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«Chi ha paura del Novecento? Muse e musiche di un luogo inquieto»

Elsa Maria Paredes Bertagnolli ha intervistato Marco Uvietta, ideatore e responsabile scientifico dell'evento in programma per mercoledì 12 ottobre

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Marco Uvietta, compositore e docente di Musicologia e Storia della musica all'Università di Trento, è l’ideatore e responsabile scientifico della tavola rotonda «Chi ha paura del Novecento? Muse e Musiche di un luogo inquieto».
Il 12 ottobre 2016 alle 17.00, presso la Sala musica del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, musicisti, docenti di storia della musica, arte e filosofia, direttori artistici e d’orchestra, artisti visivi e scrittori daranno vita a una tavola rotonda per dibattere sui percorsi delle avanguardie musicali e artistiche del Novecento e sull’eredità che ci hanno lasciato.
 
L’evento s’initola «Chi ha paura del Novecento? Muse e musiche di un luogo inquieto» con un evidente richiamo alle esperienze del programma di lezioni-concerto «Chi ha paura del Novecento? Scienza e musica di ieri» che nell’aprile-maggio scorso aveva lanciato al pubblico trentino una sfida: sconfiggere la diffidenza nei confronti della musica del Novecento.
In seguito al successo dell’iniziativa, che aveva visto l’intervento di professori di diversi Dipartimenti dell’Università di Trento e di musicisti di fama internazionale, il Laboratorio di Filologia musicale del Dipartimento di Lettere e Filosofia offre un'ulteriore occasione di riflessione e dibattito con una tavola rotonda.
 
Marco Uvietta, compositore e docente all'Università di Trento, ne è, anche questa volta, l’ideatore e il responsabile scientifico.
Lo ha intervistato per noi Elsa Maria Paredes Bertagnolli.

Com’è strutturato l’incontro «Chi ha paura del Novecento? Muse e musiche di un luogo inquieto» e qual è l’obiettivo della tavola rotonda?
«L’evento si articolerà in due momenti complementari, contraddistinti rispettivamente dai termini musiche, ovvero le riflessioni attorno al fare e proporre musica oggi (coordinato da me), e muse, ovvero lo sguardo esterno di altre arti, ma anche della filosofia e della storia (coordinato dal compositore e artista visivo Roberto Conz).
«Questo secondo momento sarà volto a contestualizzare, a precisare o a relativizzare alcune problematiche di fondo che caratterizzano, in tutte le sue forme, l’agire artistico-musicale nel nostro tempo.»
 
Cosa si intende per «musica del Novecento» e da cosa dipende la diffusa diffidenza nei suoi confronti?
«Il Novecento, in particolare la seconda metà, è un luogo in cui le inquietudini non vengono riassorbite da forme codificate e comunicabili, bensì dove diventano esse stesse oggetto della comunicazione e stimolano la creazione di nuove forme ogni volta diverse.
«L’essere nel nostro tempo dipende dalla nostra capacità di accettare l’inquietudine come forza creatrice e formante; ma ciò richiede un impegno diverso dalla fruizione passiva o moderatamente coinvolta.
«La diffidenza, in un mondo come il nostro, è del tutto comprensibile, ma troviamo sempre qualcuno che ci aiuta a vincerla.»
 
Perché chiedersi «Chi ha paura del Novecento?» Siamo ancora nel Ventesimo secolo oppure è accaduto qualcosa, che oggi ancora non riusciamo a interpretare, di tale portata da poterne decretare la fine?
«Un grande musicologo, Carl Dahlhaus, diceva che il presente è storico quanto il passato; l’unica differenza è che degli eventi del passato conosciamo gli effetti, di quelli del presente no.
«Dobbiamo fare lo sforzo di leggere il presente come effetto del passato, ma assumendoci la responsabilità che ciò che facciamo e diciamo oggi avrà inevitabilmente degli effetti sul domani.
«Con il nostro lavoro (di cui questa tavola rotonda è un piccolo tassello) vorremmo provare a individuare qualche direzione che abbia possibilità di sopravvivenza nel futuro. Questo credo sia l’unico modo per storicizzare il Novecento.»
 
Cosa si intende per «musica contemporanea» e con quali strumenti possiamo giudicarne la qualità?
«Musica contemporanea è solo un’etichetta che utilizziamo per intenderci. Ma quando si tenta di darne una definizione, ci si accorge che anche fra gli addetti ai lavori il termine si presta a numerosi equivoci.
«Personalmente, fra le musiche che si compongono oggi sono interessato solo a quelle che mi svelano qualcosa del mondo in cui viviamo.
«Per me (e suppongo per tutti coloro che hanno contribuito all’esperienza Chi ha paura del Novecento?) l’unico parametro di giudizio è questo (ma non si può escludere che ciò sia solo il segno che siamo rimasti nel secolo scorso...).»
 
Da cosa dipende la possibilità della musica del nostro tempo di affermarsi e incidere sul gusto e sulle scelte degli operatori del settore e del pubblico?
«In larghissima misura dai cosiddetti sistemi di consacrazione: per qualche strano e imperscrutabile motivo il Terzo millennio (almeno al suo inizio), sembra votato alla sospensione del giudizio, demandato a organi autorizzati a rilasciare il certificato di qualità.
«Siamo troppo idealisti se sogniamo un mondo in cui il cittadino si riappropri della facoltà di esprimere liberamente consensi e dissensi, delegittimando, se necessario, i certificati di qualità
 
Elsa Maria Paredes Bertagnolli

Chi ha paura del Novecento? Muse e musiche di un luogo inquieto 
12 ottobre 2016, ore 17:00.
«Sala musica» del Dipartimento di Lettere e Filosofia, Via Tommaso Gar 14
Università degli Studi di Trento.
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