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Natale. Ricordiamoci di coloro che soffrono, dimenticati dai più

Tra le migliaia di dimenticati, citiamo Chico Forti, Padre Dall’Oglio, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone

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È Natale e non si può evitare di rivolgere il pensiero a chi sta soffrendo senza averne colpa.
Al di là delle migliaia di persone che soffrono senza che si sappia qualcosa, sono quattro le persone che vogliamo ricordare qui.
La prima è Chico Forti, che sta scontando l’ergastolo in un carcere di sicurezza della Florida meridionale. Non vogliamo disquisire sul fatto che sia colpevole o meno, certo è però che il processo che lo ha condannato è stata una farsa tipica degli Stati Uniti d’America. 
Quattro indizi, l’evidenza di una piccola menzogna alla polizia, lo status di italiano (o comunque non americano), la fretta a chiudere un caso, una giuria frettolosa e superficiale. E la condanna, con l’impossibilità giuridica di arrivare a una revisione del processo nel nome del buonsenso o della giustizia minimale.
Chico, noi ti siamo vicini. Non possiamo fare di più. Quello poteva farlo la ministro degli Esteri Emma Bonino, che però ha dichiarato che «politicamente il caso non è risolvibile».
 
La seconda persona da ricordare è Padre Dall’Oglio.
L’abbiamo intervistato, lo abbiamo salutato quando è ripartito per la Siria, dove è scomparso.
Anche in questo caso abbiamo pubblicato varie notizie, prima sulla sua presunta morte, poi sulla sua presunta vita. Allo stato non è certa neanche la matrice del suo rapimento, effettuato da presunti terroristi ora di una parte o dell’altra.
Comunque sia, non si sa più nulla di lui.
E anche per Dall’Oglio la Ministro degli Esteri si era espressa pubblicamente per asserire che «le trattative sono in corso» ma che non può dire di più «per non compromettere la situazione».
Sono passati mesi e ci piacerebbe sapere se col nostro silenzio stampa abbiamo compromesso la situazione.
Attendiamo notizie da Lia Giovanazzi Beltrami, che tuttora si spende per aiutarlo, nei limiti del possibile.
 
Passiamo ai due Marò. E qui la vicenda è davvero assurda e indegna di Paesi civili come l’Italia e come si dovrebbe presupporre per l’India.
I due marò sono obbligati a restare in India in attesa di un processo che sembra non dover approdare mai alle aule di giustizia.
Accusati si aver ucciso dei pescatori scambiandoli per pirati (erano di scorta a un mercantile italiano), invece che essere processati in Italia come vuole il diritto internazionale (condiviso anche dall’India), sono praticamente dimenticati dal nostro Governo.
Sì, li abbiamo ricoperti di mesaggi benauguranti e li abbiamo fatti ricongiungere con i loro familiari a Mumbai, ma sono più di due anni che vivono in una condizione inaccettabile.
Fatto è che un militare non in guerra deve sempre essere certo che il suo Paese lo appoggia, lo difende, lo protegge e lo riporta a casa, sempre. Semmai dovesse combinare qualcosa, ha diritto di essere processato dal suo Paese, quello per cui si è arruolato giurandogli fedeltà.
 
Ci vengono in mente, ahimè, troppi fatti analoghi in cui i nostri militari sono stati abbandonati a sé stessi. Dalla spedizione in Russia alla campagna di Libia, per restare in quelle più evidenti, dove ognuno ha dovuto cercare di cavarsela da solo. Indecoroso, ma eravamo in guerra.
Oggi non siamo in guerra con l’India, ma con i pirati che infestano i suoi mari.
A questo punto rivolgiamo il pensiero con benevolenza all’allora Ministro degli Esteri Terzi, che aveva disposto il NON rientro dei Marò in India dopo la «licenza» natalizia.
Vista la contrarietà postuma del Palazzo, Terzi si era dovuto dimettere, ma ahimè non servì per trattenere i nostri marò in Italia.
La nostra vicinanza a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone è incondizionata.
Lo stesso non possiamo dirlo ai nostri governanti. Certamente non invochiamo il bagno di sangue che altri Paesi avrebbero potuto scatenare per riportarli a casa, ma qualcosa che andasse più in là di una vibrante protesta diplomatica, magari potevamo pretenderla.

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