Il libro del mese. – Presentato il volume «Il Concilio a Trento»
Il Concilio a Trento I luoghi della memoria A cura di Roberto Pancheri Testi di Roberto Pancheri e Iginio Rogger Immagini di Gianni Zotta Edito dal Comune di Trento

Ad ascoltare la presentazione del
libro, mi sono convinto di una mia antica idea, secondo la quale il
Trentino ha avuto due grandi momenti nella sua storia millenaria di
città di confine, i tempi del Concilio di Trento e quelli della
Provincia Autonoma di Trento.
Amo ricordare infatti che all'epoca del Primo la città venne
arricchita di meravigliosi affreschi, che però non vennero più
mantenuti «vivi» fino all'avvento della Seconda.
Se il nome della nostra città è stato tradotto in tedesco e
francese, si deve ringraziare sostanzialmente quell'evento,
straordinario per una piccola città ai margini, come sempre, sia
dell'Impero che della Chiesa. Eppure, pochi Trentini sanno poco o
punto del Concilio di Trento, che a tutti gli effetti fu uno dei
momenti cruciali della nostra martoriata Europa.
La cristianità stava attraversando la crisi peggiore della sua
storia, dopo che Martin Lutero aveva avviato la «protesta» al punto
di rompere con una Cristianità nella quale non si riconosceva più.
Roma, avvertendo la necessità di trovare un modo per ricomporre la
frattura, decise di effettuare un Concilio, nel corso del quale
ricostruire i principi cristiani originali.
La scelta della città non avvenne a caso. Trento si trovava giusto
a metà strada, come sempre, tra il mondo germanico e quello
latino.
Secondo i calcoli fatti a suo tempo da mio padre, ai tempi del
Concilio la città contava dai sei agli ottomila abitanti, suddivisi
in quattro parrocchie chiuse tra le mura e protette da un fiume e
da un castello vescovile. La città ideale sia per un Carlo V che
voleva un Concilio «libero, cristiano, da tenersi in terra tedesca»
che per un Paolo III che considerava Trento «una città tedesca pur
essendo italiana».
Quale ruolo possa aver giocato il Concilio in una città così
piccola e chiusa e marginale come Trento del XVI Secolo, è
facilmente immaginabile. Basti pensare che gli ospiti furono
all'incirca 4.000 (il 50% degli abitanti), costituiti da alti
prelati per scendere ai più umili stallieri. Persone che parlavano
lingue diverse e mai sentite prima, dal portoghese all'inglese, dal
francese al polacco, dall'olandese all'ungherese. Che avevano ben
altre capacità professionali, dalla stalla alla cucina,
dall'artigiano al commerciante, dall'architetto all'ingegnere,
dallo scrittore al pittore, dal medico al notaro, e così via.
Insomma, furono gli anni di una fortunata fase di acculturazione a
tutti i livelli.
Il Concilio era cominciato il 13 dicembre 1545, Santa Lucia, data
«casualmente» cara anche alla Provincia autonoma di Trento che ha
sempre insediato il nuovo Consiglio Provinciale in quella fatidica
data (tradizione interrotta - pro tempore, si spera - nell'ultima
legislatura da Lorenzo Dellai).
Quando il Concilio chiuse i lavori 18 anni dopo (era il 1563), quel
ventennio aveva lasciato un segno indelebile, sia in termini di
crescita culturale che professionale, sia commerciale che
finanziaria, sia artistica che umanistica, sia architettonica che
urbanistica. In due parole, come ha detto l'assessore alla Cultura
del Comune di Trento Lucia Maestri alla presentazione del libro,
«Il Concilio ha trasformato in 18 anni una città prendendola dal
Medio evo per consegnarla al Rinascimento».
Da sinistra Roberto Pancheri, Michelangelo Lupo, Iginio
Rogger, Alberto Pacher e Lucia Maestri
Ebbene, questo libro presenta in 39 schede - preparate
sapientemente da Roberto Pancheri e arricchita da fotografie di
Gianni Zotta - i palazzi e le contrade che nel XVI Secolo hanno
ospitato questa città nella città, descrivendone con dovizia di
particolari tutti i luoghi che gli storici sono riusciti a
ricostruire con ragionevole verosimiglianza ai caratteri
originali.
Monsignor Rogger, che di questo libro ha curato l'inquadramento
storico e parte dei testi, alla presentazione di questo libro ha
ricordato come nel 1963, quarto centenario della chiusura dei
lavori, si fosse opposto ad un monumento a ricordo dell'evento che
la Pubblica Amministrazione voleva regalare alla città.
«Avevo suggerito piuttosto di aprire un Museo Diocesano che
cercasse di ricostruire quei magnifici 18 anni in cui Trento era
stata la capitale del mondo.» Alla sua venerabile età di 88 anni, mons. Rogger
può dire di aver raccolto il frutto del suo appassionante
lavoro.
L'architetto Michelangelo Lupo ha commentato l'opera ricordando
decine e decine di episodi che ai tempi del Concilio hanno
contribuito a cambiare completamente la città.
«Si provi a pensare che il Palazzo delle Albere era stato finito di
costruire poco dopo l'inizio del Concilio, - ha detto tra le altre
cose - proprio per creare un posto fuori le mura per consentire
dialoghi più riservati.»
Ha ricordato l'importanza che aveva raggiunto via Santa Trinità nei
primi cinque anni del Concilio, dato che le cerimonie si svolgevano
in quella via, allora ricca non solo di palazzo Roccabruna e Torre
Massarello (vi abitava il segretario generale). L'imponenza che Via
Belenzani doveva aver assunto quando i tre principali
interlocutori, provenienti da tutta Europa, vi avevano preso
dimora. E ancora la singolare ospitalità [spontanea o costretta -
NdR] offerta dai nobili locali che hanno spesso ceduto pro tempore
le proprie abitazioni ritirandosi in collina.»
Consigliamo di leggerlo questo libro, perché attraverso quest'opera
si riesce a dare un corpo ad un periodo che ha segnato in maniera
indelebile la nostra città, consegnandola al mondo e alla
storia.
A questo punto voglio ricordare un'altra pubblicazione, che ha
segnato la mia vita culturale nel tempo e che desidero riportare
alla luce.
Mio padre aveva pubblicato proprio nel 1963 (quarto centenario
appunto della chiusura del Concilio) una magnifica opera intitolata
«Trento ai tempi del Concilio», frutto di una sua minuziosa e
meticolosa ricerca finalizzata a mettere in luce quanti fatti
avessero cambiato radicalmente le abitudini cittadine nel corso di
un ventennio.
Per parlarne, mio padre era partito dal lontano 1514, quando
Bernardo Cles aveva cominciato i lavori di preparazione. Trent'anni
prima… Il Clesio evidentemente aveva voluto portarsi avanti con i
lavori, per non farsi trovare impreparato all'appuntamento del
1545. Appuntamento che purtroppo mancò, essendo morto prima
dell'inaugurazione del Concilio. Il quale fu condotto invece dal
Principe Vescovo Cristoforo Madruzzo.
In detta pubblicazione vi si trovano perfino i menù dell'epoca e le
note amministrative relative alla qualità dei pasti e alle quantità
di bevande, vengono elencate le 36 taverne che una città
pre-conciliare non avrebbe neppure potuto immaginare, vengono
riportati gli aneddoti e quello che oggi si direbbe (mio padre non
me ne voglia per questo) «gossip».
Ho voluto ricordare quest'opera di mio padre solo perché, dopo aver
letto il libro «Il Concilio a Trento», ritengo che sarebbe molto
interessante pubblicare nuovamente oggi anche i fatti legati alla
popolazione vera e propria, quella che è rimasta anche dopo il
termine dei lavori, così come la dovevano vedere i trentini di
allora.
L'Adigetto.it la pubblicherà non appena possibile a
puntate settimanali.
Guido de Mozzi
Nella foto del sottotitolo e in quella in basso, la
prima e la quarta di copertina del volume.