Trentino Rock, dagli anni '60 a oggi/ 13 – Charley Deanesi
«Sono istintivo e passionale. Io non mi ascolto mai, suono con l’anima» Big Fun: con Charley Deanesi inizia la generazione Funky
I «Big fun» nascono alla fine del 1978 grazie a un’idea di Charley Deanesi, Carlo Grasselli e Giulio Marino.
A loro si aggiungono Sergio Decarli alla batteria ed Edo Bordignon alle tastiere.
Ambedue però saranno sostituiti da Tony Virgillito e Renzo Vigagni.
I Big Fun sono i primi a proporre la musica Funky nella nostra regione.
Questo tipo di musica ha le sue radici nella fine degli anni 60 ma negli anni 70 sviluppa i tratti caratteristici che la contraddistinguono tutt’ora.
Linee di basso incalzanti e sincopate, riff di chitarra elettrica taglienti e sincopati, nutrite sezioni di fiato e grande ballabilità dei brani, largo spazio ai brani strumentali e agli assoli.
Proprio questa nuova proposta musicale importata dagli States fa decollare la Band di Charley Deanesi che per molti anni si esibirà sui maggiori palcoscenici di tutta Italia.
I loro punti di riferimento sono Billy Cobhan e Jackson Brown, ma spaziano anche nella musica West Coast suonando pezzi degli America, The Beach Boys, gli Eagles e CSN&Y.
Alla fine degli anni 70 si cominciano a vedere molteplici collaborazioni fra i musicisti trentini.
Se fino ad ora il punto di riferimento era la band e ogni musicista metteva tutte le risorse a disposizione di essa, a partire da adesso i musicisti di spicco all’interno di ogni band collaborano e formano altre band per avere più opportunità e iniziare nuovi percorsi musicali.
Crediamo che proprio questa band sia l’emblema di tale nuovo modo di organizzare la musica, di darsi visibilità e interagire con altri musicisti e nuove proposte musicali.
L’ambizione di Charley Deanesi per una carriera da solista e le strade legate alla produzione di dischi portano la Big Fun a sciogliersi.
Siamo alla fine del 1983. Alcuni di loro continueranno cercando altre strade, ma solo Charley Deanesi sarà riconosciuto, nel bene e nel male, come un grande punto di riferimento musicale per la città di Trento.
Il suo curriculum è da brividi ed è lungo 35 anni.
Oggi Charley Deanesi suona ancora con la stessa passione di allora e vedendolo ci accorgiamo che il tempo per lui sembra non essere passato.
Forse tu sei il chitarrista più longevo della storia della musica Trentina…
«Questo non lo so – sorride Charley, – ma la prima volta che ho preso in mano la chitarra è stato a 9 anni. Dapprima era solo un gioco, la rubavo a mio fratello e la suonavo di nascosto.»
Quando hai comprato la tua prima vera chitarra?
«Avevo 15 anni – ricorda Charlye Deanesi – e dopo una stagione a raccogliere mele arrivò il sospirato acquisto, una meravigliosa Jbanez. La pagai novantamila lire dal negozio di Gastone Albano. Ricordo che me la consigliò Mauro Lusuardi, allora commesso del negozio. Ero al settimo cielo, mi sentivo un vero chitarrista.»
Che tipo di musica ascoltavi allora?
«Sono da sempre un grande ammiratore dei Led Zeppelin. Ma allora ascoltavo anche i Rolling Stones e CSN&Y.
Che sensazione provi pensando a quel periodo?
«Ricordo il piacere di suonare con leggerezza ed entusiasmo. Ogni cosa nuova era un nuovo e intrigante percorso verso la conoscenza di me stesso e dei miei limiti.
Nella foto di lato, Charley con la chitarra in mano quando aveva qualche anno.
È una sorpresa che gli abbiamo fatto, perché questa foto l'abbiamo trovata noi.
Nella tua carriera hai avuto molti periodi musicali anche diversi fra di loro. La partecipazione al Festival di Sanremo ti ha regalato la notorietà maggiore, che ricordi hai di quella esperienza?
«Arrivai a San Remo dopo la vittoria al Festival di Castrocaro. La ricordo come un’esperienza molto negativa. Le persone che ruotavano intorno al Festival, il cantare con le basi, l’ipocrisia e la falsità che circolava fra gli adetti ai lavori hanno reso quell’esperienza poco edificante e per nulla positiva per me.»
Come ti definisci come chitarrista?
«Sono un istintivo, un passionale. Mentre suono amo trasmettere qualcosa a chi mi ascolta attraverso un fluido magico. Io non mi ascolto mai, suono con l’anima. Vedo in giro suonare dei fini esecutori ma senza cuore, musicisti che per paura di sbagliare non trasmettono nulla e sembrano delle perfette mummie imbalsamate. Questi comportamenti a mio modo di vedere limitano la creatività dei musicisti e portano a una involuzione musicale.»
Hai qualche rimpianto a livello musicale?
«Ho la piena consapevolezza di aver dato il massimo, ho provato qualsiasi strada possibile per arrivare al successo con la musica. Se potessi tornare indietro cambierei solo una decisione.
«Dopo il festival di San Remo ero sotto contratto con la C.G.D di Caterina Caselli, dopo un concerto incontrai il produttore di Nikka Costa che allora vendeva milioni di dischi, mi disse che ero sprecato qui in Italia e che se fossi stato d’accordo mi avrebbe portato con lui per sbarcare il lunario a Los Angeles.
«Ma decisi di mantenere la parola data a Caterina Caselli. Purtroppo non fu una scelta azzeccata, infatti da li a poco i contrasti diventarono insanabili e il rapporto di collaborazione fini.»
Che ne pensi della musica di oggi?
«A parer mio manca la cultura della musica, – ci spiega. – Ci sono degli autentici bombardamenti mediatici riguardanti qualsiasi tipo di musica. Oggi certamente è più facile farsi conoscere ma purtroppo è diventato difficile vendere il prodotto. Sembra quasi che ormai produrre musica sia diventata una cosa di nicchia viste le vendite che ormai sono così esigue.»
Quali sono stati i più grandi chitarristi della nostra regione a parer tuo?
«Giudicare un chitarrista credo sia una cosa soggettiva, posso dire che i miei punti di riferimento in questi anni sono stati Lorenzo Frizzera, Giorgio Anesi e Giuliano Cramerotti.»
Ti riconosci un difetto?
«Sono un uomo diretto che non cede mai a nessun compromesso, cerco sempre di portare la mia idea fino in fondo e odio profondamente l’ipocrisia e le bugie. Purtroppo ai giorni nostri questo è un grande difetto.»
Ti è rimasto ancora qualche sogno?
«Si, vorrei andare a vivere a El Paso in New Mexico e vivere suonando la musica che mi piace, la West Coast.»
Charley Deanesi è ancora oggi molto attivo. Dal 2.000 insegna Chitarra moderna, cioè Rock, Blues, Country, Finger style e Slide presso il C.D.M.. rinomata scuola musicale in Rovereto e nel frattempo collabora a vario titolo in qualità di chitarrista con molti musicisti di successo Trentini e non.
È un insegnante molto apprezzato.
«Amo stare in mezzo alla gente e soprattutto ai giovani, – ci confida Charley in proposito.– Vedo le loro speranze e il loro entusiasmo ma penso anche alle tante delusioni a cui andranno incontro.»
Lui ha sempre seguito il suo sogno, ha lasciato il certo per l’incerto, non ha mai ceduto a compromessi, ha scelto sempre le strade più difficili.
Forse è consapevole che la sua vita da musicista poteva essere diversa e magari più ricca di soddisfazioni e popolarità.
Ma non ha né rimpianti né rimorsi.
«Quando un uomo è a posto con la sua coscienza ed è sicuro di aver dato il massimo, deve sentirsi sereno.»
Lui lo è, perché il non aver mai ceduto a nessun compromesso lo ha reso fiero di aver mantenuto la sua dignità trasparente e cristallina.
Tutta la musica Trentina ti ringrazia Charley Deanesi.
Roberto Conci
[email protected]
(Continua)
Il prossimo appuntamento vedrà protagonista la Band «Le nuove sensazioni».
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Anche stavolta il nostro direttore Guido de Mozzi vuole aggiungere qualcosa
Avendo lavorato nel mondo della comunicazione per una quarantina d’anni, ho avuto modo di operare con molti artisti. Anche in Trentino il raccordo privilegiato tra gli artisti e il business è stata (e lo è ancora) la pubblicità.
Un contratto pubblicitario è mille volte più democratico e imparziale di un critico d’arte, perché la scelta avviene esclusivamente se funziona.
Con Charlye ho lavorato molto e ne ho ricavato buone soddisfazioni.
Con lui bastava descrivergli l’atmosfera che doveva creare e lui riusciva a realizzarla.
È ben vero che più è chiaro il brief e meglio lavora l’artista. Ma a volte i musicisti eseguono freddamente il tema o, viceversa, escono dai parametri che gli hai dato, seguendo semplicemente la vena creativa che gli viene scrivendo musica.
Con Charley questo pericolo non lo correvi mai. Lui ti portava il prodotto esattamente come doveva, ma con l’aggiunta di una creatività geniale tutta sua che dava alle sue colonne sonore il tocco del capolavoro unico.
Io sapevo che dandogli le istruzioni per andare da A a B lui avrebbe seguito il percorso esatto, ma con la capacità di stupire e meravigliare ogni volta che veniva a proporti il pezzo.
Sono in grado di portare un esempio concreto.
Un giorno della prima metà degli anni ’90 mi accordai con la Walt Disney di Los Angeles per produrre un filmato dimostrativo sull’idea di produrre un film misto realtà-animazione sulla leggenda dolomitica del Regno dei Fanes.
Incaricai Mauro Neri a scrivere il testo, Diego Busacca a farmi riprese e montaggi e a Charley Deanesi di comporre la colonna sonora. Affidai poi ad Andrea Castelli la lettura del testo.
(Come si può vedere, non ero andato a cercare le eccellenze a Milano o a Roma. Trento ha sempre avuto grandi artisti, semmai sono mancate le opportunità.)
Ne feci una versione in italiano e una in inglese e le spedii a Los Angeles.
Alla Disney l’idea piacque e ci venne comunicato che era stata messa in programmazione di lì a tre anni.
Nella vita le cose cambiano anche in pochi giorni, figuriamoci in tre anni…
Ma non è quello il punto.
La versione italiana di quel filmato dimostrativo c’è ancora e l’abbiamo pubblicata sul portale dell’Adigetto.it allorquando le Dolomiti vennero dichiarate Patrimonio dell’Unesco. Una sorta di Buon Natale che il nostro giornale ama dare ogni anno ai propri lettori.
Lo si può vedere sempre cliccando il banner Dolomiti Patrimonio dell’Umanità.
La qualità di un filmato elettronico a quasi 20 anni dalla sua nascita non può essere eccellente.
Ma chi volesse ascoltarlo può ancora provare gli stessi brividi che provai io quella volta che Charley mi fece ascoltare la musica che gli avevo commissionato per quella colonna sonora.
Guido de Mozzi
[email protected]
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