprire.
Cosa sono quelle intense malinconie del primo movimento del quintetto? Quel basso che irrompe come a ricordarci che la vita ha un lato oscuro che non possiamo fuggire?
E quelle armonie che si creano come dal nulla; e le marce, poi. Sì le marce, che spuntano qua e là anche solo accennate durante l'intera composizione e che per lui forse non sono solo un elemento ritmico o popolare, ma hanno in sé anche qualcosa di metafisico.
 
Ma la dolcezza e la gravità appartengono alla vita tanto quanto la gioia e la voglia di lanciarsi nel mondo e Schubert ci regala nel secondo movimento un tema quasi gitano prima di ritornare alle riflessioni con se stesso - terzo movimento – che sembrano sancire la sua costante alterità rispetto al mondo.
Infelice quando il mondo gioisce, allegro quando il mondo è malinconico.
Ma questo mondo allegro va messo in musica ed ecco che il quarto e ultimo movimento è segnato dalla festa, dai temi popolari, da ambientazioni da taverna prima di consumarsi nella dolce intensità da cui tutto era partito.
 
Chiunque abbia partecipato al trekking non può dimenticare questo, tanto quanto l'ascesa al rifugio Rosetta il primo giorno, l'immenso plateu ricoperto di neve affrontato nel secondo giorno di cammino su traiettorie esili come il tempo, in un manto bianco che ancora resiste alla stagione fin sotto cima Fradusta e la discesa tra i colori di roccia e acqua del lago Pradidali.
E di nuovo la terza giornata, che è cominciata ancora una volta in salita per passare in breve dai 2.200 metri del rifugio Pradidali al Passo di Bal e da lì tagliare i pendii innevati, e perciò arditi, fin dove inizia la lunga discesa verso valle lungo un sentiero dolce, segnato da mille tornanti che ha riportato la memoria di tutti a un secolo fa quando i venti di guerra soffiarono e travolsero l'Europa.
I lavoratori che avevano iniziato quel sentiero furono spediti sul fronte in Galizia contro le armate dello zar...
Nella musica come nel tracciato di un sentiero oggi riportato allo splendore di un tempo, c'è un secolo di storia. Quella storia che portò alla dissoluzione degli imperi, la nostra storia.

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