27 gennaio: «Erinnerung macht frei» (Ricordare rende liberi)

Giorno della Memoria. Nella Seconda guerra mondiale, 60 milioni di persone vennero internate. Un quarto di esse non tornò a casa

Forse è stato il presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai a trovare le parole giuste nel corso della cerimonia svolta al Palazzo del Commissariato del Governo per ricordare l'Olocausto.
«Non dobbiamo dimenticare... - ha detto, con severità. - Non dobbiamo dimenticare che questo terribile momento della nostra storia recente si è consumato nel cuore dell'Europa Centrale, e quindi in quella parte del Mondo che si vuole indicare come culla della Civiltà, tempio della Cultura, fonte del Diritto… Per questo non vogliamo più accettare episodi di intolleranza verso il Popolo della Shoah.»

Certamente le parole più commoventi le ha pronunciate Rosario Serpe (nella foto qui di seguito), presidente dell'Associazione Nazionale ex Internati.
«Rispetto agli altri prigionieri di guerra in Germania, noi Italiani avevamo un terribile handicap: eravamo ex alleati. Nella migliore delle ipotesi eravamo considerati «vigliacchi», nella peggiore «traditori». In tutti i casi, fummo usati senza scrupoli e per i lavori umilianti e faticosi per la semplice ragione che, con queste premesse, i Tedeschi ci volevano considerare privi di ogni dignità.»
Rosario Serpe si trovava in un campo di prigionia della Prussia Orientale, quando finì la guerra. E, racconta, non era proprio chiaro se l'Armata Rossa considerasse gli Italiani meglio dei tedeschi. Nessuno voleva gli Italiani, a parte la popolazione civile che li considerava semplicemente degli esseri umani. D'un tratto, lui e altri concittadini ruppero gli indugi, presero delle biciclette (bisogna dire che se le erano ampiamente guadagnate con il loro lavoro) e tornarono a casa, in cinque lunghissimi giorni.
«Scusatemi se non so parlare senza commuovermi. - Ha concluso Serpe. - Ma devo aggiungere che io sono stato uno dei fortunati… Evidentemente qualcuno lassù mi voleva bene, sicché adesso sono qui a raccontarvelo.»

Giuseppe Ferrandi. Direttore della Fondazione Museo Storico del Trentino, ha voluto ricordare i reduci riconoscendo loro un grande merito.
«La maggior parte dei nostri 600.000 internati era finita nel campi di concentramento tedeschi per la semplice ragione che avevano avuto il coraggio di dire NO. È a loro che dobbiamo riconoscenza, perché fu il loro coraggio che diede il via al vero rinnovamento e alla ricostruzione del nostro Paese.»

La collega Francesca Merz, giornalista di Radio NBC, ha espresso un commento che merita essere riportato perché lo ha pronunciato a microfoni spenti e senza dirlo a qualcuno in particolare, dopo aver intervistato alcuni dei reduci oggi decorati.
«Queste persone dovrebbero passare il resto della loro vita raccontando agli studenti delle nostre scuole ciò che hanno vissuto. La loro testimonianza vale più di mille libri di scuola.»

Il discorso del Commissario del Governo di Trento, dott. Michele Mazza, viene riportato per esteso a fine articolo. Qui di seguito indichiamo i nomi dei decorati di oggi, ricordando però le parole del prefetto Mazza, che ha precisato che non è mai stato consegnato alla Storia un numero preciso né un elenco dei nomi degli Italiani deportati.

Angelini Liberio, Chistè Bonfilio, Cicalini Erminio, Cologna Renzo, Cominciali Francesco, Delleaste Tranquillo, Dell'Antonio Simone Giacomo, Dolzani Celeste, Eccheli Ervino, Eccheli Guido, Endrizzi Gino, Fondriest Rino, Fronza Pio, Iseppi Lino, Luraschi Aldo, Marchi Cornelio, Martinelli Giusto, Orlandi Pietro, Pranzelores Livio, Spagnoli Aldo, Stefani Guido, Tarolli Livio, Turella Tullio.
Di questi, solo Dell'Antonio Simone Giacomo era stato un deportato civile, gli altri erano militari. Per sette di loro la medaglia è stata ritirata da un familiare, in quanto deceduti.







Ci scusiamo se riportiamo solo le foto di 12 decorati, ma per motivi di spazio non abbiamo potuto inserire quelle dei parenti che hanno ritirato l'onorificenza al posto del reduce che non c'è più.
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L'intervento pronunciato dal Commissario del Governo, dott. Michele Mazza.

La data del 27 gennaio non è stata scelta casuale, ma ricorda il giorno in cui nel 1945 vennero abbattuti i cancelli di Auschwitz.
Oggi, però, la ricorrenza assume un particolare rilievo perché saranno consegnate 23 Medaglie d'onore concesse dal Capo dello Stato a cittadini trentini, militari e civili, deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l'economia di guerra, o ai familiari di coloro che sono deceduti.
Il Giorno della memoria è stato istituito, lo ricordiamo, con la legge 20 luglio 2000 n. 211, per ricordare la Shoah (lo sterminio del popolo ebraico) e rendere omaggio alle numerose vittime, nonché a tutti coloro che, a rischio della propria vita, si sono opposti al progetto di sterminio ed hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati, poi riconosciuti "Giusti fra le Nazioni".
L'istituzione del Giorno della Memoria, è importante ricordarlo, fu approvata dal Parlamento con voto unanime.
In quest'occasione infatti, le forze politiche espressero un comune sentire ed un comune impegno.
Ed è anche grazie all'ampia convergenza su tale ricorrenza che, col passare degli anni le manifestazioni indette in questa giornata sono divenute sempre più diffuse e condivise.
Particolarmente numerose e di rilievo sono le iniziative che in questi giorni sono state promosse in tutto il Trentino coinvolgendo istituzioni provinciali, enti locali, istituti scolastici, associazioni culturali, volontariato e gente comune.
La memoria della Shoah non si attenua e non si può attenuare nella coscienza degli Italiani e degli Europei. Sempre nuove ricerche continuano ad accrescere la conoscenza di quella che fu la più immane tragedia nella storia d'Europa. Nei numerosi campi allestiti in tutta l'Europa occupata furono confinati oltre 62.000.000 fra uomini, donne e bambini.
Più di 11.000.000 ( secondo alcune stime tra i 13 e i 19 milioni) vi trovarono la morte.
Come ha avuto occasione di scrivere il Capo dello Stato in una lettera indirizzata ai giovani, sussiste un "dovere della memoria". Secondo il capo dello Stato, "trasmettere da una generazione all'altra la memoria del nostro passato non è un rito che si tramanda. E' un dovere che si ha il dovere di adempiere"
Colgo, allora, l'occasione della presenza qui oggi di una rappresentanza di studenti, che ho voluto far partecipare a questa cerimonia, per dire che la trasmissione della memoria fra le generazioni è un dovere morale e che la scuola, chiamata a svolgere un ruolo insostituibile, insieme alle altre istituzioni, può, e deve, aiutare le nuove generazioni a meglio comprendere le ramificazioni del pregiudizio e del razzismo. La scuola deve contribuire alla realizzazione di una pacifica convivenza tra differenti etnie, culture e religioni, e alla creazione, attraverso la valorizzazione delle diversità, di una società realmente interculturale nella convinzione che solo da una approfondita riflessione sulle drammatiche conseguenze delle discriminazioni può nascere, nelle giovani generazioni, la ferma determinazione ad impegnarsi per un domani di pace.
In quest'ottica visto che in questa sala sono riunite le generazioni di chi ha vissuto direttamente queste vicende, di chi le ha sentite raccontare dai propri padri e , di chi, deve ancora apprenderle, per farle proprie e tramandarle, possiamo dire che la Memoria è un valore universale che consegniamo ai giovani, e che non intendiamo perdere.
Toccherà infatti alle nuove generazioni, a voi giovani, il difficile compito di portare, con impegno ed azioni concrete, in un mondo ancora dilaniato da troppi conflitti, un messaggio di pace.
Ricordare è un atto doveroso anche al fine di evitare che gli errori del passato si ripropongano, pur in forme diverse.
Come ammonisce Primo Levi le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: "se comprendere è impossibile, conoscere è necessario perché ciò che è accaduto può ritornare". (scrive l'Autore)
Ed è in questa giornata, dedicata al ricordo del genocidio degli ebrei, della deportazione dei militari italiani nei campi di internamento nazisti, della deportazione di partigiani ed operai italiani nei campi di annientamento, che verranno consegnati - come ho innanzi ricordato - i riconoscimenti istituiti con la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) a favore dei cittadini italiani, militari e civili, deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l'economia di guerra, ed ai familiari dei deceduti.
In Italia a oltre sessanta anni dalla fine della guerra, ancora non è possibile stabilire con certezza l'identità ed il numero degli italiani che furono deportati ed internati nei campi di lavoro coatto nazisti.
Nei lavori parlamentari preliminari all'approvazione della legge è scritto: "Tra l'8 settembre 1943 e l'8 maggio 1945 oltre settecentomila italiani militari e civili deportati ed internati in Germania, per venti mesi, giorno dopo giorno furono costretti a servire l'economia e la macchina bellica del regime hitleriano che, aggirando l'osservanza delle norme dei trattati internazionali, li privò dello status di prigionieri di guerra, sottoponendoli, nella maggior parte dei casi, a trattamenti inumani".
Ed infatti, nei lager nazisti gli italiani, arrestati e deportati come antinazisti, dovevano portare sulle spalle anche la "colpa di essere traditori", e quindi venivano considerati doppiamente colpevoli e tali da essere destinati ai lavori più pesanti, più avvilenti, più massacranti.
Erano, quindi , sicuramente tra i più esposti ad efferate punizioni e privazioni
Nella norma prima citata, che ha istituito gli odierni riconoscimenti, si legge infatti: "La Repubblica italiana riconosce a titolo di risarcimento soprattutto morale il sacrificio dei propri cittadini deportati ed internati nei lager nazisti nell'ultimo conflitto mondiale"
E' pertanto " autorizzata la concessione di una medaglia d'onore ai cittadini italiani militari e civili deportati ed internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l'economia di guerra, ai quali, se militari, e' stato negato lo status di prigionieri di guerra, secondo la Convenzione Ginevra , nonché ai familiari dei deceduti, che abbiano titolo per presentare l'istanza di riconoscimento dello status di lavoratore coatto".
Prevedere un risarcimento economico per tutte le sofferenze e le umiliazioni subite e per ripagare il lavoro coatto eseguito in condizioni di schiavitù nei campi nazisti non è stato possibile. Iniziative intraprese in tal senso presso le Autorità della Germania attuale non hanno sortito esito positivo sia a livello giudiziario che politico. Ma, a volte, anche un "risarcimento morale" può essere importante: sta a significare che la Nazione non ha dimenticato il sacrificio di tanti suoi figli!
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha voluto che la consegna di questa prima trance delle medaglie d'onore, avvenisse possibilmente in concomitanza con la celebrazione del Giorno della Memoria su tutto il territorio nazionale.
Ed è quello che sta avvenendo presso tutte le Prefetture della Repubblica, proprio per manifestare in modo tangibile la piena condivisione e la partecipazione di tutti alla consegna delle Medaglie d'onore. Ed in modo unitario, prima di procedere alla consegna, osserveremo un minuto di silenzio in ricordo di quanti, nei tragici eventi storici ricordati, hanno perso la vita.

Dott. Michele Mazza
Commissario del Governo per la Provincia autonoma di Trento