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EDUCA: gli adolescenti durante il lockdown

Al festival i giovani raccontano come stanno vivendo l’emergenza sanitaria e gli effetti della pandemia

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In questi mesi si è sentito parlare molto di scuole aperte o chiuse, di nuovi contesti di apprendimenti, di banchi e di tecnologie, molto poco di contenuti e, soprattutto, si è prestata poca attenzione ai ragazzi.
Come hanno vissuto il lockdown? Come stanno costruendo il loro futuro dentro questa emergenza sanitaria? E gli adulti come li possono sostenere?
Se ne è parlato stamattina nel webinar di EDUCA, curato da Iprase cui hanno partecipato quasi 200 persone, tra giovani e docenti.
 
«Le evidenze scientifiche nazionali e internazionali – ha affermato Don Giovanni Fasoli, psicologo e docente dell’Università IUSVE di Venezia-Mestre – dimostrano che il lockdown per bambini e ragazzi non stato solo un isolamento forzato finito quando abbiamo riaperto le porte di casa, ne rimangono tracce che vanno oltre.
«Gli studi - in particolare quello dell'Ospedale Gaslini di Genova - ci dicono che queste tracce assumono nella maggior parte dei minorenni caratteristiche somatiche, ci sono frequenti disturbi d’ansia, sensazione di fiato corto, significativi disturbi del sonno (dalla fatica a svegliarsi per iniziare le video-lezioni scolastiche alla difficoltà ad addormentarsi); instabilità emotiva espressa da irritabilità e cambiamenti del tono dell’umore.
«È quindi l'impatto psicologico che dobbiamo considerare. Alcuni giovani si sono sentiti come se fosse passato un treno su di loro che li ha trasformati in dead man walking.
«Siamo di fronte a disturbi post traumatici da stress, che certo assumono forme e si manifestano con sintomi molto differenti, ma dobbiamo prendercene cura come adulti.»
Per farlo secondo don Giovanni Fasoli dobbiamo ascoltarli, dare la possibilità ai ragazzi di verbalizzare i loro vissuti, creare dei veri e propri laboratori di elaborazione, ma anche, come ha indicato la stessa Organizzazione mondiale della Sanità, dare leggerezza, che non significa superficialità.
Nelle classroom ad esempio non ci possono essere solo compiti da fare e video-lezioni da ascoltare, ma anche idee da sviluppare, libri e musica da ascoltare.
 
«Dobbiamo prenderci cura delle nuove fragilità, ma anche di quelle che vengono definite nuove normalità. «Agli adulti - insegnanti, genitori, educatori - è richiesto di diventare essi stessi nuovi: dobbiamo trasformare questa esperienza transizionale in uno spazio potenziale.
«Certo è faticoso perché anche gli adulti sono immersi in questa incertezza e cominciano a chiedersi: dove trovo le energie? Dove sono le nuove sorgenti di conoscenza per sapere come muoversi?»
E ci sono buone pratiche che ci indicano possibili direzioni, come quelle presentata nel corso del webinar da due gruppi di studenti.
 
Alcune studentesse del Liceo Da Vinci di Trento hanno invece raccontato il loro percorso durante il lockdown che ha portato 150 giovani della loro scuola cui se ne sono unite anche altre di diverse Province a confrontarsi tra loro e con esperti di diverse discipline di rilievo nazionale, tra cui filosofi, giornalisti, economisti, storici, giuristi, artisti.
«Eravamo noi i protagonisti dei dialoghi, i docenti e gli altri adulti potevano partecipare ma come uditori. E dopo ogni incontro con i nostri compagni stavamo a discutere delle riflessioni emerse fino a notte fonda.»
Un percorso che li ha portati a stendere un documento centrato sul prendersi cura in cui indicano le direzioni che dovremmo apprendere dalla pandemia e le direzioni per costruire il futuro, tra le quali prendersi cura di sé e degli altri, dell'ambiente, della politica, dell'informazione, dell'economia.
 
Il progetto - che ha ricevuto l'encomio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella - proseguirà anche in questo nuovo anno scolastico, con altri incontri.
Un altro gruppo di giovani ha raccontato invece l'esperienza del progetto Otium nato nel 2019 dagli studenti delle superiori di Trento, finanziato dalla Fondazione Caritro, con il Muse e il Comune di Trento. Obiettivo la partecipazione che il primo anno si è sviluppata attraverso l’organizzazione di concerti, dialoghi e incontri.
«La pandemia ha stravolto i programmi della seconda edizione – raccontano le studentesse, –ma non ha frenato la nostra volontà e seppur in forma diversa (on line). Identico è rimasto il tema: venti di cambiamento, adatto alla situazione che stiamo vivendo. Otium ci ha fatto crescere e ha mantenuto viva anche se on line la rete tra noi giovani della città.»

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