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«Pianto di pietra - La Grande Guerra», di Giuseppe Ungaretti

Il 19 novembre 2007 la redazione di Radio Uno ha intervistato l'autore di Nordpress Edizioni Nicola Bultrini 128 Pagine, illustrate a colori

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Di Ungaretti, poeta-soldato, le antologie letterarie evidenziano la "scarnificazione del verso", il composto "grido esistenziale", la celebrazione di un'idea di Patria prima, e dell'uomo ingiustamente macellato poi. Raccontano la guerra come elemento straniante e tragico ispiratore.

Ma non raccontano cos'abbia significato la trincea per il "fante" Ungaretti. Tralasciano la disperazione prossima all'esaurimento, le crisi di nervi, le allucinazioni, l'abuso di alcol per riuscire a dormire. Forse persino dimenticano che la morte gli si negò quando una pallottola nemica gli si conficcò nel fucile.

Qui si racconta il dramma di una vita sempre in tensione: nell'infanzia esotica del natio Egitto, nel precoce entusiasmo letterario, nella ricerca di risposte per il suicidio di un compagno d'arte, nella patriottica propensione alle armi, infine nello smarrimento esistenziale per la scoperta di un profondo «non senso» sotteso alle ragioni di ogni guerra. Allora, ecco piovere le richieste di aiuto, queste sì urlate, affinché il conflitto finisca o quantomeno gli sia sospeso, con licenze e allontanamenti dal fronte, carsico o francese che sia.

Fondante, per queste pagine, è il fitto epistolario che l'artista scambiò con gli amici e i futuri compagni di antologia.
Spaventa vedere un poeta piangere senza rime: questo libro spiega perché.

Dall'opera: «Eccomi qui, mio caro Papini, in questa stanza vasta [...] ai piedi del Carso, sadico sotto il solleone; eccomi qui, con me, e mi raggiunge lo spasimo delle cicale ubbriache, e il rotolìo incessante dei veicoli; e il passo degli uomini che scendono e salgono, incessante; e questo peso della strada, e questo peso del sole, che sono cose da godersi a proprio talento; mentre così imbrancati, ci mettono soltanto nel sangue un pimento di desideri che bisognerà veder corrompersi strangolati in noi».

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