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La fortezza «Barbarica» di Monte San Martino (Alto Garda) suscita gli interessi degli archeologi tedeschi

Nuovi scavi in collaborazione con archeologi tedeschi

L'interesse della Bayerischen Akademie per la fortezza barbarica del monte di San Martino è dato proprio dal fatto che il centro studi bavarese ha come specifico proprio ambito di ricerca la verifica e la divulgazione scientifica di contesti, insediamenti, necropoli e manifestazioni culturali delle società partecipi della formazione e dell'affermazione dei regni romano-barbarici, fine del mondo antico e radice dell'Europa moderna.
«L'interesse della Provincia ad avviare la collaborazione - si legge nella delibera, che porta la firma dell'assessore alla cultura Margherita Cogo - trova ragione nella "necessità di sostenere il processo di internazionalizzazione e valorizzazione del sistema trentino della ricerca favorendo il consolidamento, su basi di reciprocità, di rapporti di cooperazione con i vari enti di ricerca scientifica e tecnologica e sulla qualità delle presenze, strumento fondamentale per la crescita del capitale umano e per lo sviluppo della qualità e della competitività dell'intera comunità.»

Il sito archeologico del Monte San Martino ospita notevoli opere di fortificazione e di frequentazione durante i difficili anni che vedono la presenza e il sovrapporsi di Goti, Bizantini, Longobardi e Franchi nel territorio trentino. Un sito di notevoli potenzialità in relazione alla possibilità di acquisire dati e documenti su un periodo storico che è stato cruciale negli esiti che esso ha avuto per l'intera storia regionale.
Come già avvenuto negli anni scorsi, la formula della campagna di scavi ora ripresa è quella del campo scuola estivo aperto alla partecipazione di studenti e specializzandi universitari nell'ambito dell'archeologia medievale. Grazie anche alle necessarie risorse garantite dal Comune di Lomaso, sono più di 40 gli studenti dell'Università di Trento in particolare, ma anche di altre sedi italiane, che dal 2004 hanno preso parte allo scavo e che sul monte di San Martino hanno occasione di integrare e completare il proprio percorso accademico con la pratica della ricerca sul campo e con lo scavo archeologico, ovvero con i metodi di documentazione e di recupero di dati e materiali che, per alcuni, sono stati anche motivo di ulteriore approfondimento fino alla discussione finale in sede di laurea.
In questi quattro anni, il lavoro nel Lomaso è servito a verificare molti e inaspettati eventi, legati a un luogo sconosciuto alla storia e ai documenti scritti. Eventi riferiti ad un periodo cruciale della storia regionale, incerto nel suo alternarsi di situazioni e culture, dominato dall'insicurezza ma anche momento di confronto profondo nel contesto di una realtà che è rapidamente diventa multietnica, multilingue, multiculturale.

Da un lato - come si sa - arrivano i "barbari", cioè gli Ostrogoti, i Goti, Longobardi e Franchi; dall'altro resistono la tradizione e la cultura romana, sollecitate da Bisanzio e soprattutto da un Papato capace di affermarsi come realtà nuova e referente per ampi strati di popolazione e settori della vita civile.
«Sul monte di San Martino - spiega l'archeologo Enrico Cavada, archeologo della Soprintendenza trentina e dal 1999 titolare d'incarico d'insegnamento di "Archeologia Medievale" presso l'ateneo trentino - stupiscono gli interventi dell'uomo: la costruzione di un possente sistema difensivo con bastioni avanzati e cinta muraria interna, con all'interno altre costruzioni, di funzione e destinazione differente nel tempo e nello spazio. Ciò che viene ad essere definito dalle ricerche in corso é un luogo isolato, ma al contempo fortemente strategico in relazione a quella che è stata una delle principali vie di transito attraverso le Alpi centrali verso il lago di Garda e alcune importanti città.»

Il sistema difensivo mostra caratteri di straordinarietà e di eccezionale grado di conservazione. Dopo aver individuato gli elementi portanti di questo sistema, con successive campagne a partire dal 2005 le indagini hanno riportato alla luce i ruderi murari di un ampio edificio residenziale, abilmente costruito con pietre e malta nell'area più elevata del monte, preventivamente protetto dal muro di cinta. Tale complesso appare ripartito in ambienti e vani funzionali e si sviluppava su più piani. Era inoltre dotato di una corte esterna e di magazzini. Fu sicuramente abitato nel periodo goto e quindi nei duecento anni del dominio longobardo in Italia, mentre il suo destino successivo rimane incerto anche perché in parte sostituito da una chiesa, assai importante sul piano dei significati e dei riferimenti.

La chiesa, anch'essa arroccata e isolata ma di grande effetto e visibilità per l'intero territorio giudicariese, è iscritta nei ruderi dell'antico e fabbricata sfruttando le pietre tolte dalle macerie dell'edificio precedente, ancorché protetta dalle mura rimaste certamente e per lungo tempo ancora emergenti.

Chi é vissuto sul monte di San Martino e chi in esso si é fatto promotore dell'edificazione di una chiesa era provvisto di ampie risorse e rappresentante di una realtà sociale di status elevato, differente da chi nel medesimo periodo viveva in altri tipi di insediamento posti a quota inferiore e nelle aree rurali. Individui agiati, certamente assistiti da rifornimenti costanti dall'esterno, vista la posizione. Rifornimenti testimoniati da precisi indicatori materiali che parlano del consumo di granaglie, cereali, legumi, carne, vino, olio acquistati sul mercato o consegnati attraverso il gettito fiscale, che chi viveva qui poteva avere in cambio dell'assolvimento di specifici incarichi di valenza pubblica e sovraterritoriale.

Difficile per ora andare oltre nelle interpretazioni, mancano ancora dati e quindi prosegue il lavoro di indagine e scavo. Molte le domande che rimangono ancora senza risposta, compresa quella su chi e per quale sconosciuto motivo è venuto ad erigere una chiesa su questo monte, dedicandola a San Martino, culto particolarmente caro all'aristocrazia franca e carolingia in virtù dei rapporti che essa ha sempre avuto e mantenuto con il celebre monastero di Tour, fondato da Clodoveo e costantemente alimentato da donazioni e concessioni.
Una chiesa che - come è stato possibile rilevare anche nel recente convegno internazionale di Susa nel quale si è discusso del rapporto tra «Carlo Magno e le Alpi» e dove una relazione ha illustrato i primi risultati delle ricerche in corso sul monte di San Martino - è stata espressione di uomini devoti, ma anche certamente di fedeli ministeriali che, con la mediazione della religione e attraverso atti di fondazioni, creavano le basi di un agire nella comunità e nella società incamminata verso il Medioevo.

I ruderi sono stati messi in sicurezza e l'area resa visitabile grazie a lavori di consolidamento effettuati dal Comune di Lomaso con il sostegno finanziario e il coordinamento della Soprintendenza per i Beni architettonici della Provincia autonoma di Trento.

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