Gli anni che ci restano prima di festeggiare il 25 aprile
È una Festa di tutto il Paese. Ma per qualcuno è più festa che per altri
Il 25 Aprile è una festa di tutti
gli Italiani ma, come il 1° maggio e come l'8 Marzo, sembra che
debba appartenere solo ad una parte dei cittadini, quelli della
sinistra.
Chi scrive non sta né da una parte né dall'altra, ma non può
impedirsi di rilevare come l'intolleranza di alcune piccole fazioni
sia tale da voler impedire alla maggioranza di prendere parte ai
ricordi principali del Paese, anche a quella parte del paese che
aveva combattuto per la libertà e la liberazione senza per questo
essere di sinistra.
D'altronde è probabile che - così come ci sono voluti 90 anni dalla
fine della Grande Guerra prima di smettere di parlare di vinti e
vincitori - ce ne vogliano altri 30 prima di smettere di celebrare
una festa litigando sui diritti di proprietà.
Se è giusto celebrare la Resistenza come momento di riscatto
nazionale, non va dimenticato che la storia viene scritta dai
vincitori. Ci siamo mai chiesti cosa avremmo fatto se, avendo 20
anni nel 1943, ci fosse arrivata la cartolina dal Governo di Salò?
Certo qualcuno si sarebbe imboscato, qualcun altro sarebbe salito
in montagna, ma la maggior parte si sarebbe presentata alla caserma
indicata nel precetto. Poi ognuno avrebbe fatto la vita che il suo
carattere o le circostanze gli avrebbero dettato. Ma chi poteva
capire allora qual era quella che oggi chiamiamo la «scelta
giusta»?
Dopo 64 anni, ci pare che sarebbe meglio festeggiare tutti insieme
la fine di un incubo e la nascita di una repubblica sorta così
miracolosamente democratica dopo una dittatura e dalle ceneri di
una spaventosa guerra civile.
Ma, come abbiamo detto, probabilmente ci vorranno altri 30 anni
prima che ciò possa accadere.
Stralcio dell'intervento del Presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano che ha celebrato il 25 aprile
al Sacrario Militare di Mignano Montelungo. |