Pienone al Sociale per commemorare la fine della Grande Guerra

Coro della Sosat e Banda dell'Esercito si sono inseguiti in un ottimo crescendo tra il patriottico e il pacifista

Uno spettacolo davvero importante quello andato in scena al teatro Sociale di Trento questa sera, dove il Coro sella Sosat si è alternata alla banda dell'Esercito per oltre due ore e mezza. Il concerto-evento era patrocinato dal Consiglio provinciale e faceva parte delle celebrazioni ufficiali volute dal Commissario del Governo d'intesa con le istituzioni provinciali e l'Esercito per ricordare i novant'anni trascorsi dalla fine della prima guerra mondiale. Se la Banda ha commemorato i soldati caduti al fronte, il Coro ha dato voce alla popolazione civile che, pur patendo sofferenze inaudite, non ha mai avuto il giusto spazio nella storia.

Dopo aver invitato i nostri lettori di accettare l'invito del presidente Pallaoro (vedi programma e dettagli), ovviamente ci siamo andati anche noi, perché capitano sempre meno occasioni di assistere a esibizioni della banda dell'Esercito, e forse sarà impossibile vederla esibirsi insieme al Coro della Sosat. La quale banda purtroppo, certamente a causa della mancanza di spazio, era rappresentata da non più della metà degli effettivi. Ottimi maestri condotti da un grande direttore, ma le fila ridotte si sono fatte sentire, al punto che il Coro della Sosat ne è uscito involontariamente meglio.
La parte più spettacolare è stata certamente quella intitolata «Soldati» (vedi testo), anche se forse è quella che più ha risentito della riduzione dei ranghi. Ma se è vero che banda e coro hanno avuto solo una giornata a disposizione per le prove, bisogna dire che sono stati eccezionali. Musica, orchestra, coro e testi hanno davvero emozionato il pubblico, tanto che l'autore dei testi Fabrizio da Trieste si è proprio commosso al sentire applausi tanto calorosi. Anche i suoi testi sono tuttora reperibili in pagine di storia. Merita leggerli, ma se ci auguriamo che ne esca una produzione musicale in CD, perché se lo merita davvero.
Anche il pezzo «Men of peace» è stato molto bello, forse il più intonato allo spirito della serata, perché ha riproposto vari pezzi militari e classici opportunamente mescolati lasciando trasparire brani dell'Inno alla Gioia, il movimento della Nona di Beethoven che è stato scelto come inno di quell'Europa che non sarà mai più in guerra.
Commovente il silenzio fuori ordinanza, anche per chi non ha fatto il servizio militare. Profonda la versione arrangiata dell'Inno di Mameli.

Vanno comunque fatti un paio di appunti.
Il primo riguarda la Leggenda del Piave. Ovviamente chi scrive si attendeva la versione originale, ma è stata ugualmente piacevole perché arrangiata molto bene. Ma chi si era domandato se la banda avrebbe suonato solo le prime tre strofe o anche la quarta (tolta in un secondo momento) è rimasto deluso, perché ne ha potute ascoltare solo due. Inoltre, ci ha meravigliato la gaffe di Alberto Tafner, che presentandola ha precisato inopportunamente che «non era mai stata eseguita durante la guerra». Non è vero; è nata con la prima battaglia del Piave e nel corso della seconda battaglia era diventata la canzone che dava ai nostri ragazzi (non solo quelli al fronte) la consapevolezza che adesso c'era davvero qualcosa per cui valeva la pena uccidere o essere uccisi. Invitiamo i nostri lettori a leggere il pezzo che abbiamo scritto al 90° della battaglia del Piave, dedicando un apposito servizio sulla «Leggenda del Piave» e al suo autore E.A.Mario, così si possono fare un'idea precisa di come fossero andate le cose.
Il secondo riguarda «Monte Canino», interpretata dal Coro della Sosat. Ci domandiamo ancora una volta perché non sia stata eseguita l'ultima strofa: «Non più lenzuola, coperte cuscini/ Non più il sapore dei caldi tuoi baci/ Solo si sentono gli uccelli rapaci/ nella tormenta e il rombo del cannon».

GdM